Ad Ottana ora si ricomincia a sperare dopo le tante promesse non mantenute di Remo Lugli

Ad Ottana ora si ricomincia a sperare dopo le tante promesse non mantenute Ad Ottana ora si ricomincia a sperare dopo le tante promesse non mantenute La guerra tra i colossi pubblici e privati ha sinora lasciato in Sardegna soltanto delusioni Centinaia di miliardi bruciati in progetti senza prospettiva e che sono rimasti incompleti DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE OTTANA — Un barlume di speranza, in un clima, quello del lavoro, angoscioso (angoscioso non solo qui a Ottana). Fino a due giorni fa l'Anic minacciava la fermata in tutto il complesso, sia alla Fibra del Tirso, sia alla Chimica del Tirso, se la Montedison, l'altra comproprietaria al 50% delle due aziende, non si decideva a provvedere al rifornimento delle materie prime che stavano finendo. Con la riunione governativa di ieri l'altro sono giunte due promesse: quella degli aiuti per il sostentamento indispensabile, più urgente, e quella di mettere chiarezza nell'assetto finanziario della azienda. Dice Salvatore Nioi, segretario provinciale della Cgil: «Anic, statale, e Montedison, privata, concorrenti nel campo della chimica e qui a Ottana comproprietarie, si fanno guerra a scapito dell'azienda. Bisogna arrivare a una maggioranza di una delle due, in modo che qualcuno possa prendere delle decisioni, altrimenti avremo sempre una situazione stagnante». Guardiamo alcuni motivi dell'angoscia. A Cagliari la Rumianca Sud è ferma da un mese, occupata dal 29 dicembre, 1100 dei 1480 dipendenti sono in cassa integrazione, più 600 delle imprese di manutenzione. Ieri mattina sono andati in massa a fare una dimostrazione davanti al palazzo della Regione. A Porto Torres (Sassari), i cinquemila dipendenti della Sir trepidano per il pericolo della fermata perché le scorte di materie prime sono agli sgoccioli, bastano fino a domani. Nell'ambito sassarese sono in cassa integrazione, ormai da un anno, i tremila operai che stavano costruendo nuovi impianti, sospesi poi con il sopraggiungere della crisi. Dove sono finiti gli entusiasmi della fine Anni Sessanta e inizio Anni Settanta, quando si parlava di rinascita della Sardegna e la progettata industrializzazione riempiva con il suo nome le bocche dei suoi fautori e con il suo miraggio gli orizzonti agropastorali? A Ottana, sì, sono sorte altissime ciminiere, luccicano da lontano le condotte aeree degli stabilimenti chimici, ma altri impianti non sono finiti è, in abbandono, già assumono la patina del vecchio, dell'inutile. Erano programmati, in quest'area, 7500posti di lavoro tra Chimica e Fibra del Tirso, Metallurgica del Tirso e Sartex. La Sartex non è nemmeno nata, la Chimica e la Fibra ne hanno 2500 al posto di 4500, la Metallurgica ne ha 500 contro 750. La Siron di Rovelli doveva aprire fabbriche per altri 5000 posti in parte a Ottana e in parte in altre località della provincia di Nuoro, a Isili e a Sologo. Si sono iniziate le costruzioni e poi ci si è fermati. S'è visto come sono in difficoltà i grossi complessi, ma non solo essi. Se esaminiamo l(i situazione nella provincia di Nuoro troviamo questi dati: settore metalmeccanico: su quindici aziende, otto ricorrono alla cassa integrazione per 750 dipendenti; miniere: su sei, quattro sono in crisi, con 248 dipendenti; tessili: tre su quattro aziende sono in difficoltà con 350 dipendenti in cassa integrazione; alimentari: due aziende in crisi su sei, con 220 dipendenti. E va aggiunto che nel 78 600 dei 2500 dipendenti della chimica di Ottana sono stati in cassa integrazione per sei mesi. Si stanno pagando gli errori (ma chi paga sono i lavoratori) di impostazioni assurde, di guerre sotterranee tra colossi. Rovelli era stato il primo ad avviare i programmi per uno stabilimento di chimica ad Ottana e subito le Partecipazioni statali.con l'Anic, s'erano precipitate per occupare un loro spazio e la Montedison, con la Montefibre, aveva insistito per inserirsi nella combinazione assieme all'Anic, al 50%. C'è chi sospetta in questa corsa un modo per destabilizzare la concorrenza: i due contro Rovelli, che infatti non è riuscito nemmeno a finire gli impianti; e Montedison, privata, contro la statale Anic (a quel tempo la Montedison stava creando un altro suo stabilimento ad Acerra, in provincia di Napoli). Promettevano posti di lavoro e per costruire intascavano miliardi: la Fibra e la Chimica del Tirso hanno ottenuto finanziamenti per 182,6 miliardi a tassi agevolati e 49,5 miliardi di contributi a fondo perduto; la Metallurgica del Tirso aveva programmato investimenti per 14,2 miliardi, ne ha realizzati 8,9, di cui 32 avuti a fondo perduto. Dice Nioi: «Quegli investimenti nel settore delle fibre avrebbero dovuto portare ad una produzione complessiva nazionale di un milione di tonnellate all'anno, mentre le capacità di assorbimento del mercato sono previste attorno alle 600 mila tonnellate». Ora, come s'è visto, c'è aria di rinuncia, di abbandono. «Ma perché minacciano la chiusura? — si chiede l'avv. Virgilio Mascia, direttore del consorzio industriale . — Se c'è da tagliare qualcosa nel settore delle fibre si dovrà tagliarlo in stabilimenti obsoleti, a Porto Marghera, ad esempio, che è certamente più obsoleto di Ottana; e là ci sono alternative di lavoro che qui non esistono. Perdite di posti di lavoro a Ottana, Cagliari, Porto Torres possono significare un aumento pericoloso dei sequestri, delle ra-, pine, delle aggressioni per strada. Ricordiamoci delle conclusioni cui era arrivata, dopo la sua indagine, la Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni di criminalità in Sardegna, nel marzo '72: riteneva che la trasformazione allora già in corso nella società sarda avrebbe finito coll'estirpare le radici del banditismo tradizionale. Purtroppo quello slancio innovatore s'è fermato presto». Remo Lugli