Lo Stato inventato tra i cavernicoli di Carlo Cassola

Lo Stato inventato tra i cavernicoli ANTIMILITARISMO E ANARCHIA Lo Stato inventato tra i cavernicoli Sono sempre stato un antimilitarista e un libertario, e questo m'induce a domandarmi se condivido l'ideologia anarchica, vale a dire l'espressione più conseguente della mentalità libertaria. Se l'ideologia anarchica consiste nel ritenere lo Stato responsabile di tutti i guai, io non sono certamente un anarchico, perché ritengo che lo Stato sia un'emanazione del militarismo e non viceversa; ma se il fondo ultimo dell'anarchismo è la convinzione che il fine della politica sia il bene dell'individuo e non qualche altra cosa, per esempio il bene di una nazione 0 di una classe: allora non ho nessuna difficoltà a dirmi anarchico, come non ho mai avuto nessuna difficoltà a dirmi illuminista. Non ho mai avuto nessuna difficoltà a dirmi illuminista per la mia vecchia avversione allo storicismo. Che è davvero il contrario dell'illuminismo, in quanto vede nella politica l'affermazione, non già dell'individuo, ma del corpo sociale. Questo corpo sociale è visto differentemente dagli storicisti di destra (Hegel, Croce) e da quelli di sinistra (Marx, Antonio Labriola, Gramsci): per i primi è la nazione, per i secondi la classe. In termini classisti, si può dire che i primi sono per la borghesia, i secondi per il proletariato. Primo quesito: il marxismo è davvero storicista? Non ha avuto per caso due padri, l'illuminismo e lo storicismo? Cosa sarebbe accaduto se il naso di Cleopatra non si fosse intromesso, cioè, nella fattispecie, se Engels fosse morto prima di Marx? Giacché è stato Engels ad accreditare la versione che Marx fosse solo un hegeliano capovolto. Questa versione non conquistò le masse che, illuministe d'istinto, non hanno mai capito lo storicismo; ma conquistò gl'intellettuali destinati a fare la fortuna del marxismo. Le cose comunque sono andate così e non altrimenti (una volta tanto vogliamo fare gli storicisti anche noi). Il secolo ventesimo ci ha regalato prima il marxismo nella versione storicista, poi il marxismo al potere secondo Lenin e Trotzkij, finalmente il marxismo al potere secondo Stalin. Con il che il marxismo è sembrato prendere 1 suoi lineamenti definitivi, quelli di una spietata dittatura personale. Lasciamo perdere il marxismo, che per il momento non c'interessa, e torniamo all'anarchia. Perché io rigetto l'idea che il militarismo sia un prò dotto dello Stato? e sostengo invece il contrario, che lo Stato è un prodotto del militarismo? Non lo faccio per una ragione pratica, perché la lotta allo Stato sottrarrebbe energie alla lotta al militarismo. Che è sì una struttura statale, ma di un genere particolare: mentre le altre strutture statali funzionano appena costituite, essendo tutte dirette ad assicurare «l'ordine» interno, il dispositi vo militare funziona solo se un nemico si affaccia alla fronde ra. Ipotesi che per lo meno noi italiani dovremmo ritenere po co probabile: in cento anni e più di vita unitaria, non siamo stati aggrediti da nessuno (nel '43 fummo aggrediti dai tedeschi, ma perché prima ne era vamo stati alleati e complici nelle aggressioni). Lo taccio per una ragione teorica: perché convinto che sia questa la verità. E credo sia stata la verità fin dall'inizio. Com'è sorto infatti lo Stato? Non popò addurre prove al ri guardo, ma ho l'impressione che Hobbes abbia dato una spiegazione molto più convincente di quella di Rousseau Lo Sato è sorto per mettere fine al bellum omnium contro omnes. Giacché la natura non è affatto un idillio: al contrario, in natura vige il principio della sopraffazione reciproca in nome della difesa o del principio di autoconservazione. Ogni essere tende a conservarsi in vita e quindi a difendersi dagli altri che gliene insidiano la possibi liti La legge della giungla, il diritto del più forte, come li abbiamo ribattezzati noi uomini (lo stesso concetto di natura è una creazione nostra) regnano sovrani in natura. E' facile capire da cosa avesse origine il bellum omnium contra omnes: dalla diffidenza reciproca, cioè, dall'esigenza della difesa. Ogni uomo vedeva in un altro uomo chi avrebbe potuto ammazzarlo, si vedeva quindi costretto ad ammazzare lui per primo (non c'era lo «sparare per primo» solo perché a quel tempo non c'erano le armi da fuoco: gli uomini dovevano arrangiarsi coi bastoni e le pietre). S'intende che questo era di danno a tutti: per cui a poco a poco si fece strada l'idea che le famiglie dovessero smettere di farsi la guerra. S formarono così i primi aggre ggptmcensfnpdltonp"lscp"cSmmsssgodc gati sociali. Si vide poi come gli uomini moltiplicassero le proprie forze cooperando militarmente tra loro. L'origine militare dello Stato mi sembra comunque indubbia: anche se è difficile considerare un esercito quella massa di cavernicoli senza uniforme, armati solo di bastoni e di pietre. Certo, per il periodo della formazione