Il popolo della Settimana enigmistica di Giampaolo Dossena

Il popolo della Settimana enigmistica ENTRA NEL MEZZO SECOLO LA RIVISTA DELLE PAROLE INCROCIATE Il popolo della Settimana enigmistica Passata da seimila a oltre un milione di copie, nel suo pubblico si contano celebri intellettuali - In nessun Paese occidentale si pubblica niente di simile - Quiz, rebus, sciarade, indovinelli in endecasillabi e giuochi classici Gli storici non tengono conto di certe date. Cinque anni fa è passato inosservato il cinquantenario delle parole incrociate. Inventate da un giornalista di Liverpool emigrato in Usa, entrarono in Italia l'8 febbraio 1925, sulla Domenica del Corriere. Furono le prime parole incrociate del continente europeo. Segui l'esempio il settimanale Excelsior in Francia, un mese dopo. Ma si era solo all'inizio di una storia molto complessa. Nell'alveo di questa storia batte alle porte un altro anniversario, da non farsi scappare. A gennaio entra nel 50" anno La settimana enigmistica. C'è qualcuno che si domanda cos'è? Non è una rivista che si trovi nelle biblioteche in volumi schedati e ben rilegati; non si trova nemmeno nelle librerie antiquarie qualche annata sciolta. Vedere il primo numero, datato Milano 23 gennaio 1932, non è facile. Fa un'impressione che si prova di rado: si ha l'impressione che sia quello oggi in edicola. Mezzo secolo: e niente è cambiato nella testata, nella prima pagina, nel dosaggio di parole incrociate, di indovinelli classici (rebus, sciarade, ecc.), di vignette umoristiche, di rubriche di aneddoti e curiosità. E' una creatura nata perfetta nella mente di Giorgio Slsini (1901-1972) che l'ha diretta per 41 anni, e che vive immutata al millimetro nelle mani degli eredi. In tanti anni, c'è stato solo un piccolo cambiamento di formato, dal 12 febbraio del 1944, per risparmiare carta; e si son saltati solo un paio di numeri, a cavallo del 25 aprile 1945. Per il resto, la storia d'Italia è andata avanti a scossoni, ma La settimana enigmistica ha continuato a sdipanare i suoi numeri come un filo d'Arianna. Partita con una tiratura di 6000 copie, vende oggi non si sa quanto (non ospitando pubblicità non si assoggetta all'accertamento diffusione). Si dice che da tempo superi il milione di copie settimanali, senza «rese», senza possibilità di trovare arretrati, e che nelle settimane estive sfiori il milione e mezzo. Mancano analisi di mercato. Il «consumatore» di questo prodotto non ha volto. Facile bersaglio per umoristi e psicoanalisti, il lettore della Settimana enigmistica può essere un pensionato o un ragazzo, può essere un sagrestano o il brigatista erotomane del recente romanzo Abitare il vento di Sebastiano Vassalli. Ma la Settimana enigmistica si trova ben in vista nello studio di Carlo Bo, sopra i pacchi dei libri e delle altre riviste. E il filosofo Panfilo Gentile la mandava a prendere a Ostia. AMA I. P.IHOLK CnoCItTK Vedere adi'Interno I triadi concorsi i premio perché a Ostia usciva un giorno prima che a Roma. Chi va all'estero vede che in nessun Paese occidentale si pubblica niente di simile. Le riviste analoghe hanno tirature che sfiorano al massimo le 12 mila copie, per esempio in Francia, e ospitano solo parole incrociate e quiz elementari: niente rebus, niente sciarade, niente indovinelli in versi. Forse l'importanza della Settimana enigmistica è un'importanza letteraria. E' l'ultima isola dove si fanno endecasillabi con gli accenti giusti, dove si fanno le rime più tradizionali, care ormai solo a Giorgio Caproni, dove sopravvive una fetta arcaica del vocabolario. Chi risolve rebus riconosce, e sa nominare, un'erma e un otre. Fuori dalle scuole, l'esercito dei lettori della Settimana enigmistica fanno ancora esercizi di «manipolazione delle parole» di natura nobilmente retorica, fanno ancora giochi classici come il palindromo e la crittografia, e fanno giochi inventati in Italia come il lucchetto, che varcano meridiani, paralleli e millenni per riallacciarsi a giochi cinesi come lo sheh-fu. Quando si parla della «lingua italiana» sarebbe prudente tener conto che un milione di «italòfoni» sono anche «italoenigmisti». vedono nel «tarlo» un «minatore del legno» e in «Crema» la «città dolce». E forse questa «minoranza silenziosa» passa di molto il milione. Nel 1961 la Settimana enigmistica, come dice uno dei suoi slogan, «vantava ben 205 tentativi di imitazione», ma le proliferazioni marginali si sono moltiplicate. Solo nell'estate dell'80 si son viste nascere (e morire) sette testate concorrenti. Ma questa concorrenza serve solo da cassa di risonanza. Non è in corso nessun processo nemmeno per i plagi continui, sfacciati, delle radio e delle televisioni private. «Tutto fa brodo», dicono nella redazione milane¬ se di Piazza Cinque Giornate. «Non sono lettori persi: sono enigmisti acquisiti». I frutti di questa coltivazione intensiva, unica al mondo, semisecolare, potrebbero interessare gli storici. Accanto alla «economia sommersa», non potrà essere questo piccolo settimanale un fattore di stabilità? Ma, per restare alla letteratura e alle cose allegre, non ci sarà sotto anche una consuetudine di giochi di parole più o meno enigmistici se abbiamo oggi in Italia una fioritura di «poesia ludica» come quella di Toti Scialoja e di Giulia Niccolai? Se Italo Calvino scrive versi «lipogrammatici» e Edoardo Sanguine ti scrive sonetti «acrostico-allitterativi»? Giampaolo Dossena ìl primo numero della rivista

Persone citate: Carlo Bo, Edoardo Sanguine, Giorgio Caproni, Giulia Niccolai, Italo Calvino, Panfilo Gentile, Sebastiano Vassalli, Toti Scialoja