Firenze: per i quattro br condanne sino a 13 anni di Vincenzo Tessandori

Firenze: per i quattro br condanne sino a 13 anni Bloccati su un'auto con armi nel dicembre '78 Firenze: per i quattro br condanne sino a 13 anni DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE FIRENZE — I giudici non hanno avuto dubbi: i quattro giovani bloccati a Firenze, nel dicembre 1978, su un'auto con armi, erano brigatisti rossi, soldati di base del «Comitato rivoluzionario toscano», responsabili di attentati, di aver nascosto armi ed esplosivo e redatto «documenti sovversivi». Colpevoli, quindi, come colpevoli sono gli altri due imputati, Graziella Rossi e Giuseppe Ippoliti, coinvolti nell'inchiesta pochi giorni dopo quegli arresti. La sentenza è venuta dopo una camera di consiglio durata quasi cinque ore. Per il capotreno Dante Cianci e per Paolo Baschieri, fisico, 13 anni di reclusione; per Stefano Bombaci, studente di filosofia, 10 anni di carcere: la Corte li ha ritenuti responsabili dell'organizzazione del gruppo armato. Per l'architetto Giampaolo Barbi, che si era dissociato dagli altri, condanna a tre anni e mezzo per semplice «partecipazione» all'organizzazione clandestina; per Ippoliti quattro anni per la partecipazione alla banda armata; a un anno e undici mesi è stata condannata Graziella Rossi per favoreggiamento personale e detenzione di armi. A grandi linee sono stati seguiti i suggerimenti del pubblico ministero, Gabriele Chelazzi, e soltanto per la posizione di Barbi la Corte ha dimostrato un punto di vista differente: l'accusa aveva sottolineato la completa responsabilità dell'architetto e chiesto una condanna a dieci anni. n p.m. ha fatto sapere che interporrà appello, e la revisione — ovviamente per motivi opposti — chiederanno anche i difensori Bianca Guidetti Serra, di Torino, Antonino Filaste- e Gustavo Leone di Firenze, Giovanni Sorbi di Pisa. Per diversi motivi questo processo, cominciato il 1" dicembre, è apparso emblematico. Gli imputati che hanno rivendicato la propria «identità politica», cioè Baschieri, Bombaci e Cianci, hanno mutato strategia in aula: rispetto ad un canovaccio ormai vecchio, ricusati i difensori, hanno evitato minacce e si son lasciati difendere dagli stessi legali nominati d'ufficio. E per la prima volta un brigatista dichiato, Paolo Baschieri, ha assistito alla lettura del verdetto, sia pure ostentando indifferenza. n dibattimento e l'inchiesta hanno anche consentito di avere una idea, sia pure superficiale, del grado di penetrazione delle Brigate rosse nel tessuto sociale toscano, inserimento che non è apparso troppo profondo. Fra Pisa e Firenze, forse, in passato si tentò di costituire una « colonna», ma poi i brigatisti decisero di formare un semplice «comitato», struttura che secondo Patrizio Peci, clandestino «pentito» o, come dicono i terroristi, «soldato infame», doveva servire «come una specie di supporto logistico dell'organiszazione» ed essere impiegato «al servizio della colonna più vicina, per esempio quello marchigiano al servizio della colonna romana». Secondo gli inquirenti, gli attentati compiuti, i documenti redatti avrebbero in zLa rubrica "Cattivi pansieri" di Luigi Firpo è a pagina 5. definitiva confermato l'isolamento del gruppo ed è stato ricordato come, nella sentenza istruttoria, si sottolineasse che «gli aderenti a tale associazione si sono arrogati il compito di rappresentare le classi lavoratrici che, invece, da decenni e con sacrifici morali e materiali che ne costituiscono il patrimonio storico, hanno fatto una ben precisa scelta dì condurre le loro lotte con i metodi della democrazia». Dichiaratisi in tre «brigatisti» militanti, gli imputati hanno rivendicato il rapimento del giudice romano Giovanni D'Urso, invocato la chiusura dell'Asinara. Era, la loro, l'unica voce «dal vivo» delle Br. E il giorno 3, a Firenze, si era anche sfiorato il dramma: Stefano Bombaci, assente dall'aula, con un ex nappista, Pasquale Abatangelo, nel carcere delle Murate aveva preso in ostaggio due agenti. Motivo: Abatangelo rifiutava il ritorno nell'«isola dei dannati». La rivolta terminò quando al nappista fu detto che lo avrebbero portato a Trani, e non all'Asinara. In queste condizioni, con tre imputati che confermano ad ogni udienza la propria militanza nell'organizzazione clandestina, per la difesa il compito è stato difficile. «Quando li catturarono, non erano ancora brigatisti. Il gruppo era in una sorta di limbo, stava attraversando quel corridoio oltre il quale c'era la struttura regolare di quell'organizzazione», disse l'avvocato Leone. Poi. ieri, la sentenza. La Corte si è riunita in camera di consiglio alle 9,15. In aula, scarso pubblico e fra quei pochi Graziella Rossi. Nella gabbia, come detto, Paolo Baschieri, un giornale aperto davanti, e Giampaolo Barbi. Attesa fino alle 14, poi il presidente, Saverio Piragino, ha letto il dispositivo, accolto nel silenzio più assoluto. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Firenze, Pisa, Torino, Trani