LETTERA A ANTONIO CEDERNA

LETTERA A ANTONIO CEDERNA LETTERA A ANTONIO CEDERNA La Moschea di Roma (città da restituire al Papa) Curo Cederna. per puro caso, la mattina di mercoledì scorso mi sono messo a tavola a mezzogiorno e mezzo, un'ora per tutti noi. oggi, sciaguratamente insolita; ma di questa involontaria fedeltà che dimostravo una volta tanto a una costumanza così cara ai nostri vecchi, sono stato inopinatamente premiato: sempre per caso, ho acceso il televisore e ho assistito al dibattito Pro e contro, opinioni su un tema dì attualità. Era. il tema, la Moschea e il Centro di Cultura Islamica che pare si voglia e anzi si debba costruire in Roma. E i duellanti del dibattito erano, da una parte Paolo Portoghesi, architetto incaricato (se ho ben capito) dal Comune di Roma o in qualche modo e in ogni caso coinvolto nel progetto del costruendo complesso: dalla parte opposta, tu stesso. Antonio Cederna. illuminato vigilante, «in proprio» strenuo difensore «autonomo» delle nostre architetture e del nostro paesaggio urbano. Moderatore era un giovane magro, roseo, sorridente, dall'aria ispirata e dulia barbetta riccia e rossiccia. Ti dirò subito che di rado mi sono così divertito a una trasmissione. Assistevo a qualcosa di perfetto, quasi a una sacra rappresentazione che certamente era improvvisata, ma che. se fosse stata preparata e studiata, non poteva riuscire meglio. Sacro davvero l'argomento, non solo per via della Moschea, ma perché pochi problemi, ormai, potrebbero per noi essere più sacri di quelli che concernono le sorti delle nostre maggiori città e i rischi della loro mostruosa crescita. E egualmente sacri, egualmente perfetti voi due interpreti: l'architetto Portoghesi, come rappresentante ufficiale o ufficioso di una doppia sacralità: quella del Capitale arabo che sta per essere investito nella grande costruzione e quella del Capitale italiano che sta per essere investito nel luogo, nel terreno, nel paesaggio, e nell'uso degli stessi: ma che cosa dico?., tu. se il potere tuo e il potere dell'architetto fossero stati proporzionati o\Yimportanza reale, e non solo all'importanza amministrativa e burocratica dell'impresa, tu. non lui. saresti dovuto essere il rappresentante ufficiale o ufficioso del Capitale italiano! Non è stato così, evidentemente. E proprio da questo squilibrio assurdo la rappresentazione sortiva la sua forza dialettica e poetica, il fascino tragico e insieme comico dello spettacolo. Perfino i vostri due volti e i vostri due abbigliamenti, il vostro fisico e i costumi da voi indossati, e addirittura i due italiani opposti del vostro linguaggio erano fortemente emblematici, carichi di teatrale contrasto. L'architetto: bruno, olivastro, pasciuto. liscio, giovanile, con una giacca di velluto falsobohème, e scivolosa diplomatica parlata centro italiana. Tu: grigio biondo, scavato, rugoso, anziano, con un serio e veramente elegante tout-demème di tweed, e melanconico, accorato, fraterno, paterno accento tra il lombardo e il piemontese: «Non abbiamo nessuna obiezione — dicevi — a che si faccia la Moschea e il Centro Culturale Islamico. Siamo contrari al luogo scelto». L'architetto rispondeva che il luogo era stato scelto dal Comune. «Ma è uno sbaglio enorme» insistevi tu. e scusami se ricostruisco a memoria il tao discorso, «uno sbaglio enorme: perché l'area più indicata era quella a est di Roma, in quella zona, dove la città più si espande per conto suo. con la sua vita stessa, e dove il Centro Islamico, senza deturpare il paesaggio, profitterebbe delle infrastrutture già esistenti e gioverebbe a un ulteriore sviluppo delle medesime. Mentre il luogo da voi proposto, ossia le rive del Tevere tra l'Acqua Acetosa e le colline boscose di Villa Ada è uno degli ultimi paesaggi sublimi intorno a Roma, uno degli ultimi grandi spazi verdi, il cui verde dovrebbe anzi essere aumentato e completato. La Moschea e tutte le massicce costruzioni adiacenti del Centro Culturale Islamico, con biblioteche, sale per conferenze, alloggiamenti, ristoranti ecc., rovinerebbero inevitabilmente ogni cosa, e oltretutto si inserirebbero in un'area già adesso elitaria, lussuosa, per poche