Herzl, profeta disarmato

Herzl, profeta disarmato DALLE ATROCITÀ' ANTISEMITE ALLE RADICI DI ISRAELE Herzl, profeta disarmato Alla periferia occidentale di Gerusalemme un grande viale alberato, il Boulevard Herzl, è frequentato soprattutto da turisti e da coppie d'innamorati. Sotto l'ombra dei pini e dei cedri gli israeliani possono concedersi oggi momenti di serenità, ma a ricordargli quanto precaria sia la loro attuale quiete,' a metà del viale verso Ein Kerem, il piccolo borgo in cui nacque Giovanni Battista, la vittima voluta da Salomé, c'è una scalea che porta a un vasto piazzale; nel mezzo giace un grande parallelepipedo di marmo nero su una facciata del quale è scritto un nome: Theodor Herzl. Agli israeliani non occorrono spiegazioni, salgono a questo breve colle per ammirare il panorama di Gerusalemme nuova e antica, del deserto di Giudea che dilaga in onde pietrose fino agli opachi bagliori del Mar Morto, ed al Monte Nebo, sul quale si affacciò Mose al termine dell'esodo degli ebrei dall'Egitto a guardare l'agognata «Terra Promessa». Ma vengono anche a rinverdire memorie più recenti dinanzi al grande sarcofago di marmo nero che conserva le spoglie di Theodor Herzl, il padre del nuovo Stato d'Israele. Come Mose, anch'egli non potè vedere da vivo il suo popolo reintegrato nella «Terra Promessa», ma quanto fece per formare uno Stato ebraico in Palestina ha del sovrumano. Credo che nessuna biografia di statista possa toccare i vertici di emozione che prova il lettore scorrendo il volume di Amos Elon (La rivolta degli ebrei, Ed. Rizzoli, pag. 486, L. 14 mila) nel quale è narrata la storia di un uomo che, solo, vero profeta disarmato, riuscì a dare vita a un movimento di rinascita ebraica che pareva impensabile anche ai più arditi sognatori, vittime di pogrom e di umilianti persecuzioni. Forse l'azione dì Herzl ebbe successo perché nacque e si inserì al momento giusto nei movimenti nazionalistici in cui andavano disgregandosi i due colossi plurinazionali, gli imperi russo e austro-ungarico. Ma quando egli incominciò a muoversi adolescente in quel mondo composito dell'impero absburgico, soltanto il Risorgimento italiano provocava turbolenze in un'Europa da Belle Epoque, e nella Vienna di Strauss, dove Herzl si era trasferito coi genitori dalla natia Budapest, tutto era perfettamente normale, anche se i giovani studenti si battevano per il pangermanesimo e invocavano l'unione dell'Austria alla' Germania; era una specie di varicella politica, si diceva, da' cui i giovani sarebbero guariti. Stephan Zweig, nel suo // mondo di ieri, scrive che in nessun posto era facile essere europei come a Vienna, ma anch'egli, come lo stesso Herzl, non sentiva la marea montante dell'antisemitismo e della catastrofe prossima. L'Austria, infatti, ma ancora di più la Russia, eppoi la Francia, gettavano il seme di un genocidio che avrebbe toccato i suoi orrendi vertici di atrocità nei campi di sterminio hitleriani. I segni c'erano già tutti, anche se gli ebrei delle classi sociali più elevate non se ne preoccupavano. Erano ricchi, integrati nelle varie patrie, si sentivano al sicuro. Lo stesso Herzl crebbe in quel clima disincantato. I «Ostentava un languore blasé, e la stanca maturità del giovane dandy» in un mondo avviato allo sfacelo. «La situazione è disperata, ma non seria», si diceva ironizzando sulle forze che stavano disgregando l'impero absburgico. Herzl era figlio di quell'epoca cinica, agnostico se non ateo, inteso a seguire le vie dell'arte che altri suoi amici (Schnitzler, Mahler, von Hoffmansthal, Nordau) già seguivano con successo. S'incaponiva a scrivere commedie che nessuno voleva rappresentargli; anche se nelle sue opere appariva chiaro un non trascurabile talento teatrale, non ebbe mai il colpo d'ala necessario per sfondare, fu sempre uno scrittore mediocre, come disse Zweig. Ricco di famiglia, incominciò a viaggiare, e la notorietà gli venne da un genere che non lo allettava, il giornalismo. La Neue Freie Presse, il più autorevole quotidiano dell'impero, lo nominò suo corrispondente da Parigi. E qui, da uomo di teatro, da scrittore raffinato e persino rococò, si trasformò in acuto politologo. Aveva già sentito