In 250 mila sfilano per le strade di Genova ai funerali dell'operaio assassinato dalle Br

In 250 mila sfilano per le strade di Genova ai funerali dell'operaio assassinato dalle Br In 250 mila sfilano per le strade di Genova ai funerali dell'operaio assassinato dalle Br Lama: "Se il gesto di Rossa non fosse rimasto isolato, se nel momento più alto tutti fossimo stati un solo testimone, dagli operai dell'Italsider a noi sindacalisti, forse la vita di questo compagno non sarebbe stata stroncata,, - Molti slogan ( "Lotta al terrorismo più dura,,) DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE GENOVA — Il funerale di Guido Rossa, medaglia d'oro al valore civile, ucciso dai brigatisti rossi, ha assunto le dimensioni politiche di una delle più grandi e convinte prove di forza della classe operaia negli ultimi trentanni. Duecentocinquantamila persone hanno partecipato al corteo. Genova, nera di folla, ordinata da cordoni di lavoratori con bracciali rossi e cartellini bianchi al collo, ricordava tra piazza Della Vittoria e piazza De Ferrari le giornate dell'estate 1960 contro le provocazioni fasciste e il governo Tambroni. La presenza stessa del Presidente della Repubblica Pertini (cosi minuto e al tempo stesso solido, il basco nero inzuppato dal diluvio, quasi issato di peso sul palco dai portuali del servizio d'ordine), di Berlinguer, di Craxi, di Galloni e Taviani, di Lama, Macario, Benvenuto, dei rappresentanti del Parlamento e del governo, appariva sovrastata dalla massa che formava un corpo unico. Erano gli operai dell'Italsider, compagni di Guido, in giubbotti grigioverdi e in giacconi impermeabili arancione. Gli operai dell'Ansaldo, dei cantieri navali, delle altre fabbriche che formano l'ossatura della Genova industriale, cosi fredda e però pronta a sollevarsi nei momenti decisivi. Portuali compatti e organizzati, persino diffidenti verso ogni estraneo come nelle lotte più dure. E con loro migliaia di lavoratori venuti da tutta Italia, accompagnati da rappresentanze ufficiali dei Comuni di Torino e di Milano, di Firenze e di Roma, di Bologna e di Reggio Emilia, di Napoli e di Taranto. Impossibile elencare tutti i gonfaloni di città, i sindaci con sciarpa tricolore, gli striscioni e le bandiere di partigiani, di sindacati, di associazioni di categoria. Dalle quattro del mattino era cominciato l'afflusso, sotto una pioggia che avrebbe scoraggiato chiunque. Alle 9, 11 traffico era bloccato nel centro di Genova. Decine di migliaia di persone aspettavano il momento del corteo sotto gli ombrelli, proteggendosi alla meglio con sacchetti di plastica. C'era, anche nei volti, l'im- mutabile connotato della classe operaia. Non una manifestazione composita, di circostanza, ma una manifestazione di classe e del pei: questa la «caratteristica saliente dei funerali di Guido Rossa. Molti i giovani, ma moltissimi i maturi e gli anziani. E nei discorsi colti a volo si avvertiva che il terrorismo sta producendo un fenomeno di ritorno alla vicinanza di classe. Compagni di Guido e lavoratori dell'Ansaldo mi hanno detto: «In fabbrica non ci sono brigatisti. Però c'è qualcuno che lavora per loro, che li informa, che conosce ogni dettaglio. Ormai abbiamo indisi precisi: gente ai margini della classe operaia o estranea, piccoli borghesi, intellettuali sospetti». Parole) che precisano un clima (con tutti i suoi risvolti) intuibile anche dalla ostilità manifestata verso i giornalisti borghesi, accusati di «non capire nulla degli operai». Alle dieci e mezzo, quando il Presidente della Repubblica è arrivato sul palco di piazza De Ferrari senza alcuna solennità esteriore, assieme alla vedova, a Berlinguer, agli altri uomini politici e al sindaco di Genova, il furgone col feretro di Guido Rossa era fermo accanto alla fontana. Pochi metri più in là, chiusi dentro un pulmino, i familiari impietriti, la figlia sedicenne ormai senza lacrime (ha rifiutato di vedere il corpo senza vita di suo padre). Li vedevamo, come espressioni del dolore per una morte crudele, attraverso una marea di corpi e di ombrelli, di berretti di carabinieri giovanissimi e pallidi. Quando ha parlato l'operaio Giorgio Pecorino, del consiglio di fabbrica Italsider, la commozione di tutti era autentica. «Guido è vivo, Guido è vivo», gridava la folla. Quando ha parlato Lama è scattata la tensione politica. «Il nemico subdolo, feroce, vile», è stato paragonato al nemico fascista, del quale condivide l'obbiettivo: impedire che l'Italia esca dalla sua crisi economica e morale. Lama non ha risparmiato attacchi durissimi agli organi dello Stato che dovrebbero scoprire e colpire i terroristi. Ha fatto una dolorante autocritica: «Se il gesto di Rossa non fosse rimasto isolato, se nel momento più alto tutti fossimo stati come un solo testimone, dagli operai dell'Italsider a noi sindacalisti, forse la vita di questo compagno non sarebbe stata stroncata». Quando Lama ha concluso: «Lo classe operaia non si fa giustizia da sé, ma esige giustizia», la folla agitava bandiere e striscioni. Poi è esploso un grido: «E' ora, è ora, è ora di cambiare. Il pei deve governare». E' sembrato uno sfogo di rabbia e di volontà repressa. E ancora: «La lotta al terrorismo sarà più dura, la classe operaia non ha paura»; «Brigate rosse venite fuori adesso, ve lo faremo noi un bel processo». Il furgone grigio si è avviato verso Staglieno (al cimitero altra folla l'attendeva per l'ultimo saluto), gli uomini politici sono scomparsi nell'atrio di palazzo Ducale, avendo tra loro il Presidente della Repubblica. Pertini è stato il solo a parlare, con la consueta facilità al dialogo. «Questo operaio ha avuto il coraggio di testimoniare. La sua uccisione è un incitamento a tutti i cittadini perché si uniscano e abbiano coraggio. Ho sofferto il dolore della vedova, l'angoscia della figlia. Non avrei mai immagi- ' nato, dopo tanti anni di lotta contro il fascismo, di ritrovarmi in situazioni così crudeli e così gravi. Bisogna difendere questa Repubblica, costi quel che costi, anche se non soddisfa del tutto. La classe operaia l'ha capito. Ripeto quel che avevo detto a Savona giorni fa: dobbiamo stare dalla parte della classe operaia, nel bene e nel male». L'hanno capito anche i bambini della terza elementare di Genova-Quarto, i quali hanno scritto agli operai della Italsider un messaggio, letto da Pertini con commozione quando nella camera ardente ha appuntato sul petto di Guido Rossa la medaglia d'oro al valore civile. Dice il messaggio dei bambini: «I terroristi vogliono spaventare tutti. Non arrendetevi. Vi preghiamo di resistere, i terroristi capiranno che è inutile spaventare. Siamo piccoli. Se voi resisterete, quando saremo grandi vivremo nella libertà». Mario Fazio Gli operai dell'Italsider aprono il lungo corteo nelle strade di Genova (La Stampa)