Capitan Fracassa del pci di Lietta Tornabuoni

Capitan Fracassa del pci INTERVISTA CON IL DEPUTATO PREDILETTO DAI MASS-MEDIA Capitan Fracassa del pci Antonello Trombadori, 60 anni, «comunista conservatore», ha una risposta pronta per tutto: la crisi cambogiana, l'autorità, i giovani, l'aborto - Lo chiamano «il vescovo Lefebvre del partito» che l'ha spesso smentito pubblicamente ROMA — Cade Phnom Penti ed eccolo subito al telegiornale, Antonello Trombadori, il deputato del pei prediletto dai mass-media, prototipo d'un personaggio politico recente: il comunista conservatore. Rissoso, scattoso, col sorriso ingiustificato del sessantenne che 6 molto piaciuto, con la battuta facile: «Da una parte è un fatto positivo, la Cambogia si Ubera finalmente d'un regime sanguinario». Ha una risposta per tutte le domande. L'autorità? «Senza direttore, l'orchestra nun po' sona: è tanto semplice». I giovani? «Mi angoscia la loro mancanza di futuro, ma sono loro a volersela: non esiste futuro senza passato, il passato siamo noi e ci rifiutano». L'aborto? «La legge è giusta e l'ho votata in coscienza perché affronta una piaga sociale: ma per me l'aborto resta atto di violenza e di soppressione della vita. Non c'è scampo, la vita umana è come l'opera d'arte, una e ir- i i à n h e a r ripetibile. Se tu Interrompi Leonardo appena ha cominciato a dipingere la Gioconda, la Gioconda non l'avrai più: avrai un'altra cosa, ma, la Gioconda no». Il femminismo? «Quando comandavo a Roma i Gruppi d'Azione Patriottica del pei, metà di quelli che sparavano ai nazisti erano donne, e io mica gli ho detto: cocca, vattene a casa. Ma il femminismo è come il Sessantotto: lotte in gran parte giuste, ideologia errata, fallimentare e suicida». Era cosi, il Sessantotto? «Aver creduto di potersi identificare in certi momenti del Sessantotto, o di poterli strumentalizzare, è stato errore imperdonabile». Lo chiamano «il vescovo Lefebvre del partito comunista», lo definiscono «deputato del pci-destra nazionale». Durante infinite polemiche, l'estrema sinistra l'ha accusato d'essere «più questurino dei questurini», «cane sciolto della borghesia», «aspirante alla repressione poliziesca», «leccapiedi dello stalinismo», propagandista del socialfascif mo», «moralmente squallido». Il settimanale satirico Il Male ne ha fatto la sua macchietta preferita di forcaiolo rosso: «Sono divertenti e, nella loro amara ironia, sofferenti; a me le persone che soffrono hanno sempre fatto simpatia», rimbecca. Lui non si considera per niente un forcaiolo, e il dubbio di trovarsi troppo spesso d'accordo con conservatori e reazionari gli risulta confortante: «Una parte di quel buon senso è profondamente condivisa dalla morale del popolo. Quando a certi valori si rinuncia con una rottura dall'esterno, il progresso è soltanto apparente, in realtà si creano fratture che rischiano di provocare una reazione sanfedista». Iperbolico, spiritoso, smargiasso e becero, imbarazzante per il suo partito, comodo per gli oppositori, rassicurante per gli anticomunisti di sinistra, utile ai mass-media come tutti gli estremisti battutisti, Antonello Trombadori ha cominciato la sua carriera di Capitan Fracassa politico nel settembre 1975. A Roma, dopo una manifestazione giovanile con vetrine infrante, automobili danneggiate, polizia insultata e scritte «Soares boia» accanto a «Franco boia», protestò indignato: bestialità, vandalismo, «chi spacca le vetrine dei negozi, come chi incita allo scontro con la polizia, non deve trovare spazio», demagogica è la china del giovanilismo, «vi è un cordone ombelicale da recidere fra violenza teppistica e posizioni politiche che la sottendono». Grande successo: subito fiammeggiò la polemica, e da allora i suoi interventi si susseguono incalzanti irritanti Chiede la cancellazione del reato d'oscenità. Condanna lo scambio Bukowski-Corvalàn. Si scaglia contro gli abitanti dell'isola del Giglio che rifiutano d'accogliere i confinati Freda e Ventura. Accetta di prestare la voce nel doppiaggio a un personaggio di deputato comunista da yacht, reazionario e mondano, che Lina Wertmilller ha messo ispirandosi a lui nel film Travolti da un insolito destino: «Per divertimento. Certo vado in giro, parlo, frequento: ma mica sei comunista soltanto in sezione, io il pei lo sostengo dovunque, anche nei salotti». Polemizza contro la campagna di solidarietà con Petra Krause e non ne è affatto pentito neppure ora che il tribunale l'ha dichiarata innocente: «Dal punto di vista umano mi fa piacere che non stia in galera, ma è indubbio che la sua storia sia uno dei tanti piccoli rivoli che hanno alimentato o prodotto la lotta armata». Accusa Dario Fo, insieme