A nudo il cuore di Roma antica

A nudo il cuore di Roma antica IN CERCA DELLA VIA SACRA A nudo il cuore di Roma antica I lettori di opere divulgative, che vedono nell'archeologia un gioco per dilettanti dai risultati mirabolanti, si disilludano: i lavori intrapresi nel fatidico lunedì 15 dicembre dal Comune di Roma tra Campidoglio e Foro Romano si propongono soltanto il ripristino d'una situazione ambientale che, per la famigerata Via dei Fori Imperiali, è anteriore allo scempio littorio; mentre per Via della Consolazione (o del Foro Romano o del Tulliano) al primo tracciato del 1882. Per il momento, su la Via dei Fori Imperiali, dove figurano le mappe marmoree d'un impero che il Regime si proponeva di riconquistare mentre ne spazzava via con brutale noncuranza le vestigia, scorre un traffico inesorabile: quattromila automobili al giorno, senza contare i pullmans di turisti e gli autobus, tra vibrazione ed esalazioni hanno compromesso irrimediabilmente i bassorilievi della Colonna Traiana e dell'Arco di Costantino (impareggiabili non solo per la qualità artistica ma anche come documenti storici, superiori a qualsiasi testo scritto) e minacciano persino la stabilità del Colosseo, ridotto a servire una vorticosa circolazione rotatoria. * * La decisione di smantellare l'asfalto da questa Via ampollosa, retorica (ma, si obbietta, necessaria alla circolazione) mira a creare un grande Parco Archeologico tra il colle capitolino e la Via Appia; è stata presa in un convegno il 10 dicembre scorso, tra osanna, proteste e riserve, per rendere leggibile la struttura urbana antica che ora appare solo in maestosi brandelli e abolire l'isolamento dei ruderi dalla città viva. Tale provvedimento ha suscitato l'aperta opposizione dell'assessore al Traffico (De Felice), ardite proposte dell'assessore Nicolini, lo stakanovista della Cultura, e acute precisazioni dell'assessore al Centro Storico, V. Calzolari. Si cercherà di dirott-.re ìf flusso di veicoli costruendo subito un cavalcavia (che Dio ci assista) sopra la Via Appia; e c'è chi ha proposto una passerella a tapis roulant montata su piloni metallici, che permetta al turista una panoramica succinta e compendiosa del complesso archeologico più vasto del mondo in soli quattro minuti; al Terminal, si prevede la bancarella dei souvenirs e lo snack bar e, forse, una metro politanache riporti immediatamente l'interessato alla Stazione («questa del Foro tua solitu dine, scriveva Carducci, ogni rumore vince, ogni gloria»). Per ora, la Piazza del Campidoglio, parata a festa per la mostra di Kandinski, tra Marco Aurelio protetto da transenne e tettoia e la facciata del Palazzo Senatorio rivestita di tubi, presenta l'aspetto consueto: scolaresche distratte, turisti, spose in visone grigio perla calcano la stella a 12 punte che Michelangelo disegnò sul pavimento, con chissà quali riposti sensi simbolici. Chi si affaccia al Belvedere, scorge soltanto una ruspa che cautamente scalza i sanpietrini del 1942 — quando Via della Consolazione fu ampliata —; la strada incide un taglio nel punto dove pulsa ancora debolmente il cuore di Roma antica; qui si ispirò il Piranesi, si sdegnò il Gibbon, meditò Goethe, versò dolci lacrime Carducci e Mazzini trovò il modello agognato della sua Repubblica. I resti dei monumenti di questa zona, densissima di vestigia, raccontano la storia dell'Urbe dai tempi arcaici ai più recenti: qui sorgeva l'ara di Saturno, mitico fondatore d'una città sul colle (forse, una reminiscenza di quegli abitatori primitivi dei quali sono state rinvenute recentemente le tracce), e poi, agli albori della repubblica, tra il VI e il V secolo a.C. vi fu eretto un tempio più volte rifatto di cui restano le colonne e che fu sede dell'Erario. Qui si affacciano le arcate del Tabularium. che ospitava l'archivio di Stato; qui è visibile soltanto il podio di quello splendido Tempio della Concordia che Tiberio restaurò a sue spese, facendone una splendida raccolta d'arte greca; l'aveva edificato Camillo, nel 367 a.C, per celebrare l'accordo raggiunto tra patrizi e plebei; lo restaurò, con animo diverso, L. Opimio nel 121 a.C, dopo la sanguinosa repressione seguita all'uccisione di Caio Gracco; qui, davanti ai Padri Coscritti incerti e sgomenti, Catone e Cesare pronunciarono le loro arringhe, il primo per una sentenza di morte, il secondo d'esilio, per Catilina; e Cicerone concluse il dibattito con la IV Catilinaria. Qui fu letta la denuncia di Tiberio, chiuso a Capri, a carico del suo primo ministro Seiano, che fu strangolato la sera stessa poco lontano, nel Carcere Mamertino: il cupo locale dove venivano soppressi i prigionieri di Stato, oppositori, cospiratori e lo furono i nemici vinti, Giugurta, Vercingetorige. Nella stessa zona, l'ultimo grande intellettuale pagano, Vettio Agorio Pretestato, l'amico di Giuliano l'Apostata, alla fine del IV secolo, in una Roma già adorna delle sue basiliche, costruì l'ultimo monumento pagano, il Portico dedicato a gli Dèi Consenti. Sotto questa strada, se tutto non è stato cancellato negli scavi che vi sono stati fatti dal Rinascimento in poi, si potrebbero trovare i pietroni del basolato della Via Sacra. Incominciava sotto l'Arco di Costantino, davanti al Colosseo, attraversava tutta la valle del Foro, alle pendici del Campidoglio sboccava nel — tuttora visibile — Clivo Capitolino. I legionari che accompagnavano il trionfatore attendevano acquartierati fuori dell'attuale Vaticano che il Senato decretasse il trionfo: la dignità del cittadino non ammetteva uomini armati nell'Urbe e persino la statua corazzata di Augusto è stata trovata fuori città, a Prima Porta. Il vincitore procede in piedi sul carro a quattro o sei cavalli: il suo viso è tinto di minio; ha nella mano sinistra l'anello di ferro e lo scettro che appartengono alla statua di Giove Capitolino; lo precedono i notabili della città, i trombettieri; lo seguono i tabelloni di legno su i quali sono elencati i nomi dei popoli vinti, il numero dei nemici sterminati, sono simulate le mura delle città espugnate e riprodotti gli episodi culminanti della guerra, i luoghi dove si sono svolti,' i fiumi, le fortezze, le foreste. Poi, sfilano i trofei d'armi, i tori destinati al sacrificio che lente chiatte hanno trasportato da Bevagna sul Tevere, i littori in tunica purpurea, i re barbari incatenati, che marciano davanti a cavalli inghirlandati di rose, mentre nuvole d'incenso si levano dai tripodi e oscurano il sole; conforme a una superstizione antica, il trionfatore porta al collo la bulla aurea, un medaglione contenente amuleti contro il malocchio. Sotto al carro, oscilla un simbolo fallico (il corno d'ariete ancora pochi anni fa pendeva allo stesso modo sotto il carretto dei vinai laziali). Alle sue spalle, uno schiavo gli regge alto sul capo l'antico diadema etrusco che appartiene, come lo scettro, alla statua del dio; e gli ripete senza posa il mònito che la Chiesa farà suo per il giorno delle Ceneri: «Ricordati, non sei che un uomo... ». Lidia Storoni

Luoghi citati: Bevagna, Capri, Comune Di Roma, Giuliano, Roma, Urbe