ardere il furore dell'antisemitismo a Vienna, specie nel febbraio del 1883, quando Wagner era morto a Venezia. Il grande musicista, adorato dai melomani ebrei, aveva lanciato un appello per «liberare la Kultur tedesca dal giogo del giudaismo». I suoi funerali erano stati il pretesto di manifestazioni antisemite che avevano coinvolto anche Herzl; lo avevano cacciato dal circolo studentesco Albia perché ebreo. Ma fu a Parigi. istpstrvcamcf«sadJ in una Francia postboulangista scossa da corruzione, scandali e terrorismo, che si rese conto pieno del pericolo, quando assistette al processo contro il terrorista Ravachol, omicida e' rapinatore che si era dato una verniciata politica. Fu un processo che sconvolse la Francia, anche per le sfumature antisemite che esprimeva. Per Ravachol gli intellettuali radicali francesi coniarono la frase: «N'importe les victimes si le geste est beau». Su questo braciere fu versato altro olio con «l'affaire Dreyfus», l'ufficiale ebreo condannato innocente per spionaggio. Finalmente Herzl si rese conto del vento che tirava per gli ebrei, poveri o ricchi che fossero. Un anno dopo, nel 1895, pubblicò lo statuto dell'ebraismo, il volumetto «Der Judenstaat» (Lo stato ebraico). Da allora sacrificò se stesso, la famiglia, la sua fortuna alla causa dell'ebraismo. Fu la sua celebrità di giornalista della Neue Freie Presse ad aprirgli tante porte, o fu il suo atteggiamento di profeta posseduto dal dio? Riuscì a scatenare l'entusiasmo delle folle ebree perseguitate, ma si attirò anche derisioni e avversioni. I suoi più implacabili avversari furono i grandi rabbini ed i grandi banchieri ebrei, che gli rifiutarono ogni appoggio, anzi, lo avversarono in ogni modo perché pensavano che uno Stato ebraico li avrebbe emarginati dalle patrie in cui si sentivano saldamente inseriti. I baroni Rotschild, il barone von Hirchs spesero miliardi per insediare colonie asfittiche in Argentina ed in Palestina, per ebrei poveri, soprattutto russi, ma non vollero sentir parlare di uno Stato ebraico. Nel 1897, Herzl indisse il primo congresso sionista a Basilea; i delegati giunsero entusiasti da tutta Europa e in quell'occasione inventarono persino la bandiera del nuovo Stato che era soltanto un'idea di Stato; un drappo bianco a strisce azzurre con la stella di David al centro. Elettrizzato dal successo, Herzl incominciò a viaggiare freneticamente attraverso l'Europa; andò in Germania, Russia, Inghilterra,' Francia, Italia, ma soprattutto e più volte a Istanbul, per convincere il sultano Abdul Hamid, corrotto e sempre bisognoso di denaro per coprire in parte i grossi debiti della Turchia. Aveva venduto Cipro all'Inghilterra, perché non vendere la Palestina agli ebrei? «A Opro non c'è Gerusalemme», fu il commento del sultano. La stessa risposta gli diede papa Leone XÈI durante una burrascosa udienza; allora gli ebrei erano ancora il popolo deicida e per molti sovrani europei' l'utopia di Herzl era considerata irrealizzabile proprio per l'aspetto sacrale che Gerusalemme aveva per cristiani e musulmani. Gli inglesi gli proponevano l'alternativa dell'Uganda, altri l'Argentina, ma egli, dopo molti tentennamenti; tornava sempre alla patria palestinese. Da solo, con la sola forza morale degli ebrei perseguitati alle spalle, riuscì a dare vita a un movimento che tra fatiche, in¬ comprensioni, anche familiari, lotte feroci di correnti sioniste divise tra laici e ortodossi lo avrebbe logorato a morte, ma non si sarebbe più arrestato. Chaim Weizman, che nel 1917 ottenne da Balfour la promessa di «un focolare ebraico in Palestina» e David Ben Gurion che nel 1948 proclamò la nascita dello Stato d'Israele, erano nella sua scia, ma non condividevano la sua teoria sul futuro Stato ebraico. Morì nel 1904 stroncato da infarto a 44 anni: su nessun'altra bara, seguita da sessantamila ebrei giunti a Vienna da tutta Europa, furono versate tante lacrime. Fu portato a Gerusalemme nel 1949, quando la sua famiglia, la moglie, i tre figli, un nipote, era stata distrutta da suicidi e altre tragedie. Oggi, i giovani israeliani salgono alla sua tomba teneramente allacciati, ma per pregare e meditare. Perché non tutto è ancora compiuto. Francesco Bosso