Abiti d'oro e modelli d'oggi tra mobili-capolavoro del '700

Abiti d'oro e modelli d'oggi tra mobili-capolavoro del '700 AL MUSEO NISSIM DE CAMONDO DI PARIGI Abiti d'oro e modelli d'oggi tra mobili-capolavoro del '700 PARIGI — Sull'esempio americano e nella scia del Metropolitan Museum, costumi e abiti, di appena ieri fanno parlare di sé in presentazioni a getto continuo nei musei e nelle antiche dimore di Parigi. Sino a fine anno è aperta a Palazzo Galliera una mostra omaggio ai donatori che in circa un secolo hanno destinato al Museo della Moda splendidi pezzi indossati da donne famose per la loro eleganza: se ne possono ora ammirare duecento fra i più spettacolari, l'abito bizantino, tutto oro e perle creato da Worth per la contessa di Greffulhe alle nozze della figlia accanto a quello in tulle e argento portato dalla marchesa Laborde al battesimo del Re di Roma. Il 1980 è l'anno dedicato dalla Francia al suo patrimonio artìstico e i conservatori dell'Unione Centrale delle Arti Decorative e l'Unione Francese delle Arti del Costume non han potuto fare a meno di considerare le migliaia di costumi, abiti, accessori, conosciuti dagli studiosi e dagli operatori della moda, ma' ignorati dal gran pubblico, serbati ma mai esposti. Appresa la lezione dei curatori delle fortunate esposizioni al Grand Palais, formate in gran parte riunendo le opere tratte dai diversi musei cittadini e delle province, le due Unioni suddette han deciso di presentare un significativo anche se esiguo campione della loro ricchezza, in quel gioiello negletto che è il Museo Nissim de Camondo. «Possa questa raccolta effimera di meraviglie ridare ai parigini il gusto di tornare più spesso in Rue de Monceau!», scrivono i prefatori dell'espo-' sizione aperta fino al 30 dicembre. Monceau, col suo' parco, è stato il quartiere residenziale del Secondo Impero: oggi, scomparse molte delle case gentilizie, sostituite da alti palazzi, si deve certo alla presenza di due musei vicini, il Camondo e il Cernuschi, se il fascino inconsueto del luogo ancora resiste con il suo fasto segreto. Proprio in Rue de Monceau i due fratelli Abraham e Nissim Camondo avevano costituito il centro di un'intelligente ricerca del tempo perduto. I loro figli seppero continuarne la tradizione: Isacco 'collezionava pittura moderna, quella mirabile avanguardia dell'impressionismo, oggi parte del Louvre. Suo cugino Molse, invece innamorato del '700, sull'esempio dei Goncourt. si dedicò alla scrupolosa, esigente ricostruzione d'una dimora francese del XVIII Secolo: nella casa al n. 63 della stessa via, che a tale scopo fu ristrutturata ad immagine del Petit Trianon ed è oggi il Museo Nissim de Camondo. Secondo la volontà, del grande collezionista nell'atto di farne dono al Museo delle Arti Decorative, fu chiamato così per onorare, con il padre, la memoria del figlio caduto in combattimento aereo nel 1917. Presentare gli abiti, sia antichi che moderni, senza l'ausilio del corpo umano ad animarli, è di una difficoltà rara. L'abito dell'epoca Reggenza, rìgido corpetto in damasco rosso e passamaneria dorata, grande volant in lampasso verde smeraldo, ricamato di gonfie corolle multicolori, è cosa enormemente meno viva delle delicate scene pastorali sui paraventi Aubusson. dei mobili in ebano e acajou, delle esili consolle o dei gueridon cesellati, che formano la preziosa atmosfera del Salone Grande in questo museo, che fu tuttavia anche la casa di Molse de Camondo. La vita è sospesa, non interrotta, a specchio dei ritratti di fanciulli, fra le lacche, la scrivania da dama in bois-de-rose nei saloncini angolari; le por celiane di Sèvres nelle vetrine della Sala da pranzo verde malachite, sembrano appena riposte dopo un pranzo di gala: al contrario il tempo ha incipriato d'una polvere triste il costume epoca Luigi XV, la vita ha abbandonato il suo velluto, il ricamo in filo metal lieo fra rilucenti vetrini vene ziani. Ma il raccolto splendore della camera da letto fine Settecento, con le minute toìlettes, i guazzi fioriti, i pae saggi in grigio, si lega bene con l'abito in taffetas can giante o con l'altro a righe ne re su fondo stampato a piccole ghirlande di rose, racchiuso dalla «capote» in nastro intrecciato: e nello stesso tem po l'abito si staglia all'improvviso in zona revival, breve ma concreta miniera di ispirazione per i sarti di appena ieri o di oggi. La mostra del resto, senza soluzione di continuità, ospita con gli abiti del '700, altri dell'800, punteggiando l'ovale spazio della biblioteca del Museo Camondo con molti abiti di Worth, verso il 1890, e presentando una ventina di modelli dal 1900 al 1970: ancora Worth ma anche Poiret o Jeanne Lanvin. Di Poiret c'è un cattano da sera in damasco, fantasia orientale turchese e giallo, bordato di turchese su abito In satin giallo di linea Impero; di Lanvin un abito da sera In taffetas, il giro di vita inghirlandato di bocci di rosa. E poi un mantello Dior Anni Cinquanta in broccato, argento su fondo blu di ispirazione settecentesca, una tunica in crèpe viola di Cardln, il corto e chiodato abito in tulle nero di Paco Rabanne. La moda non fa che rivestire il palpito stesso della vita: i grandi sarti l'han sempre saputo e quelli di oggi si legano più strettamente di quanto non sì pensi al loro predecessori nel secolo della «douceur devivre». Lucia Sollazzo

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