Febbre alta all'ospedale di Pescara
Febbre alta all'ospedale di Pescara Dall'inizio di quest'anno si sono registrati inspiegabili "casi,, Febbre alta all'ospedale di Pescara Una ricoverata ha partorito, senza assistenza, un bimbo prematuro poi deceduto; un malato di mente è morto mentre veniva trasferito, come un pacco, da un reparto all'altro; una signora è spirata dopo essere stata sottoposta ad anestesia - Fra i medici c'è molto nervosismo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PESCARA — All'ospedale civile di Pescara sono tutti un po' nervosi ed evasivi. Il prof. Consoli, primario del reparto medicina, si sottrae al colloquio. Scivola lungo le scale frettoloso. All'ultimo gradino, in pigiama, è seduto un uomo anziano con gli occhi fissi sulla porta d'uscita — chiusa — oltre la quale intravede la libertà: spedito 11 evidentemente in seguito alla nuova legge sui manicomi, abbandonato a se stesso, continua a mormorare parole sconnesse e lamentose. Il professore si gira e dice: «Ecco, parli con lui. Lui le farà capire che cosa è diventato un ospedale!». L'uomo continua a parlottare disegnando nell'aria gesti vuoti. Il professore si volge di nuovo e chiede: «L'ha visto Basaglia in tv? Ha sentito che cosa ha detto?». Non aspetta risposta. Aggiunge: «Bisognerebbe evitare di fare discorsi così». Poi si allontana, fra due ali rispettose di familiari che pazientemente fanno la coda in attesa di poter entrare nel reparto. I motivi di un cosi diffuso nervosismo non mancano. Il nuovo anno inizia con il «caso» di Giuliana D'Elia. E' una puericultrice dell'ospedale. Incinta, avverte le doglie di un parto prematuro. Viene ricoverata in reparto maternità. L'ostetrico di turno, dott. Calìa, non è al lavoro. Un altro medico la visita e l'invita a tornare tranquillamente in corsia. Qualche minuto dopo la donna partorisce, nel suo letto, da sola. Il bimbo è settimino. Dopo due giorni muore. Si mobilitano le organizzazioni femminili e femministe della città. La polizia apre un'inchiesta e accusa di omissione d'atti d'ufficio i sanitari che avrebbero dovuto assistere la partoriente. Il rapporto viene inoltrato all'autorità giudiziaria. Si apre un'altra inchiesta, amministrativa. Il direttore sanitario, prof. Stuppla. in una relazione presentata al consiglio d'amministrazione, afferma: «Il caso si poteva evitare se si tenevano presenti alcuni princìpi... La paziente avrebbe avuto ben poco da lamentarsi se il sanitario di turno in ostetricia invece di attendere una chiamata dall'ostetrica si fosse premurato di avvicinarsi più volte a lei e ad altre pazienti per dare loro quella sicurezza e quel calore umano che nessun monitoraggio sarà mai in grado di dare...». Letta ai primari, la relazione solleva indignazione e «distinguo» di ogni tipo. I sanitari fanno quadrato attorno ai colleghi sotto inchiesta. Alcuni dicono: «Un bimbo di un chilo non sopravvive in nessun caso». Il prof. Cataldi, pri- mario del reparto, replica: «Si è voluto cercare il pelo nell'uovo. Il mio aiuto era assente per motivi giustificati. C'era un medico di guardia. Che una donna, già madre di due figli, partorisca da sola un bambino di un chilo, non è evento eccezionale. Sono state alcune frange di femministe esasperate a montare il caso: quelle stesse femministe che con la loro irragionevolezza rovinano le donne e, ad esempio, la nuova legge sull'aborto». Sette gennaio: un giovane di 24 anni ha un incidente di macchina dopo aver festeggiato il suo compleanno con la sua fidanzata e parenti. Fa il barbiere, si chiama Nicola Valoroso. All'ospedale è giudicato guaribile in otto giorni, per trauma toracico e addominale. Qualche ora dopo muore. Nove gennaio: alle 22 arriva da una clinica privata. Villa Serena, un malato di mente in stalo precomatoso, Michele Drazzi, di 56 anni. Il medico del pronto soccorso lo spedisce nella divisione chirurgica, qui lo inviano al reparto medicina. Si chiama la rianimazione. Lo destinano alla neurochirurgia. Alle 23,30 il malato muore, lasciando di stucco il portantino che l'ha seguito nelle varie peregrinazioni. Ufficialmente il decesso è avvenuto «per grave insufficienza respiratoria e collasso cardiocircolatorio». Il prof. Stuppìa, nella sua relazione, dichiara: «Il trasferimento da una divisione all'altra non può essere fatto considerando l'ammalato come un pacco postale recante un indirizzo sbagliato... Il caso Drazzi non rappresenta, contrariamente a quanto qualcuno dice, un'eccezione, ma ohimè! quasi una regola...». Dieci gennaio: entrano in sala operatoria del reparto chirurgia una pensionata di 69 anni, Maria Leonzio, e un giovane di ventidue, Ercole Alessandroni, studente. La prima ha riportato una frattura ad un gomito, cadendo sulla neve. Al secondo deve essere rimossa una placca applicatagli due anni fa al femore per facilitarne la saldatura. Subito dopo essere stata sottoposta ad anestesia, la donna muore. Il giovane invece entra in coma profondo, da cui sta lentamente emergendo ma di cui non si possono calcolare le conseguenze. Il magistrato invia quattro comunicazioni giudiziarie, a due infermieri e due medici, e sequestra l'apparecchiatura per l'anestesia. Tredici gennaio: una donna di 22 anni, Adele Fonzi, dà alla luce un bambino morto. Si era ricoverata due giorni prima, einutilmente — secondo la denuncia presentata all'autorità giudiziaria dai familiari — aveva chiesto il cesareo. Il prof. Cataldi conferma: «Quando io ho abbandonato l'ospedale, dando disposizioni ai miei collaboratori perché intervenissero, il bambino respirava. Poi il cordone ombelicale l'ha soffocato. Ma è un evento che nessuno poteva prevedere. tscccspssdcas Questa è la sequela degli ùltimi avvenimenti. Che all'ospedale hanno seminato un clima da guerra civile. Sindacati, pei, psi hanno chiesto chiarezza, «la fine di clientelismi e lassismo», «più partecipazione dell'utente alla gestione della salute». La città segue gli sviluppi dello «scandalo» con grande attenzione e compostezza. Adesso ci si aspetta, da parte dei responsabili, un inizio di autocritica. Liliana Matteo
Persone citate: Adele Fonzi, Basaglia, Cataldi, D'elia, Ercole Alessandroni, Liliana Matteo, Maria Leonzio, Michele Drazzi, Villa Serena
Luoghi citati: Pescara
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