Fra i dimenticati del cataclisma di Francesco Santini

Fra i dimenticati del cataclisma Dolente viaggio da Lioni a Teora, da Caposele a Calabritto, a S. Angelo Fra i dimenticati del cataclisma Gente che vive nei pagliai, nelle legnaie o in un porcile - Dicono: «Speriamo nel domani, qualcosa avverrà» - Nella patria di De Mita, di Sullo e di Gerardo Bianco il terremoto ha portato alla luce un'Italia dimenticata, di povertà assoluta DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ALTA IRPINIA — Le ore convulse di Napoli cancellano l'immagine dell'Irpinia. Ma già l'autostrada, battuta dalle colonne militari in marcia verso Avellino, restituisce al terremoto divorato dalla politica un palcoscenico sconsolato d'attesa. La pioggia ha slavato i grandi cartelli bianchi comparsi all'indomani della tragedia: le frecce per Lioni, per Sant'Angelo, per Teora, per Caposele e Calabritto, fino a Senerchia, sono impastate di polvere e d'inchiostro. Ma sulla provinciale n. 7, dopo la curva che immette al quadrivio, un uomo anziano blocca la «jeep» di Domenico Di Bisceglie, medico a Livorno, soccorritore a Sant'Angelo «per ritrovare le sue radici di uomo del Sud». Il vecchio s'è deciso a chiedere aiuto. Salvatore Crispino, prima di mettersi sulla strada, ne ha parlato con la moglie, Filomena. Cento metri di pista ed ecco il fienile. Sulla paglia, a terra, un materasso. Accanto, oltre tre tavoloni, due mucche. «Lattughella e Palomba — dice Crispino — sono dei Cona. Loro hanno avuto una roulotte, ci hanno ceduto la stalla». Vivono in un pagliaio a quattro settimane dal terremoto. E non sono i soli. Gaetano Castellano ed Anna Chiusano si riparano tra due lamiere ondulate. Maria Gaetana Imbriano è in una legnaia. Michele Castellano e sua moglie hanno ceduto la roulotte al figlio. Rocco, che ha ventun anni ed è sposato con Gaetana che ne ha diciannove. Grazia Antoniello ha 67 anni, vive nel secondo porcile. Il primo è occupato dal maiale e lei si dispera: «Ho perso, sotto la casa, tutto il mangime, per quest'animale non mi dò pace». Franchino Verderosa e le sue due figlie hanno avuto una roulotte. E' arrivata da quattro giorni ma ancora ieri non s'azzardavano ad occu¬ parla: «Ci sono dentro delle coperte — dicevano — una stufa, dei pacchi di pasta. Non vorremmo approfittare». Il medico di Livorno taglia corto: «Sono per voi, che cosa aspettate, non potete continuare a dormire accanto ai conigli». Franchino Verderosa si illumina. Possiede una bottiglia di «Strega», obbliga il medico ad accattarne un bicchiere. Siamo alle porte di Sant'Angelo, in contrada San Gennaro. Nusco, patria di De Mita, è a pochi chilometri. Gerardo Bianco è nato più avanti, a Guardia dei Lombardi. E' la patria di Sullo e di Gargani. Tre o quattro consiglieri regionali e un assessore della Regione Campania sono nati qui dove il terremoto ha messo in luce un'Italia dimenticata, di povertà assoluta, di pazienza senza fine, di sudditanza senza colpa. Il medico, che vive a Livorno, è assalito da una crisi di identità. «Il pericolo — dice — è che si faccia la fine degli americcni nel '44, quando offrivano sigarette e cioccolato. Non possiamo colonizzare il terremoto, non possiamo medicalizzare un'intera popolazione. Come medico qui non debbo distribuire aspirine. O il centro di coordinamento mi utilizza con compiti socio-sanitari od è meglio andar via. Tra l'Irpinia e l'Alta Valle del Sele. tra i Monti Picentini e la Valle dell'Ofanto. per centinaia di chilometri di campagne, appena arretrate rispetto alle grandi arterie, c'è un terremoto dimenticato, con migliaia di casolari distrutti, isolati, che ancora adesso restano fuori dal grande circuito della solidarietà. A Torella, Raffaele Sanacore descrive disparità sconcertanti, con famiglie che immagazzinano e altre che «soffrono la fame». «E sono queste ultime — dice — che comprano il pane nell'unico forno che ha ripreso il lavoro . Una vergogna antica, un pudore dimenticato, impediscono loro di accettare la refezione che pure è distribuita dai soldati». E la stessa cosa accade a Teora, nelle contrade che dividono la campagna, e più avanti, a Senerchia, dove la famiglia Pizziruno, divide in tre fette un etto di formaggio. Indietro, verso Lioni, a Scannacapra, dove c'è una piccola comunità di otto nuclei familiari, i vecchi si adattano nella grande baracca che è dietro le case dissestate e i giovani occupano le roulottes. Nessuno che voglia andar via. Aspettano sotto la pioggia che adesso bagna il fuoco e dicono: «Lontano da queste terre ci lasceremmo morire: speriamo nei figli. Molti hanno ripreso la strada della Germania». E all'ingresso di Lioni c'è scritto: «Caro Pertini, venti anni di lavoro in miniera per costruirmi una casa. Queste sono le macerie, ritorno in Belgio». Appeso ad un chiodo, un mazzo di chiavi. Ma anche altri sono i cartelli. A Sant'Angelo, nello stanzone del Comune, nella casa requisita che era del geom. Fortunato, molti sono gli annunci alle pareti. L'ing. Aldo Nicoletti, che vive sul lungomare di Salerno, «ricerca una domestica». La signora Chiusani vuole un portiere per la sua villa di San Giorgio a Cremano. Dalla Germania chiedono due camerieri. Mentre, in rosso, un foglio avverte: «Per disposizioni governative è concesso di partire ai soli nuclei familiari completi». L'impiegata che è die-_ tro al banco e stila certificati* risponde in fretta: «Il cartello vuol dire che emigra tutta la famiglia o nessuno». Perché? «Disposizioni dall'alto — risponde —: io eseguo degli ordini». Al quadrivio, sono arrivati i containers attrezzati. Restano inutilizzati. Una discussione impegna il Comune e il centro operativo sulla destir:.azione. Davanti alla palazzina del municipio sesia la roulotte gialla della Coldiretti. La bonomiana ha installato un piccolo ufficio per domande di ogni genere. Il fiorentino Casucci, dietro il finestrino, ha un pacco di moduli gi \ stampati per le dichiarazioni alla prefettura. Stesso ufficio, poco più avanti, dei sindacati. Nella roulotte bianca della Confederazione, un funzionario ha moduli molto simili a quelli della bonomiana. Basta avvicinarsi, sarà lui ad inoltrare le richieste All'incrocio del palazzo Mive, un tecnico dell'Enel e sua moglie sono davanti alle macerie della propria casa. Un escavatore giallo solleva i detriti. Giuseppe e Maria D'Acunto, frugano nella polvere: viene fuori un cane di pezza, un portacandele. C'è un cavallino di cartapesta e un'automobilina rossa. Allineano i pochi oggetti ancora integri accanto ai cingoli della macchina. La donna pulisce con uno straccio cose poverissime, le ripone con cura in una scatola di cartone. Francesco Santini Teora. Una donna siede accanto alle poche cose che ha potuto salvare dalla casa distrutta