Rognoni: i magistrati e la polizia hanno agito con scarsa efficacia di Gianfranco Franci

Rognoni: i magistrati e la polizia hanno agito con scarsa efficacia La relazione svolta alla Camera sui casi Ventura e Parlato Rognoni: i magistrati e la polizia hanno agito con scarsa efficacia ROMA — Il ministro dell'Interno, Virginio Rognoni, doveva «discolparsi» dall'aver defenestrato il capo della polizia dopo la clamorosa fuga da Catanzaro di Giovanni Ventura e lo ha fatto senza mezzi termini, gettando sul tappeto tutte le carte che aveva in mano. Per il governo non era una prova facile quella che lo attendeva ieri pomeriggio alla Camera, dove doveva rispondere a sei interpellanze e a diciotto interrogazioni presentate da tutte le parti politiche sui recenti atti di terrorismo fascista avvenuti a Roma, sulla fuga di Ventura alla vigilia della sentenza al processo per la strage di piazza Fontana e sulla destituzione di Giuseppe Parlato. Le polemiche dei giorni scorsi avevano creato all'interno della stessa maggioranza un clima di tensione che rendeva ancor più precari i rapporti tra il governo e i partiti che lo sostengono in Parlamento. Per questi motivi, dunque, la risposta del ministro dell'Interno era attesa con un interesse particolare. L'aula di Montecitorio non era molto affollata, ma vi si avvertiva ugualmente una atmosfera pesante. In una delle tribune del pubblico c'erano anche i genitori di Alberto Giaquinto, il giovane ucciso dalla polizia negli incidenti del 10 gennaio a Roma. Sulla fuga di Ventura, Rognoni è stato molto preciso. L'ha attribuita a carenze legislative e al rifiuto dei magistrati di Catanzaro a prendere misure più severe nei confronti dell'imputato, cosi come era possibile nell'ambito delle leggi vigenti (soggiorno obbligato in un paese vicino per una sorveglianza più effi-, cace, imposizione di una cauzione, eventuale nuovo mandato di cattura in seguito al precedente tentativo di fuga), ma anche a gravi carenze nella vigilanza. Secondo Rognoni, infatti, pur senza ulteriori provvedimenti, doveva essere impossibile per Ventura scappare. L'inchiesta svolta dal sottosegretario Lettieri e dal vice capo della polizia, Santino, ha stabilito invece che nelle consegne scritte impartite agli uomini della vigilanza (24 militari suddivisi in turni di sei ore) mancava la disposizione di controllare tutte le persone estranee che entravano o uscivano dallo stabile e di sorvegliare i famigliari dell'imputato. Gli agenti di servizio nella parte posteriore erano stati sistemati a una distanza tale da non consentire di vedere bene e inoltre il dirigente dell'Uigos non si era mai recato sul posto a controllare la situazione, neppure quando sorse il sospetto che Ventura fosse fuggito. Rognoni ha affermato poi di aver saputo solo dopo la fuga che non erano state applicate le precise disposizioni da lui stesso ripetutamente impartite attraverso il capo della polizia perchè la sorveglianza fosse estesa sul pianerottolo dell'appartamento in cui alloggiava Ventura. « Una simile situazione non poteva non essere adeguatamente valutata*, ha osservato. n ministro ha parlato anche di una riunione, svoltasi a palazzo Chigi dopo la fuga di Freda, durante la quale era stata constatata la inidoneità delle misure tecniche di sorveglianza organizzate fino a quel momento e dell'ordine impartito a Giuseppe Parlato perché controllasse in concreto sulla esecuzione degli ordini. «E ogni volta ho da lui ricevuto piena assicurazione circa tale adempimento*, ha affermato il ministro. Ed ha aggiunto: -Non mi risulta invece che il capo della polizia o alcun ispettore generale da lui inviato si siano nei mesi recenti recati a Catanzaro per ragioni di doveroso servizio*. Rognoni ha anche voluto arricchire il suo discorso di un altro particolare inedito. La notizia della fuga egli la apprese da un flash di agenzia e non dal capo della polizia che fu messo al corrente dell'accaduto dal capo gabinetto del Viminale. Già sulla base dei primi rapporti il ministro potè quindi rendersi conto delle gravi manchevolezze e decidere, d'accordo col presidente del Ccnsiglio, di sollevare dall'incarico Giuseppe Parlato, che si era rifiutato di dimettersi spontaneamente. Rognoni ha infine respinto l'ipotesi che si sia voluto trovare un «capro espiatorio» perché già il governo si astenne dal prendere provvedimenti dopo la fuga di Freda. •In nessun modo—ha concluso — potevano però essere ul- sssdnlsiscenufszteriormente tollerati difetti di direzione e di controllo del servizio*. Sui recenti fatti di terrorismo accaduti a Roma, il mini-' stro non ha aggiunto novità di rilievo a quanto già esposto nei giorni scorsi al Senato. Le repliche degli interpellanti e degli interroganti si sono protratte fino a notte inoltrata e da ogni parte non sono state risparmiate critiche al governo. Il comunista Natta ha espresso una valutazione •preoccupata e severa* sostenendo che • è necessario ormai un chiarimento politico di fondo, che deve avvenire presto* perché, a suo dire, •non vi è stato quel necessario mutamento di indirizzi e di direzione nella politica dell'ordine pubblico*. A proposito del «caso Parlato», Natta ha detto che, pur non contestando l'opportunità della sua destituzione, «non basta dare di¬ sposizioni ma è necessario an che controllare che siano ese guite*. Il socialista Balzamo, esponendo i motivi di insoddisfazione del suo gruppo, ha detto che in materia di ordine pubblico il governo «non può più. procedere fidando sulla tolleranza dei partiti che lo sostengono* e ha affermato che la defenestrazione di Parlato è • una nuova, gratuita mortificazione inflitta alla polizia*. Dopo un duro attacco al governo del radicale De Cataldo, il democristiano Ciccardini ha definito l'intervento del ministro Rognoni •preciso e puntuale-, dandogli atto di aver detto «con chiarezza tutta la verità*. Circa l'ordine pubblico, ha poi sostenuto la necessità di una •strategia speciale* che serva a smantellare i •santuari* della violenza Gianfranco Franci m'7Arntc7dsanv

Luoghi citati: Catanzaro, Roma