Giolitti: «Agricoltura e dialogo Nord-Sud le grandi sfide dell'Europa degli Anni 80»

Giolitti: «Agricoltura e dialogo Nord-Sud le grandi sfide dell'Europa degli Anni 80» Previsioni, speranze e progetti del commissario italiano a Bruxelles Giolitti: «Agricoltura e dialogo Nord-Sud le grandi sfide dell'Europa degli Anni 80» L'unione politica è una realtà, ma tra Stati e Parlamento Cee ci sono notevoli sfasature - La «questione meridionale», dopo il terremoto, ha aspetti che vanno risolti con «capacità di progettazione» nuove BRUXELLES — Antonio Giolitti si accinge a «servire» l'Italia e l'Europa a Bruxelles per altri quattro anni come membro della Commissione europea. A Giolitti abbiamo chiesto quali sono i problemi che in quattro anni la nuova commissione di Gaston Thorn dovrebbe risolvere con urgenza. Realisticamente, quali progressi, e in quali settori, possiamo attenderci? Il commissario dice: «Quattro problemi in quattro anni: riforma della politica agricola comunitaria; attenuazione degli equilibri strutturali fra Stati e fra regioni; aumento delle risorse finanziarie proprie della Comunità per fare spazio alle politiche strutturali; iniziativa comunitaria per lo sviluppo del dialogo NordSud. Considero quest'ultimo come il problema più importante, quello che decide del nostro futuro. Altri problemi drammatici, come la disoccupazione e l'energia, dipenderanno ancora — nei prossimi quattro anni — più dalle politiche degli Stati che da quelle della Comunità. Credo che si potranno fare progressi in lutti e quattro, non mirabolanti ma significativi. A meno che, per volontà dell'Unione Sovietica, il problema Est-Ovest assuma carattere catastrofico e camelli brutalmente nati gli altri. La Polonia è una specie di spada di Damocle". Ai vecchi problemi regionali italiani si è aggiunto il disastro del terremoto. La politica regionale della Cee, pur validamente attuata da Lei, appare statica. Non si richiedono più analisi, ma risposte. Ce ne indichi qualcuna. «Nel campo della politica regionale comunitaria, un approfondimento di analisi era necessario e lo abbiamo fatto con un rapporto che ho presentato alla Commissione all'inizio di dicembre. E' un contributo per non cadere nella trappola di modelli astraiti, uniformi, ma per arrivare a diagnosi specifiche e a terapie appropriate. La nuova tragica realtà del terremoto nel Mezzogiorno esige una diagnosi accurata del "nuovo problema meridionale", spalancatosi come una immensa voragine, e una terapia efficace alimentata da una concentrazione eccezionale di risorse non solo finanziarie ma anche e soprat- tutto "intellettuali", intendendo con ciò capacità di progettazione, di decisione, di realizzazione, di gestione — che significa anche capacità di comandare i di obbedire, di comandare quando si sappia meritare buon senso e di obbedire quando sia riconosciuta la legittimità del comando. Questo, per l'Italia, è il problema che sta al fondo di tutti i problemi». — L'Europa comunitaria è ferma (come dimostra il rinvio della seconda fase dello Smc). Procede, invece, in maniera soddisfacente la cooperazione politica. Sarà questa una delle chiavi del processo unificante europeo degli Anni 80? «Il rinvio della seconda fase dello Sme mostra che effettivamente la volontà politica degli Stati membri nella Comunità non si muove in direzione del trasferimento di poteri a livello comunitario, presupposto necessario per il passaggio a quella seconda fase. Il Parlamento Europeo, invece, tale volontà la manifesta chiaramente e vigorosamente, a grande maggioranza. Ma allora perché i partiti, che sono in maggioranza a Strasburgo e lo sono anche nei singoli Parlamenti nazionali, non obbligano qui, dove il potere lo hanno, i loro governi a uniformarsi alla volontà delle loro maggioranze quando si ritrovano nei Consigli europei'.' La domanda un po' provocatoria mi sembra pertinente, non soltanto a proposito dello Sme. Tuttavia la cooperazione politica esiste ed è estremamente importarne in rapporto a ciò che ho detto rispondendo alla prima domanda. Al punto in cui siamo, pen¬ so che dovrebbe estendersi anche alla difesa. Ne verrebbe un impulso decisivo al processo di unificazione». — Italia, Irlanda, Grecia, e poi Spagna e Portogallo, debbono proprio rappresentare per la Cee soltanto un elemento suscettibile di solidarietà finanziaria? Non dovrebbero, invece, rappresentare una «riserva di sviluppo» per rutti? Ma come? «La solidarietà verso i Paesi che in gergo comunitario — e con un eufemismo — vengono chiamati "meno prosperi" non può essere soltanto finanziaria, ma deve realizzarsi anche attraverso politiche comuni, organiche e coerenti. Che quei Paesi siano "risemi di sviluppo" è pretendere troppo. D'altra parte lo sviluppo è un'esigenza ma non deve diventare un'ossessione. Il tasso di crescita del prodotto interno lordo non è la misura di tutte le cose. Specie per quei Paesi sono essenziali i problemi di equilibrio, di stabilità, di condizioni sociali, di qualità della vita. Ci si può anche rassegnare a essere meno prosperi: meno civili no». Renato Proni Antonio (ìiolitti

Persone citate: Antonio Giolitti, Gaston Thorn, Giolitti, Renato Proni Antonio