L'Islam avanza e resiste a Marx

L'Islam avanza e resiste a Marx L'Islam avanza e resiste a Marx Non credo in una scienza del futuro; neppure chi nega il libero arbitrio dell'uomo, neppure chi si nutre di un determinismo assoluto, può escludere che la morte o la malattia di un capo, o un disastro tellurico mutino a un certo momento quello che appariva il corso della storia. Ogni giorno tanto nella vita individuale che nella collettiva vi è un ventaglio, più o meno largo, di possibilità di scelte; lo ricorda nelle sue pagine introduttive il bel libro di Domenico Settembrini Fascismo controrivoluzione imperfetta. Tutto è effetto di una scelta, con più larghe possibilità nella vita collettiva che nella individuale. Da ciò la mente è anche tratta a quel puro gioco delle storie immaginarie: che sarebbe avvenuto se a quel momento Cesare non avesse passato il Rubicone, Napoleone non dichiarato guerra alla Russia. E con maggiore attrazione si tenta di indovinare il futuro; che per il politico non è poi gioco, ma calcolo di probabilità su cui fondare la sua azione. E non si guarda al futpro lontano, ma a quello più vicino, di fronte a cui il ventaglio delle possibilità è più ristretto. Penso spesso alla Russia, a ciò che sarà nei suoi prossimi cinquant'anni. In quelli passati, in particolare negli ultimi trenta, sul terreno della corsa alla potenza, al rinsaldamento, cammino trionfale. Il primato negli armamenti, le sue navi in tutti i mari, la solidità dell'assetto politico (gli intellettuali malcontenti, i grandi concertisti e persino i campioni sportivi che andati a mostrare all'estero la superiorità della madre Russia anche in questi ambiti, chiedono poi un rifugio politico, non contano; anche ad astrarre dai fedeli del sistema per convinzione, la grande massa del popolo neppure pensa che possa instaurarsi un assetto diverso, probabilmente ignora persino l'esistenza dei dissidenti). Partiti politici comunisti considerevoli in tutti i Paesi dell'Occidente, che possono in qualche momento recalcitrare, ma a parole; anche dopo lo choc nell'invasione della Cecoslovacchia, deplorazioni verbali, ma poi al primo fischio di richiamo, tutti accorsero a Mo sca: non solo pungolati dall'ul trasinistra, ma dalla massa de gl'iscritti, che forse non confida più nel benessere che il regime comunista porterebbe ma è accesa da una rabbia sempre ben nutrita contro quanto sa di «padrone» e crede di poter conciliare il comunismo con la vera aspirazione che è nel suo profondo, almeno in molti Paesi dell'Occidente, l'a narchismo. Fin qui il sistema sovietico è il solo che abbia approfittato di tutto il poco che la storia può insegnare. Il plenum che ha destituito Kruscev mi ricorda il Consiglio dei Dieci che depone o giustizia il doge divenuto sgradito; il patto di Varsavia, il comportamento di Roma con gli Stati del Medio Oriente: indipendenza formale, alleanze, ma soggezione completa ai voleri di Roma; che attinge quando occorre alle loro risorse economiche; la polizia onnipotente, il processo inquisitorio, l'obbligo delle delazioni, ai giudici sottomessi al jjoiere politico, tutto tratto dalla storia dell'Occidente quale fu per secoli. C'è però un assillo. Non è possibile erigere una muraglia, ignorare ciò che avviene al di là; ad un certo grado di potenza si aspira al dominio del mondo; potrebbe un giorno manifestarsi qualche pericolo da ciò che il popolo russo sappia quanto migliori sono le condizioni di vita nei Paesi dove c'è ancora il capitalismo, dove c'è la libertà. E fuori dei confini c'è un'insidia non troppo facile a sventare: le religioni, che non solo contravvengono a quel materialismo che può ben dirsi la religione di Stato, ma che talora contengono degli imperativi pericolosi, il concetto di un giusto, di una ricerca libera della verità, che non sia quella dello Stato; peggio, la minaccia di una sopravvivenza, dove si abbiano a rendere i conti di quanto si è operato. Queste religioni presentano pericoli diversi, alcune possono persino venire utilizzate, come il patriarcato russo ortodosso. Nulla da temere dagli ebrei, che non fanno proselitismo, che non desiderano che vivere a sé, o emigrare, perseguitati solo in omaggio a quella vecchia regola di governo, che è sempre bene tenere pronto un capro espiatorio, un gruppo individuabile, su cui il popolo possa sfogare il suo desiderio di trovare responsabili per ogni male, la sua carica di crudeltà. Il cattolicesimo è pericoloso, ma tuttavia non alimenterà delle rivolte; neppure nei due Paesi vassalli in cui è ancora vi vo, Polonia e Ungheria, dà se rio fastidio. Rispetto alle religioni dell'Estremo Oriente, si può comportarsi con loro come Roma con gli Stati sottomessi o vassalli, lasciarle vivere; non hanno in Occidente forza di proselitismo; le vacche sacre dell'India non sono un pericolo. Certe differenziazioni possono anche essere utili, a impedire una fusione così completa dei Paesi comunisti che potesse poi portare a introdurre negli organi supremi dell'Unione' Sovietica membri estranei alla tradizione zarista. Ma c'è quel grosso blocco che è l'islamismo, con il suo proselitismo, le sue conquiste nell'Africa Nera, e la sua compattezza; con le sue ricchezze fin qui non sfruttate, la sua coscienza di essere qualcosa di unitario, qualcosa con una latente potenza di cui gli diede coscienza, in quel grande