Buonoconto: si chiese lo scambio con Moro
Buonoconto: si chiese lo scambio con Moro Buonoconto: si chiese lo scambio con Moro NAPOLI — Fra i ventidue «soldati di base», capi e gregari che componevano il nucleo storico dei Nap (Nuclei armati proletari), processato a Napoli fra la fine del 1976 e i primi del '77, Alberto Buonoconto dall'accusa era considerato personaggio minore. Eppure fu condannato a una pena definita «pesante»: 15 anni ridotti poi a 8 anni e mezzo. In carcere si era ammalato e per i detenuti «politici» era divenuto un simbolo, tanto che si ventilò la possibilità di uno scambio «simbolico» all'epoca del sequestro di Aldo Moro, ostaggio delle Brigate rosse: la sua libertà contro quella del presidente democristiano. Ma non ci fu baratto e Alberto Buonoconto rimase dietro alle sbarre fino al 12 dicembre 1979 quando, per il precario stato di salute, venne messo in libertà. Ancora in carcere, dieci mesi più tardi: il 2 ottobre scorso, a Roma, una pattuglia del- la polizia lo sorprende a rubare un'auto. Stremato, gli occhi lucidi per la febbre, 11 nappista sostiene di aver aperto lo sportello dell'auto soltanto per cercare un riparo al freddo. Torna libero 11 primo novembre e, per alcuni giorni, scompare: è cominciato l'ultimo capitolo di una vita bruciata. E' morto a 27 anni. L'accusa sostenne che aveva compiuto un rapimento: aveva fatto parte del gruppo di dodici nappisti che, la mattina del 18 dicembre 1974, a Napoli, nella salita di Sant'Antonio a Posillipo, rapi l'impresario edile Giuseppe Moneta. I Nap, da quel ratto, ricavarono un miliardo e con quei soldi il gruppo si finanziò fino a quando venne, di fatto, sgominato, nel 1975. Sostennero i giudici napoletani Giovanni Volpe e Lucio Di Pietro che il sequestro «si era reso necessario dopo la fallita rapina di Firenze Quando lo arrestarono, l'8 ottobre 1975 era con Giuseppe Sofia ed Edmondo De Quartez. Aveva documenti falsi, in tasca parte del riscatto Moccia. Lo portano poi a Milano, a San Vittore dove fu coinvolto nel ferimento di un agente, Cosimo Vernich. Fra il marzo '76 e il luglio 1977 è nelle carceri di Salerno, Sulmona, Volterra, Viterbo, Napoli, Asinara, Cuneo. Si ammala, soprattutto è lo stato psichico che preoccupa i sanitari. Un'interrogazione scritta al Senato della Repubblica viene fatta da Umberto Terracini, il 21 marzo 1979, per invocare il trasferimento di Buonoconto dal supercarcere di Trani al centro clinico di Poggioreale. In una perizia del 25 novembre 1979 i sanitari di parte, Sergio Piro, Alberto Manacorda e Massimo Menegozzo, scrivono: «Alberto Buonoconto presenta sotto il profilo dei rilievi clinici oggettivi una condizione di grave deperimento organico con segni iniziali di distrofia, con evidenti fatti di labilità delle reazioni del sistema autonomo». II nappista, insomma, era gravemente ammalato, ma pareva che una sospensione della pena fosse ormai impossibile. Poi, improvvisamente, all'insaputa anche dei parenti, nell'inverno scorso, fu scarcerato. v. tess.
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