dello Stato mancano i documenti: dobbiamo procedere a tentoni, per via d'ipotesi. Ma se questo Stato lo prendiamo più avanti nel tempo, quando si sia fatto le ossa, in modo che i documenti non manchino; se esaminiamo per esempio Roma prima del"espansione oltremare: allora la verità del nostro asserto sembra indubitabile. I corintia centuriata sono infatti al tempo stesso l'esercito in armi e "organo sovrano, l'assemblea che approva le leggi dello Stato. Sono lo strumento della dominazione di classe, dirà un marxista. Certamente: in epoca storica lo Stato si presenta sempre diviso in sfruttatori e sfruttati. Ma questa è un'esigenza militare: nell'esercito infatti pochi comandano e molti obbediscono. Il settore civile dev'essere strutturato nello stesso modo. Il militarismo non va inteso come la tendenza all'espansione propria solo di alcuni Stati, ma come una tendenza propria di ogni Stato, dovuta al fatto che si è costituito perché cooperassero militarmente tra loro gruppi che in passato si facevano la guerra. In base a questo, che è il concetto giusto, è militarista tanto Sparta che Atene, tanto la terza repubblica francese quanto la- Germania guglielmina o hitleriana, tanto "Italia fascista quanto la monarchia liberale o la repubblica democratica. Lo Stato forte è un'indubbia esigenza militare. Lo dimostra quello che è avvenuto durante la prima guerra mondiale, quando ogni Stato belligerante, anche il più liberale, ha dovuto comprimere le libertà e accentrare gli sforzi, perché l'accentramento e l'uniformità erano dovuti alla necessità di produrre il massimo sforzo militare. Il fascismo è nato da quest'esigenza, anzi, è stato quest'esigenza. Va subito fuori strada chi osserva che il fascismo è sorto per difendere gl'interessi degli agrari padani. Il fascismo era nato prima. Lo aveva prodotto la partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale. S'intende che dopo è diventato il difensore dell'ordine sociale esistente. Il fatto è che solo gli sfruttatori erano pronti a dargli una mano, e il fascismo aveva fretta di compiere la sua rivoluzione nazionale prima della rivoluzione sociale, che era la sola cosa che premesse agli sfruttati. Ecco perché costoro furono bollati come antinazionali, e il fascismo reclutò i suoi adepti nella piccola borghesia, cioè nella classe che aveva partecipato con entusiasmo alla guerra. Subito dopo l'avvento del periodo badogliano, un fascista ebbe a dirmi che per lui non era avvenuto cambiamento alcuno, in quanto egli era stato sempre favorevole a uno Stato forte: e quale Stato più forte di quello presieduto da un militare? In pratica quel fascista aveva torto, ma in teoria aveva ragione. Croce e Togliatti invece gli avrebbero dato torto anche da un punto di vista teorico. Giacché erano in disaccordo sul terreno politico, ma su quello culturale concordavano. Erano entrambi storicisti, cioè dell'idea che la politica debba fare gl'interessi dei corpi sociali, non degl'individui. L'essenza del fascismo era il militarismo ma questo sarebbe stato respinto con orrore tanto da Croce quanto da Togliatti. Nel '44 in Italia si ripetè il dilemma del '36 in Spagna: guerra o rivoluzione? Gli anarchici sostenevano che le due cose non erano affatto in contrasto, anzi, che la guerra antifascista esigeva la rivoluzione antifascista. Con apparente buonsenso invece i comunisti sostenevano che una scelta s'imponeva, e che non si poteva scegliere che la guerra. Poiché gli anarchici si ostinavano a sostenere il contrario, i comunisti risolsero la questione alla loro maniera, cioè con misure amministrative (eufemismo per dire che misero per sempre a tacere gli avversari). Se non nel '44, nel '45 o nel '46 si sarebbe dovuta fare la rivoluzione, o la parte più importante della rivoluzione, cioè quella delle strutture politiche e amministrative. E la rivoluzione l'avrebbero potuta fare davvero i Costituenti se avessero capito che il fascismo era, nella sua essenza, militarismo. I comunisti vi vollero vedere invece solo un'ideologia borghese. I liberali dal canto loro negavano che si potessero identificare borghesia e fascismo (la stessa monarchia, da ultimo, s'era comportata bene, e Croce voleva salvare anche quella. Egli voleva salvare tutto ciò che gli sembrava puntellare la borghesia e garantire il passato. Un fascismo senza Mussolini, si può dire che fosse questo l'ideale di Croce come di Giannini e di tanti altri; ma il comunismo di Gramsci e Togliatti cos'era, se non un fascismo senza il potere economico della borghesia?). Agli anarchici quindi dico: la rivoluzione antifascista non fallì perché i Costituenti diventarono i servitori dello Stato; ma perché si lasciarono conquistare dal militarismo. E' quindi questo, non lo Stato, che dobbiamo combattere se vogliamo riparare al male che trenta e più anni fa fecero, all'Italia e al mondo, i Costituenti. Carlo Cassola

Luoghi citati: Atene, Germania, Italia, Roma, Spagna