con gli altri firmatari d'un appello a favore di Irmgard Schoeller, detenuta nel carcere di Stammheim, di appoggiare indirettamente i terroristi; e Fo lo controaccusa d'essere lui il terrorista, di sparare sempre e soltanto su chi denuncia i soprusi del potere. Strepita nel Transatlantico di Montecitorio che per combattere il terrorismo l'unica è eliminare i terroristi Propone la trasmissione di "Tribuna politica" su entrambe le reti televisive contemporaneamente, cosi da imporla ai telespettatori: «Era un rimedio estremo all'estremo male. Perché quando a Tribuna politica parlano alcuni, sull'altro canale mettono uno spettacolo divertente, mentre quando parlano altri mettono una pizza: e allora il gioco è sleale». Protesta perché il pei gli vieta di candidarsi consigliere e magari presidente della Biennale di Venezia: e sì che un tempo Mino Maccari aveva scritto il distico «Antonel¬ lasdgnnmGam«tlprtevlvl lo Trombadori / è insensibile agli onori». Cos'è, vanità, esibizionismo, protagonismo? «Ho la deformazione professionale giornalistica». A fare il giornalista cominciò da ragazzo nel 1936-'37 al quotidiano romano n Tevere: collega di Giorgio Almirante die vi era arrivato «per via fascista», mentre lui era stato assunto «per via siciliana» dal direttore siciliano Telesio Interlandi amico di suo padre, il pittore Francesco Trombadori: «Anche Vitaliano Brancata stava 11 per via siciliana, era redattore. Io gli ritagliavo e incollavo le notizie dell'Agenzia Stefani, e lui faceva i titoli sulle "monache violentate dai rossi sanguinari" nella guerra di Spagna». Da ex collega, ai giornalisti parla dunque volentieri: «E se quando io parlo loro scrìvono, non è colpa mia». Ancora oggi si rimprovera di non aver scelto: «Cosi non sono stato un politico, né un uomo di cultura». Nel 1977 ha pubblicato un piccolo libro di poesie d'amore, tra poco pubblicherà una raccolta di sonetti romaneschi: «Moro, Doracelo, nun ze la perdeva / Cercava solo de scanzà la morte / E echi Jje po' ddàttorto, porca Eva?»; «Papa Montini era tutto de drento / Jje brillaveno l'occhi ne lo scuro / E pareva arrotato in der tormento»; «Doppo der Belli Pasolini è er forte / Quell'antri stanno tutti a mezz'altezza». Li ha dedicati alla moglie Fulvia. Come altri dirigenti comunisti che da vecchi hanno cominciato a dire tutto quello che davvero gli passava per la testa, il suo diritto alla parola Trombadori ha preso a esercitarlo tardi: «Ho sentito di poter usare con più naturalezza della mia libertà d'opinione da quando ho minori impegni di responsabilità nell'apparato centrale del partito». Dopo il comando partigiano, nel pei ha lavorato sino al 1954 con Pietro Secchia, occupandosi anche delle questioni militari e d'ordine pubblico: «Che 11 pei avesse allo¬ ra un braccio armato, un esercito privato, è una nefanda menzogna, una mascalzonata. Magari c'era gente che progetti simili li aveva In mente, magari c'erano gruppi che potevano coltivarli per conto loro, magari collegati a un dirìgente,, non lo escludo. Ma il partito, mai». Intanto scriveva di critica d'arte, poi è stato vice responsabile della commissione propaganda e di quella culturale, inviato speciale dell'Unità, direttore del Contemporaneo. Dal 1968 è deputato. Verrà rieletto? «No. Tre legiilature sono quasi oltre la norma». Una punizione? Dal pei è stato spesso smentito o contraddetto pubblicamente, tuttavia: «Penso si concentrino su di me risèrve rivolte a ben altro, e anche quei compagni che mi danno torto non credo siano del tutto convinti: a infastidirli, più che le mie idee, è il mio stile. Ma uno deve essere comunista nello stesso modo in cui è uomo: che, dovrei parlare come Galloni?». Non si ritiene disobbediente: «Credo anzi d'essere un comunista privo di spirito di dissidenza. Quando Berlinguer ha definito il pei un partito "conservatore e rivoluzionario", io ho passato una bellissima giornata. Studiamo, vediamo cosa abbiamo da conservare: anche il negro dell'Uganda ha certi valori che non possono essere distrutti». Questa certezza anima i suoi interventi dice Antonello Trombadori insieme con «la lotta per lo Stato democratico, che considero un bene e una conquista irrinunciabile: non idolatro la legalità, ma so che al fascismo s'arrivò anche per errori e debolezze gravi della sinistra, per la sua incapacità a capire che l'estremismo portava allo sfascio». Adesso gli sembra che molti e la realtà, diano ragione a quanto ha per anni sostenuto: «Non ne provo nessuna soddisfazione. Provo angoscia, e persino paura». Lietta Tornabuoni ili L'on. Antonello Trombadori: «Vado in giro, parlo, frequento»

Luoghi citati: Cambogia, Isola Del Giglio, Roma, Spagna, Venezia