Rassegnati nel dolore gli agenti del carcere "Possono ucciderci quando e come vogliono"

Rassegnati nel dolore gli agenti del carcere "Possono ucciderci quando e come vogliono" I funerali della guardia Giuseppe Lorusso, assassinata dai terroristi di «Prima linea» Rassegnati nel dolore gli agenti del carcere "Possono ucciderci quando e come vogliono" Lo sfogo di un collega della vittima: «E' chiaro che i criminali riescono con facilità a ottenere informazioni su quanti di noi operano nella sala colloqui delle Nuove. Siamo troppo esposti» - La cerimonia funebre officiata dall'arcivescovo Ballestrero nella chiesa di Gesù Nazzareno gremita di folla muta e commossa - Tra gli striscioni sindacali, quello della Fiat-Mirafiori dove Lorusso aveva lavorato fino al '70 come operaio alle presse Dopo neppure un anno la sede del comando regionale degli agenti di custodia, al pianterreno delle Nuove, si trasforma ancora in camera ardente. L'aprile scorso aveva ospitato la disperazione della moglie e dei famigliari della guardia Lorenzo Cotugno. assassinato dalle Brigate Rosse, adesso, invece, raccoglie il lutto dei parenti di Giuseppe Lorusso. Allora come oggi il rituale è sempre lo stesso: pianti, singhiozzi, invocazioni, svenimenti, flashes dei fotografi, ronzio delle telecamere. La bara giunge dall'istituto di medicina legale alle 9,30 e, fino a quando non sarà chiusa, è meta del pellegrinaggio mesto di uomini in uniforme, di cittadini, di autorità politiche e militari. Un pellegrinaggio però non cosi massiccio come per le altre vittime del terrorismo, la partecipazione popolare sembra minore. Padre Ruggero, cappellano delle Nuove, benedice il feretro nel cortile della prigione. La vedova dello sventurato Lorusso, Rosa, grida parole d'amore per Giuseppe, d'odio per i suoi assassini; la madre dell'agente. i o o , r . Filomena, le due sorelle Raffaella ed Antonietta, che sono giunte dopo un viaggio nella notte dalla Lucania, inveiscono contro il destino, chiedono che sia fatta giustizia. Invano il fratello di Giuseppe, Pietro, gli altri famigliari tentano di calmarle, il triste coro scandirà tutto il funerale, sovrapponendosi in certi momenti avngsprtPd3 all'omelia pronunciata dall'arcivescovo monsignor Ballestrero nella chiesa di Gesù Nazareno, gremita di folla muta e commossa. Giuseppe Lorusso è stato sepolto nel cimitero di corso Novara, forse soltanto tra qualche tempo la salma sarà traslata a Palazzo S. Gervasio, provincia di Potenza, dove il 3 gennaio di 30 anni fa l'agente era nato. Tra i radi striscioni sindacali, soltanto cinque, che spiccano nel corteo, c'è quello della FiatMirafiori, tra gli operai che lo reggono qualcuno ha ricordi abbastanza precisi della sfortunata guardia. Lorusso, infatti, da oltre un decennio viveva nella nostra città, aveva lavorato fino al 1970 alle Presse di Mirafiori. «Un tipo diligente, un ragazzo tranquillo, pieno di sogni e speranze per il futuro — dice un operaio —, a quell'epoca eravamo molto amici. Poi lui è dovuto andare militare, tra i bersaglieri. Dopo si era arruolato tra gli agenti di custodia-. Una decisione che in famiglia non aveva incontrato eccessivi consensi. Racconta un cugino di Lorusso: «Giuseppe, prima di stabilirsi a Torino, aveva lavorato per un breve periodo in Germania col fratello maggiore, Antonio, che è rimasto là. Noi avremmo preferito avesse continuato la vita di fabbrica. Glielo avevamo detto e ripetuto che fare la guardia era un lavoro duro, pericoloso, che gli avrebbe procurato soltanto grane. Chi mai però avrebbe potuto immaginare che la divisa che indossava l'avrebbe portato alla tomba?-. Aggiunge una cugina: «Dopo il servizio militare temeva di non trovare un posto, era entrato nelle guardie carcerarie solo per avere la sicurezza immediata di uno stipendio. Uno stipendio da fame, attorno alle 300 mila lire al mese-. Aveva paura Giuseppe di un agguato? «No — almeno fino a qualche mese fa — risponde la donna —. Dopo /'omicidio del suo collega Cotugno, avevamo parlato tutta una sera dei rischi del suo mestiere, lui disse che non c'era da preoccuparsi, che non aveva nemici. "Per di più — spiegò — io sono addetto alle cucine, non ho rapporti coi detenuti, perché mai dovrebbero colpire me?"-. Da due mesi era stato trasferito al controllo dei pacchi che i reclusi ricevono dai famigliari: un incarico delicato, dove è facile farsi dei nemici. E, da quando Lorusso aveva iniziato ad occuparsi dei rapporti tra prigionieri e famiglie, sono cominciati i timori. «Era più cauto — confida un suo collega — prendeva qualche precauzione. Cotugno era il responsabile dello stesso settore e l'hanno ammazzato. Non è un caso che adesso abbiano colpito Lorusso. E'chiaro che i criminali riescono con molta facilità ad ottenere informazioni su quanti di r.oi operano in sala-colloqui Se almeno le indagini riuscissero una buona volta ad appurare qualcosa. Ci sentiremmo meno esposti. Invece, siamo indifesi, ptnunzadlllillllillllillllllll minimi n Le indagini però, come sempre, sono ferme al punto di partenza, in mano gli investigatori non hanno elementi concreti, una pista. Forse, dalle testimonianze frammentarie a disposizione, non riusciranno neppure a cavare i tradizionali identikit dei terroristi. Claudio Giacchino rafiori dove Lorusso aveva lavorato fino al 70 coe p pdLgirlmdenclgvmlrsd2p Vinti dalla commozione, i colleghi dell'agente assassinato danno l'ultimo addio all'amico. La bara, portata a spalle si sofferma in corso Vittorio nel luogo dove un mese fa le «Brigate rosse» hanno ammazzato due poliziotti

Luoghi citati: Germania, Lucania, Potenza, Torino