suicidio dell'Europa che fu la prima guerra mondiale, l'opera degli alleati, che si condensa nel mito di Lawrence d'Arabia. L'Europa aveva pressoché dimenticato l'Islam da quando l'Ungheria si era del tutto liberata dalla dominazione turca; 10 ritrova a distanza di tre secoli ricchissimo, con uno sviluppo che gli permette di utilizzare ogni ricerca tecnica, di fabbricarsi le armi più valide, in condizioni molto più propizie del cristianesimo per conquistare l'Africa Nera. ★ * L'ultimo numero della rivista edita a Berna Conscie/ice et liberté è in gran parte formato da interviste, dichiarazioni, di personalità del mondo islamico. «L'Islam è pressappoco lo stesso dovunque; ha fondamenti identici, aspira al medesimo scopo... è una religione globale che abbraccia così la vita spirituale che quella temporale dell'uomo; non si può parlare da noi di laicità, perché l'Islam risponde a tutti i problemi che assillano l'uomo, si tratti della sua anima o della sua esistenza quotidiana», dice 11 ministro marocchino Ramzi. L'Islam avanza nell'Africa Nera, scrive Amar Samb, direttore dell'Istituto fondamentale dell'Africa Nera; esso attacca ogni aspetto, trasforma radicalmente le strutture sociali, i sistemi economici, le concezioni del diritto, del tempo, della morale, della cultura; persino i nomi propri s'islamizzano sempre più. Non è lecito abbandonare l'Islam, perché il mussulmano possiede una dignità su periore a quella del credente di ogni altra religione; anche quelli che non seguono fedelmente i precetti dell'Islam sono tuttavia mussulmani, afferma il dr. Naja, vicedirettore della Università egiziana di Al Azhar. Il mussulmano deve far conoscere la sua religione a chi non vi appartiene; se un uomo rifiuta di sottomettersi ad Allah sarà ipso facto asservito Satana; chi cerca un'altra religione fuori dell'Islam, nell'ai di là sarà tra i perdenti, dice il dr. Syed Aziz Pasha, segretario generale della Unione delle organizzazioni mussulmane in Gran Bretagna ed Irlanda. Un europeo, credente o scet tico, non ha facilmente modo di sentire quale sia il legame che stringe tutti i mussulmani (come tutti gli ebrei, ma questi non fanno proselitismo, anzi mal volentieri accettano con- versioni), un legame che non è distrutto neppure dalla perdita della fede in Dio, perché lascia che si consideri sempre come più prossimo quegli che appartiene al medesimo mondo, islamico o ebraico, perché si ha il medesimo abito mentale, medesime repulsioni e predilezioni, fin nelle cose più umili come i cibi. Ora quando si pensa ai rapporti tra Russia e Islam, si apre sempre il ventaglio di possibilità cui accennavo: questa unità islamica non si consolida sul terreno politico, dove riprendono le vecchie rivalità, sicché non sorge una gara di potenza tra Russia e Islam, analoga a quella delineatasi tra Russia e Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Oppure si ha tra Russia e Islam un'intesa militare e economica diretta eminentemente contro l'Occidente. America e Europa non co-, munista, dividendosi il dominio dei mari e dei commerci, e con un comune disinteresse per l'Estremo Oriente, ma nessuno dei due cerca di corrodere le basi ideologiche dell'altro. Più improbabile, una ripresa da parte del mondo islamico di riconquiste nell'Europa mediterranea (gli ampi acquisti di terre che si vuole Gheddaf i abbia fatto a Pantelleria, la Carta di Malta, la minaccia che questa sia sorretta economicamente, e non certo senza un qualche compenso, dall'Islam): per accennare soltanto alle possibilità che prime si profilano; ma le combinazioni possono essere infinite. Quel che sembra più improbabile è che nell'arco del prossimo trentennio — inutile guardare più in là — il mondo sovietico possa deflettere dalla dottrina filosofica che ne è alla base, in particolare dal suo ateismo, che mi pare costituisca elemento essenziale della sua ossatura, possa dare libertà a un pluralismo filosofico nell'insegnamento; e che si arresti l'avanzata dell'Islam nell'Africa Nera, sia pure con concessioni ai costumi, alle religioni animistiche tradizionali, non troppo diverse da quelle che deve pur fare l'azione missionaria cristiana. Per ciò che tocca l'Occidente cui apparteniamo sembra dunque che le posizioni ideologiche democratiche e liberali, la difesa dell'uomo individuo contro l'uomo semplice elemento di una collettività che deve essere uniforme nel pensiero, non abbiano a subire mutamenti; che non sia a sperare che fosse pure un'alleanza o un più profondo legame tra una Federazione, anche non formale, tra i popoli dell'Islam, in cui l'elemento religioso sarebbe il cemento, e la Russia, abbia a portare alcuna attenuazione al no opposto dalla dottrina e dalla pratica sovietica a quanto è religione: fenomeno non nuovo di alleanze tra Stati fondati su presupposti ideologici diversi: a non ricordare il remoto precedente dell'effimera alleanza tra Francesco I di Francia e Barbarossa, il grande pirata, resta la lunga alleanza tra la Russia di Alessandro III e Nicola II con la Repubblica francese. Ma l'esperienza mostra che queste alleanze di Sta ti senza partecipazione di po poli non hanno una solidità: la Triplice non resse alla prova del 1914. A. C. .1 emolo

Persone citate: Barbarossa, Domenico Settembrini, Francesco I, Kruscev, Lawrence D'arabia, Marx, Ramzi, Rubicone, Samb, Syed Aziz Pasha