Vincoli urbanistici e equo canone grandi imputati del caro-edilizia di Clemente Granata

Vincoli urbanistici e equo canone grandi imputati del caro-edilizia Le case in vendita sempre più rare, anche a prezzi astronomici Vincoli urbanistici e equo canone grandi imputati del caro-edilizia TORINO — «Guardi un po' se la situazione non è paradossale», dice l'ingegner Franco Boggio. presidente del Collegio costruttori della provincia di Torino. E spiega: «Chi non ha i mezzi per acquistare l'alloggio popolare a basso tasso di mutuo deve prendere in affitto un appartamento, ma non trova nulla essendo paralizzato il mercato delle locazioni: chi potrebbe acquistare un alloggio popolare o non ha i requisiti previsti dalla legge o le case popolari non sa dove andare a scovarle poiché ciò che si costruisce non è sufficiente; chi ha un buon reddito e potrebbe comprare la casa al prezzo di libero mercato rimane con le mani vuote perché se tutta l'edilizia è asfittica, quella privata addirittura non esiste». Infatti. Basta dare uno sguardo alle statistiche e ai grafici che Istat, Censis e altri istituti hanno elaborato per rendersi conto del deplorevole stato di salute in cui si trova l'industria del mattone. Lasciamo stare gli Anni Sessanta, quelli del «boom», che furono anche anni di poco raccomandabili speculazioni. Prendiamo il 1970 allorché furono costruite in Italia 380 mila abitazioni. E' trascorso appena un decennio, eppure quel traguardo già può essere considerato mitico. In breve tempo l'attività edilizia registrò un tracollo. Nel 1979 si ebbero soltanto 137 mila nuovi alloggi. Mancano i aati dell'anno appena trascorso, ma tutto induce a credere che sia stata rispettata la previsione degli esperti del eresine, centro di ricerche per il mercato edilizio, i quali avevano pronosticato per il 1980 un calo dell'I,1 per cento rispetto al '79. Secondo le stesse previsioni nel 1981 la discesa, in mancanza di opportuni interventi, dovrebbe essere vertiginosa: 16,7 per cento in meno nei confronti del 1980. Al Centro edile di MilanoSegrate ci mostrano una graduatoria dei Paesi europei, che riguarda le abitazioni iniziate nel 1979 ogni mille abitanti: 8 in Francia: 7,1 in Olanda: 7in Belgio; 6 in Danimarca e Germania Federale; 3,9 in Gran Bretagna; 2,6 in Italia. «Quand le bàtiment va. tout va», dicono saggiamente i nostri vicini d'oltralpe. La vitalità dell'edilizia è un segno della vitalità economica dell'intero Paese. E quel 2,6 per cento, che ci colloca all'ultimo posto nella classifica della Cee, può essere un indizio eloquente delle difficoltà in cui si dibatte la nostra economia. Ma che cosa succede? Per quale motivo l'edilizia è la grande assente nel nostro mercato? I gravi disagi che ne derivano sono noti: sposi promessi costretti a rinviare le nozze poiché non trovano un alloggio, sovraffollamento, appartamenti di pochi metri quadri offerti a peso d'oro. Su tutto, non bisogna dimenticarlo, grava il fenomeno inflattivo, che può vanificare sforzi e rendere difficile l'attuazione dei programmi, considerato anche che essa procede in modo molto lento soprattutto nell'edilizia pubblica. Basti pensare all'incidenza dei costi di costruzione cresciuti in Italia, nel primo trimestre del 1980, del 26.4 per cento nei confronti del '79 (in Gran Bretagna la salita è stata del 24 per cento, in Francia del 14, in Danimarca del 13, in Germania Federale del 6,5). Ma è chiaro che esistono altre situazioni, che riguardano in modo specifico il settore. Limitiamo per ora il discorso all'edilizia privata, le cui rea¬ lizzazioni sia per ciò che riguarda i nuovi fabbricati, sia per ciò die riguarda il recupero del patrimonio esistente si possono misurare con il contagocce. I grandi imputati sono i vincoli urbanistici e la legge dell'equo canone. Dice l'ingegner Boggio: «Gli strumenti urbanistici, e mi riferisco alla legge 10 sui suoli e alla legge 56. precludono ai privati ogni possibilità di operazioni. Adesso c'è la promessa di rivedere quella normativa, ma se ne parla da tempo e non si è fatto ancora nulla. Prendiamo anche il piano regolatore di Torino. Lo sa qual è l'unica valvola di sfogo che concede all'imprenditore privato? La convenzione con l'ente pubblico. Il che è assurdo. Può anche essere giusto che non ci sia libertà assoluta, ma il capitale in genere non si fa convenzionare, non accetta imposizioni di quel tipo. E badi bene che il rigido controllo pubblico mediante il convenzionamento obbligatorio non è previsto né da leggi nazionali né da leggi regionali. Sono imposizioni che scoraggiano il privato. Bisogna dire però che ora l'amministrazione pubblica incomincia a rendersene conto». E' un discorso die sentiamo ripetere a Genova e a Milano. Il professor Luigi Chiara, presidente del Centro edile milanese, afferma: «Per ridurre il fenomeno dell'inurbamento i grandi centri come Milano hanno adottato una rigida pianificazione e limitato le licenze edilizie. Hanno voluto però mantenere intatti all'interno i posti di lavoro. Il che non ha contribuito ad allentare in modo sensibile la pressione della domanda sul mercato edilizio con le conseguenze che si vedono: le case mancano, si restringono gli spazi a disposizione della do| manda solvibile nel settore dell'edilizia media borghese e popolare. In altre parole il prezzo per l'acquisto dell'alloggio sta toccando vertici proibitivi». «Senza contare — rileva ancora Chiara — che le rigide pianificazioni non hanno previsto controlli sufficienti sul cambio delle destinazioni d'uso degli edifici. Cosi si assiste al fenomeno della terziarizzazione selvaggia del centro storico e delle fasce d'urbanizzazione circostanti. I proprietari non adibiscono più i fabbricati ad abitazioni da concede¬ re in affitto, ma ad uffici e negozi». La ragione c'è. L'affitto di un negozio o di un ufficio è più redditizio di quello dell'appartamento. Il che introduce la questione della legge dell'equo canone ritenuta un altro laccio al collo dell'edilizia. Il punto di vista dei costruttori, espresso dall'ingegner Boggio, può essere riassunto cosi: il reddito del 3,85 per cento è indubbiamente basso, ma, tenuto conto delle condizioni generali della nostra economia, può essere giudicato accettabile a patto però che non si continui a legittimare, come in effetti avviene, un ulteriore abbassamento riconoscendo ai fini del ritocco del canone soltanto il 75 per cento dell'indice Istat del costo della vita. •E' un'assurdità — sostiene Boggio — come se lo Stato dicesse al privato: Investi in buoni del tesoro, il primo anno ti dò il 15 per cento, il secondo il 10, il terzo il 5. Lo spirito della legge dell'equo canone dovrebbe consistere nel riportare l'affitto al canone di mercato. Si percorre, invece, la strada opposta. Cosi non si investe più in alloggi destinati all'affitto di abitazioni, si punta agli uffici o alle seconde case. Bisogna cambiare». In sostanza, dicono gli interessati, soltanto l'intervento dei privati può contribuire a risolvere in modo soddisfacente il problema della casa e impedire che l'edilizia precipiti verso la «crescitazero-. Clemente Granata

Persone citate: Boggio, Franco Boggio