Bricconerie di un lepre

Bricconerie di un lepre STORIE DI BESTIE Bricconerie di un lepre D'inverno, se uno ha la possibilità, si possono osservare più facilmente gli animali che vivono tra bosco-prato-case degli uomini; la neve, poi, è come un libro sopra il quale si possono leggere le cose e i fatti nell'arco della stagione. Da qualche anno, da quando dalle mie parti non vengono più cacciati, gli scoiattoli hanno aumentato la loro presenza, ed è sempre più notevole sotto gli abeti il segno dei loro pasti: le scaglie, o brattee, degli strobili che loro hanno sgranato per ricercare i minuscoli semi di queste conifere. E dove più numerosi sono gli strobili ai vertici dell'albero più abbondanti le scaglie sotto; tante, a volte, da coprire completamente il terreno e la neve nel raggio dei rami. Ma qui attorno a casa è accaduto che dopo avermi rosicchiato tutti gli strobili i tre scoiattoli, un giovane e due adulti, si sono rivolti al pesco che contro il muro a mezzogiorno stentava a far colorire i suoi frutti; e io che della scomparsa delle pesche avevo incolpato i ragazzi dovetti ricredermi quando una mattina sul far del giorno sorpresi i tre che scappavano verso il bosco dopo avere abbandonato sul prato un frutto con il segno dei denti. Dopo questo fatto decisi di lasciare per loro sulla catasta della legna qualche pezzo di pane biscotto e torsoli di mele; da allora accettarono la nostra vicinanza, tanto che allorché mi vedono uscire al mattino per le mie faccende non dimostrano affatto diffidenza alla mia apparente indifferenza. Insomma siamo arrivati al punto che quando mi alzo per accendere la stufa e fare il tè, più di un mattino me li vedo sul davanzale della finestra che mi osservano. Se ne vanno quando mi avvicino per scrutare il tempo; li vedo correre via sulla neve, arrampicarsi sul larice con la coda portata come un vessillo, osservare curiosi la cassetta-nido dei codirossi, saltare di ramo in ramo fino agli abeti e sparire per i loro arborei sentieri: il dondolio dei rami o la neve che cade mi indica la loro strada. Tra due o tre mesi, però, si allontaneranno di qualche centinaio di metri verso un luogo più tranquillo; il loro folto pelo ora quasi nero e lucente si farà più rossiccio; anche il più giovane andrà a cercarsi una compagna, o un compagno, e incominceranno a giocare d'amore rincorrendosi squittendo tra i rami e lungo i tronchi, su e giù, instancabili e insensibili anche ai rapaci. Metteranno su casa raccogliendo la lana lungo la strada delle pecore; dopo quaranta giorni verranno al mondo quattro-cinque piccoli nudi e ciechi, questi apriranno gli occhi dopo un mese e dopo un altro mese incominceranno a dondolarsi sui rami. L'autunno prossimo forse più numerosi verranno a mangiare le pesche, i torsoli, le mele, il pan biscotto. * * Dalla finestra della mia stanza un giorno, dopo una gran bella nevicata, vidi un qualcosa guizzare sulla neve: un lampo scuro e più nulla. Osservai attentamente e sul letto del torrente gelato vidi un altro guizzo; presi allora il binocolo e mi misi in postazione. Il sole e la neve erano abbaglianti e nuovi, così più che la traccia potei vedere l'ombra della traccia: un breve segno continuo a volte retto a volte sinuoso, un piccolo foro nella neve e ancora il segno qualche decina di metri più in là. E così via, tra letto del torrente, prati, fienili: era il segno della donnola che andava a caccia di arvicole. Dopo un po' di pazienza (e intanto pensavo: dove sarà ora? Nelle vicinanze di quel palo della luce o nel mezzo dei prato? Uscirà bene da qualche parte per prendere una boccata d'aria), la potei cogliere mentre usciva dalla neve con la preda in bocca. Stette un bel po' a guardarsi' intorno, forse un paio di minuti, quindi con movimenti lesti — si vede che aveva proprio fame! — divorò la sua arvicola, si alzò quindi sulle zampe posteriori per leccarsi il collo e il muso e a godersi il sole. Ma l'ombra di un corvo che volava alto nel cielo gli fu sopra e immediatamente la bestiola sparì. Dopo aver esplorato ritornò fuori dal medesimo buco, corse via in linea retta per pochi metri, si rituffò nella neve e continuò così sino a una vecchia cava dove la persi di vista. ... * * Quel lepre si era proprio smaliziato: accadeva che alla domenica di buon'ora, appena sentiva le voci dei cacciatori che incitavano i cani, lui lasciava una delle sue poste vicino alla cava e veniva a rifugiarsi nell'altra sua posta dietro la mia casa, in un fitto di selvaggioni d'abete; proprio a pochi metri dal canile dove Cimbro era in attesa che lo portassi a beccacce dopo il passaggio dei segugi, quando il bosco sarebbe ridiventato tranquillo. Il lepre se ne stava acquattato sino a sera e per tre o quattro giorni, fino alla prossima uscita dei segugisti, poteva tranquillamente dedicarsi al pascolo notturno. Ma i guai incominciarono quando prima della neve prese gusto ai cavoli dell'orto, sì che dovetti tagliarli prima del tempo e farne crauti. Nevicò poi molto, ogni settimana una nevicata nuova. Una mattina vidi le tracce fin quasi sul portone di casa; gli misi allora le foglie di verza e bucce di mele che immediatamente la sera stessa appetì. Dopo un po', quando le giornate tornarono ad allungarsi, trovò gusto a mangiare la corteccia dei citisi; e una notte di luna lo sorpresi ritto, con le zampe appoggiate al tronco, mentre rosicchiava le gemme e gli apici dell'albero di prugne: la neve era alta, arrivava ai primi rami. Lo cacciai via ma non si allontanò molto perché dopo un'ora era nuovamente lì. La notte dopo assaggiò la corteccia del melo, e vi trovò tanto piacere che una mattina il tronco e i rami più bassi erano ripuliti e bianchi come denti di cane. Dovetti difendermi recintando gli alberi da frutto superstiti con rete di plastica e intreccio di rami d'abete. L'autunno scorso questo lepre ebbe vita tranquilla e serena perché dalle mie parti non cacciammo; ma dopo per un bel po' di tempo non si fece notare, tanto che lo credetti investito da una di quelle macchine d'innamorati che alla sera cercano luoghi tranquilli. Invece no perché la settimana scorsa notai la sua traccia — la riconosco quella sua impronta sulla neve — che scendeva dal bosco, passava dietro il pollaio, attraversava l'orto e andava nel boschetto davanti casa. Ma ora dovrò stare attento per i miei alberi da frutto. Mario Rigoni Stern

Persone citate: Mario Rigoni Stern