persone, insomma formerebbero un complesso isolato e avulso dal resto della città». L'architetto osservava che ci sarebbero stati anche lì grandi spazi verdi, campi sportivi, giardini. «Sì — hai detto tu — ma zeppi di costruzioni. Sa che cosa serve ai giardini e ai campi sportivi? Docce, spogliatoi, e gabinetti: niente altro». tvnurrEvgc Per tutta risposta l'architetto, sicuro del fatto suo. sorrideva. Tu. sicuro della tua ragione, piegavi appena il capo da un Iato, piegavi la tua maschera chisciottesca in un lieve sorriso anche tu. ma di amarezza. E il moderatore, sicuro a sua volta della propria moderazione, sorrideva ancora più dell'architetto e di te, e frattanto guardava in alto, verso una luce inesistente. Antonio Cederna, amico mio, poche ore fa, tornando a Milano sotto un radioso sole invernale, contemplavo la pianura padana: un'infinita distesa di neve quasi rosea che sfumava dolcemente in una nebbia lontana, mentre in alto quella nebbia sfumava altrettanto dolcemente in un celeste, puro e leggero. Un immenso pastello che toccava il mio cuore così come credo ha toccato anche il tuo chissà quante volte. Mi pare che tu ormai viva a Roma. In ogni caso, vedo che hai sposato la causa urbanistica anche di Roma. Ma non ti è mai venuto il dubbio che non ne valesse la pena? Roma non è l'Italia. Meglio: da un certo punto di vista, dal punto di vista di chi ama profondamente l'Italia, tutta l'Italia dalle Alpi fino all'Etna, dalla punta del Monte Bianco fino all'Isola delle Correnti, Roma è fatalmente contro l'Italia. Abbiamo oggi la grande fortuna di avere un Papa battagliero e non italiano: non sarebbe stupendo lasciare a Lui che se la sbrighi con gli arabi? E' chiaro, da tutto, ed è chiaro anche dal dibattito televisivo a cui hai partecipato, è chiaro che eli arabi sono un'astra-. zione dì comodo: l'architetto Paolo Portoghesi e i suoi pari non stanno con gli arabi, ma stanno con alcuni arabi, con gli arabi padroni degli arabi. Ovvio, naturalissimo dunque che abbiano scelto per la Moschea e per il Centro un'area di lussp piuttosto che un'area operativa e attiva come quella che tu. così assennatamente, hai proposto. E va bene non siamo razzisti, va bene siamo pluralisti, plura¬ listi in ogni campo, anche se si tratta di religione. Ma non dobbiamo per questo calare le braghe. Anzitutto perché non le caleremmo davanti agli arabi, ma davanti a quei pochissimi tra di loro che comandano i moltissimi. Anche Anthony Burgess, nel suo romanzo 1985, parla della grande Moschea che gli arabi costruiscono a Londra. A Londra come a Roma, infatti, è una vendetta istintiva, la prima che viene in mente a persone che hanno sofferto secoli di colonialismo invidiando i colonizzatori: cominciano a sostituire questi antichi colonizzatori nella nazione che fu colonia e che oggi è libera, sostituirli in tutto e per tutto: e poi, visto che adesso una grande vittoria al gioco del destino ne offre loro la possibilità, cercano di sostituirli in qualche modo, a poco a poco, anche nell'aerea stessa della nazione ex colonizzatrice. Abbandoniamo dunque Roma al suo destino. Non che a Milano, a Genova o a Torino le cose vadano molto meglio che a Roma! Ma. pensando a Roma, abbiamo almeno un vantaggio. Tra le nostre città, proprio perché non è tutta nostra, Roma è la sola in cui possiamo, almeno in parte, rallegrarci che le cose vadano male! Lo so, è una consolazione che a te repugna, caro Cederna: tu hai un nobile animo donchisciottesco. Ma, dato che hai nobile animo donchisciottesco, perché non approfitti della situazione per dedicarti all'unica impresa che certamente salverebbe il nostro Paese? Tu. che hai tutte le carte in regola per questo studio, perché non studi in quale città — della preromana Italia centrale, si capisce, della preromana talia centrale! — si dovrebbe trasportare la Capitale dopo avere restituito Roma al Papa? Perché non prepari un folgorante progetto rivoluzionario e antichissimo, razionale e taumaturgico, del costruendo complesso italico che potrebbe recingere, coronare e risuscitare una città etnisca? Mario Soldati

Persone citate: Anthony Burgess, Antonio Cederna, Cederna, Mario Soldati, Paolo Portoghesi