Cina e Urss si fronteggiano al Consiglio di Sicurezza di Igor Man
Cina e Urss si fronteggiano al Consiglio di Sicurezza I bagagli dello Scià sono pronti, resta soltanto da fissare Fora "x„ Donne terribili della famiglia Pahlavi DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN — 1 bagagli sono pronti, il jet numero uno delle forze aeree imperiali è stato tirato fuori dall'hangar per le revisioni e i controlli che di solito precedono una partenza. Nell'eliporto che sorge nella cinta del palazzo di Niavaran, due elicotteri stazionano notte e giorno in attesa di istruzioni. La guardia imperiale e i reparti speciali — le -giacche blu» — hanno rinforzato il cordone di sicurezza intorno alla fastosa residenza dello Scià. La partenza è data per scontata, rimarrebbe solo da decidere l'ora -x». Nel palazzo il personale è al completo, negli uffici della segreterìa politica si lavora a far fotocopie di documenti, qualche volta viene messo in funzione anche l'inceneritore. Ma nessuno più accende i mille lampadari del grottesco salone degli specchi. Lo Scià e Farah Diba continuano a regolare la loro giornata secondo i ritmi abituali. Sveglia al mattino presto, ascolto della Bbc e della radio israeliana, prima colazione a base di tè per l'imperatore, caffellatte per l'imperatrice. Poi lo Scià passa nel suo vasto studio, siede nella verde poltrona accanto alla quale, su di un tavolinetto, troneggia il telefono. Ieri ha ricevuto, fra gli altri, il primo ministro Balhtiar, che starebbe premendo per entrare nel consiglio reale. La lista del consiglio non è pronta, ne farebbero parte finora il capo di stato maggiore, il governatore militare di Teheran, il comandante della guardia imperiale. Praticamente è alla sua compilazione che l'imperatore dedica quelle che dovrebbero essere le sue ultime giornate iraniane. Chi l'ha visto dice che è sereno, meglio: rassegnato. L'imperatrice riceve qualc)ie dama di corte, secondo l'abituale routine, dà gli ultimi tocchi al suo bagaglio personale. A una amica greca avrebbe confidato di esser certa di poter tornare, un giorno, «nella mia patria». Avrebbe anche detto: «Non vedo l'ora che tutta questa storia finisca. Sono ansiosa di riabbracciare i miei figli». // principe ereditario Reza Ciro, come si sa, è nel Texas per un corso di pilotaggio supersonico. Gli altri figlioli si trovano a Rancho Mirage, in California. Sono partiti con la ultra-novantenne nonna Tadj Ol Moluk, l'inflessibile madre dello Scià che, a suo tempo, sottopose a un umiliante esame Farah Diba, prima di dare il suo assenso alle nozze del figlio che aveva ripudiato Soraya perché incapace di dargli un erede. La nonna e i tre nipoti — Farahnaz, Ali Reza e la piccolissima Leyla — sbarcarono di notte a Los Angeles, orèquasi due settimane, con un seguito di diciotto persone tra nurses, governanti, segretari e camerieri, centotré valigie e sette cani. Nel palazzo sono dunque rimasti solo in due: Reza Pahlavi e Farah. Un medico dorme vicino all'appartamento dell'imperatrice che, spesso, durante la notte, ha crisi depressive. I fedelissimi di corte tengono a far notare come mai durante i tumulti popolari Farah sia stata insultata. Ha fatto — dicono — sempre ed esclusivamente il suo dovere di sposa e di madre, senza mai curarsi di quel che facevano -gli altri». Suo padre, un ex ufficiale che vive a Parigi, non è mai stato sfiorato dal benché minimo sospetto; insomma non ha trafficato, non ha rubato. Al contrario degli altri parenti che lo Scià, del resto, ha provveduto ad allontanare ormai da mesi. Quella del Pavone è una famiglia numerosa. Il vecchio Scià-cosacco ebbe quattro mogli e undici figli. In media ogni figlio e figlia si è sposatotré volte. Ne è venuto fuori un grande clan — nuore, generi, nipoti, pronipoti —, nominati naturalmente tutti prìncipi Lo Scià ha delegato alla sorella gemella, Ashraf, il compito di badare loro. E -la tigre», come la chiamano, ha provveduto a sistemarli tutti, beninteso negli affari. Lo Scià si fida, o si fidava, solo di lei. Fu Ashraf che nel 1946 decise di recarsi da Stalin per convincerlo a non invadere l'Iran. Parlò a lungo, -con le lacrime agli occhi», e alla fine Stalin, sorridendo le disse: «Mi ha convinto», e le regalò una bella giacchetta nera, ricamata. Fu lei a scacciare la prima moglie del fratello, Fawzia, sorella di Faruk, e nel '59 convinse lo Scià a ripudiare Soraya. Nel '71 va in Cina per riallacciare le relazioni con Pechino; viene nominata rappresentante dell'Iran all'Onu. Ma -la tigre» è soprattutto una gran donna di affari. E' lei che crea la -Fondazione Pahlavi», il più grande potentato economico del Paese. Ed è lei che mette nei guai, nell'autunno scorso, le nostre Condotte d'Acqua, in società al 50 per cento con la Mahestan, portando all'estero 115 milioni di dollari Ma quando chiede l'invio, in Svizzera, di un assegno per diversi milioni di dollari, la banca di emissione, la Markazi entra in sciopero e i suoi funzionari pubblicano il -Libro della vergogna», un puntiglioso elenco delle personalità di corte e no che hanno esportato capitali E' una donna di temperamento, dicono i più buoni Qualche anno fa fu fermata in Svizzera per una valigia di-, plomatica dal contenuto dub bio. (Si parlò di droga ma lo scandalo venne subito soffocato). Due estati or sono, sulla. Costa Azzurra, sfuggi a un regolamento di conti fra trafficanti per puro miracolo: l'amica che le sedeva accanto, nella Rolls Royce, morì squarciata da una raffica di mitra. Il fedelissimo Ali Amini il settembre scorso, mi disse sull'orlo del pianto: «Il re è solo. Lo circondano cortigiani sorrotti e bugiardi. Molti dei suoi familiari sono stati la sua rovina. Peccato, ha tutti i numeri per essere un vero sovrano ma è tempo che si eclissi per un po'». L'eclisse dovrebbe essere oramai prossima. E non è escluso che duri indefinitivamente. Igor Man
Persone citate: Ali Amini, Ali Reza, Farah Diba, Faruk, Pahlavi, Reza Ciro, Reza Pahlavi, Stalin
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