Lento, stanco treno del Sud di Mario Salvatorelli

Lento, stanco treno del Sud IL PIANO TRIENNALE E LA CRISI Lento, stanco treno del Sud ROMA — Forse si è persa una grossa occasione, anche se non irripetibile, per avvicinare punti di vista e impegni di tutte le forze che devono contribuire al decollo del Mezzogiorno. Il suo sviluppo è l'obiettivo del piano triennale (lo è anche l'aumento dell'occupazione in Italia, ma in pratica è la stessa cosa). Per esaminare la fattibilità di questo programma, nei giorni scorsi il ministro per il Mezzogiorno, Ciriaco De Mita, ha invitato a Roma le Regioni meridionali, una dopo l'altra. Per la prima volta, cosi, si sono riuniti intorno a un gran tavolo — ma insufficiente per il numero degli intervenuti — al primo piano di Palazzo: Chigi, i rappresentanti del governo centrale e delle amministrazioni locali, del vertice e della periferìa sindacali, dei grandi gruppi a partecipazione statale. Non quelli, invece, dell'industria privata, e non si capisce il perché dell'esclusione, dal momento che la loro iniziativa è stata invocata, anche pretesa, più volte, in questi incontri. Partito a lungo raggio, sugl'interventi, gli scopi e i mezzi del Triennale, il giro d'orizzonte di De Mita, di Prodi e di Bisaglia ha dovuto restringersi, però, al panorama assai più limitato dei punti di crisi in atto, e che minacciano di. esplodere. Veniva in mente l'asino di Carducci, che badava a rosicchiare il nutrimento quotidiano — un bisogno primario e prioritario, del resto — senza curarsi del treno del progresso che gli passava accanto. «i4 Lecco ho inteso chiedere aiuto al ministro Prodi per due aziende in crisi. Lecco ha SO mila abitanti e 15 mila addetti all'industria. Che cosa dovrei chiedere io per Licata, che ha pure 50 mila abitanti, ma solo 500 occupati nell'industria, e tutti in Cassa integrazione?'!. In questa domanda, che ci ha rivolto il presidente del governo siciliano, dopo il suo incontro con De Mita, c'è tutto lo squilibrio tra Nord e Sud, e anche la difficoltà di parlare un linguaggio comune. Certo, la Sicilia ha 160 mila giovani iscritti alle liste speciali di collocamento, il doppio esatto degl'iscritti di tutta l'Italia Nord-Occidentale. Ma è anche vero che Lecco è forse la provincia con vocazioni e tradizioni industriali più antiche d'Italia. Dove queste mancano, il processo per se-' minare impianti e farli crescere è lento e difficile. Proprio questa differenza richiede un linguaggio particolare da parte di tutti: governo centrale, amministrazioni locali, sindacati e imprenditori, un linguaggio che a Palazzo Chigi non si è udito, soffocato dal clamore dei bisogni urgenti, concorrenti naturali dei programmi economici. Era improbabile che il piano triennale, in blocco, avesse l'approvazione incondizionata delle parti sociali e dei partiti politici. Anche il pri, che dell'arco costituzionale è la freccia più programmatrice, ha trovato nel piano motivi di: critica. Ma è altrettanto insensato respingerlo in blocco, fino ad affermare, come ha fatto un sindacalista, dopo gl'incontri di Palazzo Chigi, che invece di uno sciopero generale, ce ne vorrebbero due. L'opposizione indiscriminata va respinta, ma dovrebbe offrire motivi di più attenta meditazione, e mediazione, 11 dualismo Nord-Sud. che in questi incontri si è dimostrato duro a morire, come quel ml- tico gigante che riprendeva forza ogni volta che toccava terra (ed Ercole dovette soffocarlo, tenendolo a mezz'aria). Quando il presidente dellai Regione Campania afferma, a proposito di due iniziative: che lui vorrebbe ad Avellino e Salerno, mentre altri le vogliono a Cogne e a Cuneo: "Per la Val d'Aosta e il Piemonte sono briciole, per la Campania è il pane», è difficile dargli torto. Ma è su questi punti d'attrito che dovrebbe intervenire il piano, con il consenso degl'imprenditori e dei sindacati, per dare al Nord quel che solo al Nord si può fare — altrimenti non si fa, né a Nord né a Sud — e «inventare» per il Sud soluzioni alternative, vive e vitali. Occorre conciliare l'immediato con i programmi a medio termine. In Abruzzo la piccola impresa scricchiola, in; Campania Napoli è una poi-: verterà, in Basilicata i germo-! gli dell'industrializzazione.! appena sbocciati nella Vallea del Basente, minacciano già d'inaridirsi, e tutto ciò è appena la punta visibile di un «iceberg», quello dei problemi e dei drammi del Sud. In compenso c'è un altro «iceberg», la cui punta visibile è trascurata, e la cui parte sommersa è assai ampia, e positiva. E' la realtà di quel che si è fatto nell'industria, nell'agricoltura, nelle infrastrutture del: Mezzogiorno, che non è più quello di venti, e neppure di, dieci anni fa. Esistono proble-: mi che si ripresentano puntualmente, ma non nella stessa estensione, né con eguale intensità, al di là dei fatti congiunturali che investono tutto il Paese, e l'Europa. Di governo in governo, di piano in piano, il livello del; Mezzogiorno si è alzato. Porse la quota di decollo è vicina.! Potrebbe bastare ancora uno; sforzo, quello del piano trien-ì naie, appunto, per mettere, finalmente, il Mezzogiorno in orbita. Le Regioni, e i relativi sindacati, hanno chiesto nuovi incontri per approfondire i problemi, affrontare il tema del futuro, incentivare le iniziative, pubbliche e private, italiane e straniere, che guardano al Sud con rinnovato interesse. Il ministro De Mita ha accettato la richiesta. Ma, a nome di quale governo? Il presidente Andreotti domani si presenta alle Camere, non per aprire il dibattito sul piano triennale, com'era in programma, ma per annunciare che non ha più il sostegno della maggioranza del Parlamento. Si apre la crisi politica e si chiude la verifica del piano triennale, quanto meno a livello operativo. Un'occasione due volte perduta. Mario Salvatorelli

Persone citate: Andreotti, Bisaglia, Carducci, Ciriaco De Mita, De Mita, Prodi