Teheran senza pace di Igor Man
Teheran senza pace Teheran senza pace (Segue dalla l'pagina) trova già in Persia, non si vede; è proprio un «governo ombra» che dovrebbe apparire alla luce del sole «al più presto» (forse venerdì) e i cui componenti vengono indicati dalla stampa nelle persone dell'ayatollah Taleghani, delYayaiollah Montazerì, di Karim Sandjabi, di Mehdi Bazargan, il prestigioso uomo politico che ha convinto i lavoratori del petrolio a tornare sui pozzi, e Dariush Forouhar, segretario del Fronte nazionale. Quest'ultimo è partito per Parigi, convocato da Khomeini. Anche una delegazione delle forze armate sarebbe in partenza, sempre alla volta di Parigi, per «saggiare» le intenzioni dell'imam. Molti ritengono che i militari non gradirebbero il ritorno di Khomeini ma altri sostengono che la maggioranza degli alti gradì si sia ormai resa conto del fallimento di Bakhtiar e pertanto conti sul ritorno dell'ayatollah «per mettere ordine in casa». Ce ne sarebbe un gran bisogno. Per rendersi conto di quanto magmatica sia la situazione, basta recarsi all'Università. Il campus è divenuto il centro della società politica: qui si incontrano e si scontrano, in interminabili assemblee, studenti, professori, uomini politici di varie e opposte tendenze. Si vendono sulle bancarelle saggi di cui tura musulmana e opere di Marx. Lenin, Trotzki. Si vedono mullah progressisti disputare con gli ortodossi che pretenderebbero di vietare ogni discussione politica. I giovani della «nuova sinistra. denunciano il tentativo di emarginazione ad opera dei conservatori, questi ultimi accusano i «rivoluzionari» di voler provocare il caos facendo così il gioco dei militari i quali non aspetterebbero che un «segnale» per scatenare la repressione. Insomma, per citare la celebre definizione di Malraux dedicata all'Indocina, l'Iran è «un minestrone ribollente». Dove c'è anche qualcuno che piange la partenza dello Scià. I giornalisti sono stati ammessi ieri mattina a visitare ili palazzo imperiale. «Abbiamo perduto nostro padre, siamo orfani», ripetevano con gli occhi rossi i soldati, gli ufficiali della guardia e un funzionario mostrava con patetico orgoglio ai corrispondenti la biblioteca dello Scià (libri di Dante, Galbraith, Ovidio, Gandhi, Aragon, Henry Miller). Belle miniature alle pareti ma anche soprammobili di orribile gusto disseminati un po' dovunque. «Scrivete che vogliamo che torni presto», dicono quelli della guardia Per Taleghani i rischi di un colpo di Stato sono minimi: «Diecimila soldati saranno per lo Scià, la gran massa è col popolo». Ma nel centro petrolitero di Ahwaz un battaglione di fedelissimi è uscito ieri di caserma gridando: « Viva lo Scià, tornerà». La gente ha risposto: «Allah akbar» e, a questo punto, i soldati hanno aperto il fuoco. La città è praticamente in mano al realisti che hanno danneggiato la moschea e isolato l'università. Divampano incendi, manca il plasma negli ospedali gremiti di feriti, i morti sarebbero decine. Igor Man
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