Napoli tra terremoto e camorra di Livio Zanotti

Napoli tra terremoto e camorra Ancora tragedie e violenze, miserie e problemi nella città più tormentata d'Italia Napoli tra terremoto e camorra Sempre più pesante il bilancio dei delitti della delinquenza organizzata - Sparatorie, sanguinose vendette, loschi traffici: il racket è diventato un'abitudine - I «boss» si propongono di mettere le mani sui miliardi stanziati per la ricostruzione - Tutti conoscono i capi della «mala», ma nessuno osa parlarne DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — «Non sappiamo se c'entra la camorra, ancora non lo possiamo affermare', dicono in questura. Parlano dei due piccoli imprenditori e del commerciante assassinati a raffiche di mitra la notte di Natale, a Portici, sotto il Vesuvio. La risposta è la stessa anche per il barista trucidato nel suo locale a San Giovanni a Teduccio, sotto gli occhi dei clienti. Sembra certo, invece, che fossero banditi isolati quelli che hanno fatto irruzione nella masseria «Rotondella» ai Camaldoli, sparando contro il padrone di casa con un fucile a canne mozze. Una rapina in grande stile per una manciata di gioielli, ma i delinquenti si sono lasciati dietro un morto. -Forse c'entra la camorra, ma non il terremoto. Qui sparano tutti i giorni, siete voi ad accorgervene adesso*, commenta un brigadiere dei carabinieri. Ci sono le sparatorie, i morti, i feriti, loschi traffici di cui molti sanno qualcosa, ma nessuno ammette di saperne abbastanza: la camorra, tra Napoli e Salerno, occhieggia minacciosa da ogni parte, per subito sottrarsi al minimo segno di curiosità, pronta a nascondersi dietro un'omertà, talvolta frutto di malinteso campanilismo. «C/li sono quei signori?*. Hanno volti che sembrano usciti dai film di Francis Coppola, il regista de «Il padrino» ; fanno una bella tavolata, allegra e devono essere di casa in questo ristorante di Santa Lucia, perché i camerieri li trattano con deferenza e cordialità. «Quali, quelli? E chi li conosce!*, risponde il proprietario, dopo aver rivolto un'occhiata a loro e due a me. «Quelli vanno a tabacco e ad altro ancora...*, mi aveva sussurrato poco prima un suonatore ambulante. «Borsa nera delle bare, due tende militari comprate sotto presso a Forcella, un camion di viveri bloccato da un gruppo di affamati, una rissa per vecchie ruggini, qualche pistola che balena qua e là: voi mettete tutto insieme e ci dipingete come un popolo di camorristi*, mi hanno detto al comune di Nocera Inferiore, per criticare me e tutti i giornalisti, con la nostra superficialità. Capita qualcosa di si¬ mile ai poliziotti e ai carabinieri, che. quando vanno a stringere, gli spariscono i testimoni sotto il naso. E senza prove, si sa, possono fare poco. Ad Angri, nell'agro nocerino-sarnese, spiegano che se la sono vista brutta i giorni im- mediatamente seguenti il terremoto; ora va meglio. Il sindaco è di poche parole, ha chiamato l'opposizione comunista accanto a sè per governare i senzatetto e gira per la città sempre accompagnato. Sostiene, però, che tutto è normale. Finora, almeno, non è successo niente di più di qualche baruffa. Forse è stato decisivo l'intervento del capitano dei carabinieri: quando un trafficante della zona, notissimo, ha cominciato a parlare troppo, l'ufficiale lo ha preso per le orecchie. «Don Ciccio, chiamiamolo così, si è subito dato da fare. Ha costituito un comitato per i soccorsi ai terremotati e pretendeva di ricevere e distribuire viveri, indumenti, denaro. Forse ci sarebbe riuscito, almeno in parte. Perche, insomma, che fa la camorra? Prende il posto delle istituzioni; dove il cittadino non riesce ad arrivare allo Stato, il camorrista fa da mediatore e, come tutti i mediatori, non lo fa gratuitamente. Ma poi Don Ciccio ha esagerato, il terremoto gli ha fatto montare la testa, deve aver pensato che era il suo momento*, mi racconta un assessore. E il capitano aggiunge la sua parte: «Io intervengo quando si prefigurano dei reati. Quando in città ho cominciato a sentir dire die qualcuno voleva andare a sequestra¬ re il prefetto, sebbene potesse intendersi come una smargiassata, ho fatto il mio dovere. Sono andato a fare quattro chiacchiere con chi di dovere e l'ho cantata chiara, ben forte nelle orecchie di chi doveva sentire. Sì, mi pare che abbiano capito*. Angri è scomparsa dalla cronaca nera del terremoto. L'assassinio del sindaco di Pagani, Marcello Torri, ha spostato i riflettori altrove. Di appena qualche chilometro, tuttavia; quasi non c'è soluzione di continuità, infatti, tra gli abitati dei due centri. A Pagani, tutto gravita sul mercato ortofrutticolo, uno dei maggiori d'Europa. E' una bolgia di camion, autovetture, colonne di cassette di insalata, pomodori, uva. carciofi: grida e facce torve dall'alba fino al primo pomeriggio. Non tutti i volti sono ingrugniti, si capisce. Ma l'atmosfera è pesante, e si avverte subito. Il giro di affari supera i venti miliardi la settimana nella stagione buona. In più, ci sono le industrie conserviere, sottoposte al pari dei produttori agricoli ad un feroce taglieggiamento. Secondo alcuni suoi amici. Marcello Torre sarebbe stato ucciso proprio perché aveva messo le mani sul mercato ortofrutticolo. Aveva deciso di inaugurare per le feste il nuovo mercato di Pagani, finito di costruire da oltre un anno. Intendeva affidarne la gestione a un comitato del quale avrebbero fatto parte produttori, sindacati, comune, provincia e regione. Per i padroni del racket sarebbe diventato difficile imporre la loro legge anche sul nuovo organismo. E sempre al mercato bisogna guardare per cercar di capire i motivi della faida aperta nella malavita dopo la morte del sindaco Torre. Di qui. attraverso gente che ricicla nell'edilizia abusiva parte dei milioni ricavati dai sequestri, passa anche un braccio dell'estuario della droga. Tanta violenza e tanti miliardi garantiscono carriere politiche e protezioni sicure. Sono 124 le persone spedite di qui al confino di polizia, decretato nove anni addietro per i mafiosi notori. Ma basta frequentare i caffè vicino al mercato vecchio per sentir parlare di «riunioni importanti», nelle quali la malavita si riorganizza continuamente. Ora vorrebbe mettere le mani sui miliardi della ricostruzione e già si sta muovendo. Passa di bocca in bocca il nome di Raffaele Cutolo, che dal carcere riuscirebbe a tenere in piedi la sua banda e a imporre la sua legge. Dicono che due o tre costruttori del Nocerino lavorino con i soldi di Don Raffaele. Chi sono? I nomi li conoscono tutti e non li pronuncia nessuno. In comune rispondono: «Noi daremo gli appalti secondo l'affidamento dell'impresa; il resto riguarda eventualmente la magistratura. Non vorremmo però che certe voci venissero manovrate ad arte per togliere credibilità e lavoro alle asiende locali». Livio Zanotti Napoli. Ancora sgomberi per l'inagibilità di molte abitazioni nei quartieri spagnoli (Tel.)

Persone citate: Forcella, Francis Coppola, Marcello Torre, Marcello Torri, Nocerino, Raffaele Cutolo