Lo giuro, forse non fumerò più

Lo giuro, forse non fumerò più UN UOMO E IL SUO VECCHIO VELENO Lo giuro, forse non fumerò più Sto cercando di smettere di fumare. Sembrerà cretino, e in effetti lo è. Ma uno che è impegnato a smettere di fumare dopo avere fumato per quarantasette anni (ho cominciato che ne avevo tredici, adesso ne ho sessanta) non può occuparsi d'altro. Non può. Non può. Per certa gente, e io sono di quelli, il bisogno di fumare è così esclusivo da non lasciare spazio ad altri interessi, è così prepotente da sconfiggere non solo il più elementare buonsenso ma lo stesso istinto di conservazione. E' più forte della volontà, più della paura di morire. La volontà. Dire che basta la volontà è facile. Ma non è vero, la volontà non basta. Il bisogno di fumare è furbo. Appena si sente messo in discussione fa scattare mille trappole, una più subdola dell'altra, escogita mille trucchi raffinatissimi, inventa mille scuse ingegnose per sopravvivere. Il bisogno di fumare non ha scrupoli né pudori. Suggerisce i compromessi più sordidi, le transazioni più vergognose, i più vili patteggiamenti con la coscienza: ed è sicuro che, nove volte su dieci, saranno accettati con gratitudine. Per rimandare di una settimana, di un giorno, di un'ora il distacco dalla sigaretta, la vittima di questo infame bisogno è pronta a tutto, a tutto disponibile. Viene a patti, ignobili patti, con sé e con gli altri. Dal momento in cui, con falsa virtù, ha deciso di non mettere più piede dal tabaccaio, il fumatore diventa un altro. Il dottor Jekyll si trasforma nel signor Hyde. Limitatamente, per fortuna, al campo del tabacco diventa un'altra persona. Una persona che mente, mendica, ruba. «Oggi non ne ho fumato neanche una», giura alla moglie che per aiutarlo a liberarsi deve far la parte, secondo i momenti, dell'aguzzina o della bambinaia. Ma non è vero. Ha fumato le quattro sigarette che ha sottratto al pacchetto lasciato incustodito dalla figlia fumatrice o ha piatito all'amico in visita implorandone abiettamente la complicità: «Non dire niente a mia moglie». E più abiettamente ancora ha nascosto le cicche ripromettendosi di trasformarle il giorno dopo in una sigaretta confezionata con la velina strappata alla pagina di un libro d'arte o utilizzando la carta sottile che avvolge le bottiglie o quella azzurrina che fodera l'interno delle buste. Io l'ho fatto parecchie volte in questi sei mesi, lo faccio e lo farò ancora. Perché sto ancora cercando di smettere di fumare. Mi fanno ridere quelli che dicono che basta la volontà. Nel mio caso, temo, non basta nemmeno la paura. D medico mi ha detto: «Ti stai distruggendo, devi smettere di fumare, devi smettere assolutamente e subito». Mi sono spaventato, per tre giorni ho smesso. Tre giorni infernali. Poi si è avviato il meccanismo dei patteggiamenti. «Ancora una, soltanto una, non sarà quella che mi ammazza, per fissare il giorno preciso, ora e minuto in cui ho smesso di fumare». Poi mi sono ricordato o mi sono inventato, d'aver letto da qualche parte che l'astensione subitanea dal tabacco può provocare danni al sistema nervoso. Un bell'alibi. E così, ma soltanto allo scopo di preservare i nervi, ho deciso di accettare le sigarette che eventualmente mi venissero offerte e con pietosa scaltrezza ho preso a frequentare assiduamente i luoghi dove sapevo che qualcuno mi avrebbe offerto la sigaretta. Col passare dei giorni mi è passata anche un po' la paura. Mi sono convinto e ho convinto i famigliari che il medico, per evitare appunto il trauma psichico, mi aveva concesso due sigarette al giorno, una dopo ciascun pasto. La figlia che fuma avrebbe provveduto al fabbisogno senza che io dovessi disporre di un pacchetto personale. Ed è scattato il nuovo meccanismo perverso delle miserevoli astuzie del fumatore. Intanto, ho pensato, due sigarette al giorno forniscono due cicche, sia pure col filtro. Quattro cicche e un pezzetto di velina consentono di mettere insieme, «torciare» come si dice, una sigaretta. Macilenta, fetente, brutta a vedersi, faticosa da fumare ma pur sempre sigaretta. E poi il pac- chetto in casa c'è. Basta star su con le orecchie e il momento in cui è abbandonato viene sempre. Chi si accorge se manca una sigaretta, due sigarette da un pacchetto semipieno? Altre sigarette, altre cicche, altri giorni di fumo clandestino che allontanano quello tremendo dell'astinenza totale. Ma è un brutto vivere. A ogni astuzia seguono la vergogna e il rimorso. Uno si sente verme. «Che uomo sei?», ci si domanda. «Sei un essere spregevole, il disossato schiavo di un vizio idiota e omicida», risponde il dottor Jekyll, «con che diritto, maledetto ipocrita, giudichi i drogati di piazza Castello? E tu, disgraziato, che cosa sei?». «Sei un uomo che ha voglia di fumare», controbatte il signor Hyde, «e digli di non rompere». «Non fumare e vivrai più a lungo», dice il dottor Jekyll. «Fuma e vivrai più felice», replica il signor Hyde. Ma non è vero che fumando si vive più felici. Dopo ogni sigaretta fumata di nascosto si scatena il conflitto. Per qualche ora o qualche giorno prevale il virtuoso dottor Jekyll. Però il signor Hyde è tutt'altro che battuto. Si lecca le ferite in un angolo remoto della coscienza e alla prima occasione si rifà vivo: viperino, insinuante, irresistibilmente persuasivo. Maledetto. «Cosa vuoi che sia una sigaretta. L'ultima. Poi, domani, smetto per sempre, lo giuro». Questo domani non arriverà mai. Di fumo si muore. Lo so, è certo e provato. Ma si muore anche di noia. Contro la noia, l'unico rimedio sicuro è il lavoro. Ma certi sventurati, io fra quelli, se non. fumano non possono lavorare. E così siamo al punto di prima. Che fare? Per me non c'è scampo, sono condannato. Morirò di noia o morirò di fumo? Morirò di fumo. Eppure si può vivere senza fumare. Basta non cominciare. Smettere è difficile, straziante, forse impossibile. Comunque faticosissimo. Non cominciare è facile, non pone problemi. Non risulta che qualcuno si lagni di non aver cominciato a fumare, nessuno lamenta disturbi per non aver cominciato a fumare. Lo dico ai ragazzi, a quelli che sono ancora in tempo, glielo dico col cuore: non accendete la prima sigaretta, anche soltanto per provare. Non cedete a questa tentazione stupida e assassina. A cinquanta, a sessantanni quando viene il momento di smettere (e fatalmente viene), avrete un po' di salute in più e un motivo di infelicità in meno. Per lasciarmi scrivere questa confessione il signor Hyde mi ha costretto a fumare cinque sigarette. Il dottor Jekyll e mia moglie mi renderanno molto dure le prossime ventiquattr'ore. G|g, Caor8, Manifesto canadese per la campagna contro il fumo

Persone citate: Hyde, Jekyll