Anche la «pelliccia a maglia» puoi farla con i ferri da te

Anche la «pelliccia a maglia» puoi farla con i ferri da te Con i nuovissimi filati di gusto folk Anche la «pelliccia a maglia» puoi farla con i ferri da te Non è soltanto un piacevole diversivo, ma anche un modo intelligente per risparmiare, in questi tempi difficili, sulla voce «abbigliamento» E' ancora un modo di uscire dal labirinto. Nei tempi di attesa, nei momenti, non di relax, ma di passaggio da un lavoro ad un altro, stando con i bambini, cercando di risolvere un problema senza ricorrere alla solita sigaretta, quando si sente il bisogno di giocare come in un esorcismo con i vecchi ruoli della femminilità, il filo che esce dal gomitolo e si converte in maglia, aiuta a trovar l'uscita dai molteplici labirinti in cui la vita quotidiana di rinchiude. E non è l'ultima delle mode a poter esser letta a più livelli: come sempre, dietro la moda, c'è qualcosa in più. In Canada, prima dell'inverno, non c'è donna che non si faccia la sua brava provvista di gomitoli di lana o di cotone: da noi, ora, più che di battere l'inclemenza della stagione, si tratta di far da sè, in periodo di crisi, estesa anche all'abbigliamento. Lo scorso autunno ha riportato in scena per le strade cittadine un modo di vestire da periodo di guerra: la gonna a pantalone, le scarpe basse e tanti golf, giacconi eseguiti a maglia, d'estate; eseguiti bene perché le riviste femminili hanno abbondato in spiegazioni capillari e perché i produttori di filati sono stati pronti a captare il pronunciato ritorno al folk, uscendo con lane ricce, ma piatte, con lane mouflon o mischie di mohair e alpaca, da lavorare con ferri grossi per golf e giacche, leggere ma calde e compatte. Fra le lane più nuove spicca quella chiamata Shitzù: si tratta di un filato alpaca lavorato a ciniglia in ciuffetti, che lavorato in giacconi, in lunghi cardigan, in giubbotti, dona al capo un aspetto pelliccia, molto soffice. E l'ispirazione infatti è venuta al filatore da quella tendenza della pelliccia attuale a mimetizzarsi attraverso il colore, l'intarsio e l'incastro di pelli o lavorazioni dissimili: ecco dunque, per la lana Shitzù, i toni graduali dal grezzo al beige al marron, in fasce distinte e bloccate da lana grossa in fucsia, verde brillante e arancio, in ricami che arieggiano il folklore andino. Meno d'una settimana di lavoro, ferri numero otto e via con la pelliccia di lana. Il filatore è un biellese vivacissimo, Antonio Viana, che all'ultima edizione di Pitti Pilati per l'inverno del prossimo anno, non solo ha insistito sul folk delle Ande, in lane e gomitoli, ma ha portato splendidi tessuti in toni freddi, azzurro grigi, in tinte esplosive come l'arancio e il geranio, ricostruendo, per i telai computerizzati, gli accordi, i disegni, gli emblemi di antichissimi tessuti peruviani. Tessuti del primo, secondo secolo dopo Cristo, sotto vetro, carpiti a musei e privati e reinventati nei loro animali sacri, nelle tinte allegoriche, in stoffe per poncho e tuniche, giacche e chimono da portarsi su grosse calze in colore e con bombetta da pastore andino. I quadri sono una rarità, la passamaneria in maglia che vi si ispira, un modo nuovo di intendere il folk. Lucia Sollazzo Una maglia ispirata ai colori ed ai modelli delle Ande

Persone citate: Antonio Viana, Lucia Sollazzo, Pitti Pilati

Luoghi citati: Canada