Pertini: "Chi sono i burattinai del terrorismo?"

Pertini: "Chi sono i burattinai del terrorismo?" Il presidente della Repubblica ha parlato agli operai e ai ragazzi di Savona Pertini: "Chi sono i burattinai del terrorismo?" DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE SAVONA — «Il terrorismo ha la sua matrice nell'eccidio di piazza Fontana. Mi domando con angoscia chi sono i burattinai dei terroristi, chi tira i fili. Ci accorgiamo ora cosa significhi l'assassinio di Moro», ha detto oggi il Presidente dalla Repubblica ai lavoratori dell'Italsider, nel discorso che ha concluso la sua visita a Savona. Forse Freda e Ventura sapevano tutto e sono stati fatti fuggire in cambio del loro silenzio? Le indiscrezioni pubblicate da La Stampa su un violento scontro tra Pertini e il ministro dell'Interno Rognoni farebbero pensare che il Presidente ne sia convinto. Gli ho domandato: «Lei ritiene veramente che la fuga sia stata facilitata per coprire la verità?». Pertini mi ha guardato con un mezzo sorriso pieno di malizia: «Lo dice lei. Io posso soltanto confermare die l'indiscrezione pubblicata dal suo giornale era azzeccata». Terrorismo, unità della classe operaia in difesa della Repubblica {«Non è una Repubblica da disprezzare come qualcuno vuol far credere, ci è costata venti anni di lotta contro il fascismo e anni di lotta armata»), funzione di guida della stessa classe [«Se non vuoi smarrire la giusta strada resta sempre a fianco dei lavoratori, mi diceva un mio maestro»), sono stati i temi fondamentali del discorso che il Presidente della Repubblica ha improvvisato all'Italsider. Ma già quei temi erano affiorati nei colloqui che Pertini aveva avuto con i ragazzi della scuola «Guidobono» e con i giornalisti, sfuggendo con vi gore ai tentativi disperati degli addetti al protocollo che tentavano di isolarlo. «Afi tirano la giacca per impedirmi di parlare», «Vogliono farmi uscire prima che io dica qualcosa che non i>o», protestava tra generali, signori in doppiopetto scuro, agenti in borghese. Il servizio d'ordine ha assolto con durezza eccessiva il suo, facendo cordoni e sferrando colpi brutali anche ai ragazzini che per strada volevano avvicinare il Presidente. Pertini si è impegnato in senso opposto: incurante del vento gelido e del nevischio, a capo scoperto, camminava di buon passo per il centro di Savona rispondendo ai saluti affettuosi ((«Come è bello», gridavano alcune donne. «Ciao Pippo», gridavano vecchi conoscenti, e moltissimi « Vi uà Sandro»), si staccava all'improvviso dal corteo per scambiare abbracci, per parlare con la gente. «Andate via, me la cavo da solo, non voglio nessuno di voi», è sbottato ad un certo punto nella palestra della scuola «Guidobono» quando i suoi accompagnatori credevano di doverlo salvare dalla stretta dei ragazzi. Erano una marea. Si erano fatti arditi quando Pertini aveva detto a voce alta: «/ discorsi ufficiali vi fanno venire la nausea. Lo so benissimo. Parliamo tra noi». E i ragazzi gli parlavano delle bombe che nel 1974 erano esplose nell'atrio della scuola, delle indagini insabbiate (qui è viva la polemica innestata dalle rivelazioni sul blocco delle indagini a carico del figlio del prefetto e del procuratore della Repubblica del tempo), delle delusioni e incertezze che tormentano i giovani. Con una vivacità impensabile al vederlo cosi esile e fragile («Ma io non sono un vecchio, sono un anziano con i riflessi pronti») il presidente rispondeva, discuteva, perfettamente a suo agio. Il discorso di Pertini si è concluso con un appello a questi giovani: «Se non volete scavarvi la fossa — ha detto il presidente della Repubblica —, se non volete un domani di servitù, difendete questa Repubblica che è costata tanto sangue innocente. E' una nostra conquista, dobbiamo difenderla costi quel che costi». Le cerimonie ufficiali non sembravano averlo stancato. La giornata era cominciata alle dieci, con i primi saluti in Prefettura (assente il prefetto). Poi, nella sala del consiglio comunale, i discorsi di rito: saluto del sindaco Zanelli, del presidente della giunta regionale Carossino, del ministro Pastorino. Il doppiopetto blu, cravatta a righe, una gran pipa ricurva in mano, Pertini ascoltava compunto. S'è rianimato alla lettura della motivazione della medaglia d'oro alla città di Savona (è stata scoperta una targa che la ricorda) e all'incontro con un gruppo di partigiani savonesi. Non poteva mancare una rievocazione della drammatica avventura iniziata a Savona nel dicembre 1926, la fuga in Corsica assieme a Carlo Rosselli, Turati, Parri. Ma Pertini l'ha fatta aggiungendo alla commozione un pizzico di umorismo, col ricorso a particolari Inediti e minuti. «Quando arrivammo in Corsica, a Calvi (volevamo andare a Bastia, ma le bussole non funzionarono) io ero stremato dal mal di mare. Sono un ligure che soffre il mare soltanto a vedere un remo». Soppesa i sorrisi attorno a lui e dice a bruciapelo: «Ebbene, meglio un presidente buono che soffre il mal di mare che un presidente navigatore che fa andare il Paese a bagno». Mario Fazio

Luoghi citati: Corsica, Savona