Teheran invoca la Repubblica islamica di Igor Man

Teheran invoca la Repubblica islamica Quattro milioni di persone alla grande marcia indetta da Khomeini Teheran invoca la Repubblica islamica DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN — Quattro milioni di persone hanno «deposto» lo Scià e annunciato il futuro avvento della repubblica islamica. E' accaduto ieri, giorno dell'orbato; allo scadere del periodo di lutto per il sacrificio dell'imam Hossein. Doveva essere una manifestazione sacra, e lo è stata, secondo il calendario; ma il disegno politico, come era previsto, ha prevalso sul sentimento religioso. La marcia popolare si è risolta in un ple¬ biscito per Khomeini, ì cui ordini sono accettati dal popolo iraniano come comandamenti. Questa commistione tra politica e religione, fra sacro e profano, è il dato più rilevante e originale della rivoluzione iraniana. Nel volgere di poco meno di cinque mesi (la prima manifestazione, 300 mila persone, avvenne il 3 settembre scorso) teleguidata da Khomeini, la piazza ha cacciato lo Scià, uno dei più potenti monarchi del mondo, l'imperato¬ re protetto dagli Stati Uniti, guardato da un esercito tra i più sofisticati della terra. Ma l'opera non è ancora compiuta per il vecchio ayatollah, ed ecco un suo ordine, diffuso dalla periferia di Parigi: mobilitare «la più grande marcia popolare della storia persiana». Una marcia di dimensione cinese, che ha strappto dalle loro case ricchi e poveri, vecchi, donne, persino i malati, gli invalidi, i bambini. Una marcia che per la prima volta ha visto la partecipazione delle minoranze religiose: israe-' liti, armeni, zoroastrianl, e così via. Abbiamo raggiunto la piazza del Mausoleo dedicato alla dinastia Pahlavi, ora intitolata a Khomeini, a mezzogiorno, dopo tre ore di marcia, facendoci faticosamente strada in mezzo a un mare di folla che allagava la capitale, dal fondo dei quartieri dei miserabili fino alla cinta dell'aeroporto. La coreografia è la solita, la regia, come sempre, perfetta. Avanti camminano le donne, avvolte nello chador nero che esalta il biancore del viso e gli occhi scuri, poi vengono i mullah dai candidi turbanti, infine, il popolo: borghesi ben vestiti, operai con la coperta sulle spalle, ragazzi in jeans. vecchi sostenuti dai parenti giovani, famiglie intere con i bambini che succhiano i biberon, i più piccini avvolti in coperte all'uncinetto, in braccio al padre o alla madre. Attivisti con la fascia gialla convogliano i cortei, fanno catena mano nella mano, danno il passo alle ambulanze e alle carrozzelle degli invalidi. Gli slogan sono stati dettati all'alba, nei diversi quartieri, e la gente li scandisce seguendo i capigruppo muniti di me gafoni a batteria. Non assomigliano a quelli che abbiamo sentito martellare il 10 e 1*11 dicembre scorsi. Allora erano rabbiosi, e maledicevano lo Scià. Anche ieri, ogni tanto, ossessivo, si levava il coro — prima lento, poi precipitoso — «A morte lo Scià», ma l'accento cadeva soprattutto sui carattere islamico e anticomunista della rivoluzione, sul primato assoluto di Khomeini. Esattamente gli slogan sono sessantuno, gridati e scritti su bianchi striscioni adorni dell'immancabile ritratto di Khomeini (ma se ne vedono anche di Mossadeq e di due martiri, il campione di lotta Takhti. l'ex ministro degli Esteri Fathemi). Ne citeremo qualcuno: «No al comunismo ateo»; «Vincerà solo il partito Igor Man (Continua a pagina 2 in ottava colonna) Teheran. Un gruppo di donne innalza il ritratto di Khomeini durante la «rande manifestazione di ieri (Associated Press)

Persone citate: Khomeini, Pahlavi

Luoghi citati: Parigi, Stati Uniti, Teheran