Williams e Miller (dopo la caduta a Broadway) «Qui si pensa al dollaro, i critici si adeguano»
Williams e Miller (dopo la caduta a Broadway) «Qui si pensa al dollaro, i critici si adeguano» Totale insuccesso degli ultimi drammi dei due celebri commediografi Williams e Miller (dopo la caduta a Broadway) «Qui si pensa al dollaro, i critici si adeguano» NEW YORK — -Broadway è cosi. Broadway oggi respinge ciò che altri mondi del teatro acclamano. I suoi criteri sono innanzitutto commerciali: ai suoi autori, essa chiede successo di cassetta. Conosce assai poco d'impegnativo: qualche classico isolato, un lavoro già esaltato all'estero, che i suoi critici quindi non possono stroncare Con amarezza, Arthur Miller commenta la chiusura del suo ultimo dramma. «L'orologio americano», dopo tre sole settimane, di cui una di anteprima. il fiasco è tanto piti bruciante in quanto un anno fa, al Festival Usa di Spoleto, a Charleston, nella Carolina del Sud. -L'orologio americano» aveva riscosso un autentico trionfo, anche di critica. Autorevoli giornali hanno scritto che i numerosi ritocchi apportati dall'autore hanno guastato il dramma a Broadway. «Non sono d'accordo — dice Miller — l'opera aveva delle sbavature, delle perdite di ritmo. Sono convinto di arderla resa più efficace e tesa. E l'accoglienza del pubblico nelle serate di anteprima era stata eccezionale. Tutto è andato bene sinché non sono apparsi certi articoli, e la gente si è lasciata fuorviare». Arthur Miller non è solo nella sua protesta. Un altro mostro sacro del teatro americano, il suo rivale e coetaneo Tennessee Williams, ha bollato Broadway e i suoi critici in termini ancora pili recisi. Negli stessi giorni, a Chicago, è capitato a Williams l'identico incidente. «Abiti per un albergo d'estate», il suo ultimo lavoro, ha tenuto cartello per tre sole settimane, di cui una di anteprima. L'opera era stata scacciata in precedenza da Broadway. «Chicago è diventata un'altra New York» ha dichiarato il commediografo. «Non ci sono più teatri ma mercati». Le accuse di Tennessee Williams a Broadway sono spietate. «I suoi critici hanno deciso che i grandi dramma¬ turghi americani, io, Ediuard Albee e Miller, appartengono al passato... Essi applaudono Samuel Beckett perchè non lo capiscono, e accettano Harold Pinter per non sembrare provinciali... Anche se poi capolavori come il suo Tradimento a Broadway hanno vita breve». T critici, ha aggiunto, «guardano i drammi come i cani da caccia la selvaggina. Hanno una parola d'ordine: salvare solo le commedie di evasione, quelle che non fanno pensare in che tempi viviamo». Miller è pili controllato nella sua polemica. «L'arte e il dollaro non vanno sempre sottobraccio» osserva. «Da decenni, mi batto inutilmente perchè si aprano teatri con sovvenzioni pubbliche, che non siano prigionieri degli incassi, consentano esperimenti e innovazioni... La fioritura dei drammaturghi inglesi si spiega anche con la diversità di ambiente. Ho creduto e credo ne L'orologio americano: penso che sia stata una simbiosi felice di elementi auto¬ biografici, e di una delle grandi tragedie della storia in Usa, la depressione del '29 e "30». A difesa del dramma si è levata anche la sua protagonista, l'attrice Joan Copeland. Joan è la sorella di Miller, e ha portato sulla scena la figura della madre. Per mesi, ha lavorato col fratello, influenzando anche la produzione e la reg'a. «E' un'opera viva — afferma — con un significato sociale e personale chiari, che affronta i problemi con corag- gio. una delle migliori che mio fratello abbia mai scritto». L'attrice difende anche Abiti per un albergo d'estate di Williams, che tratta un tema molto diverso, i rapporti tra lo scrittore Scott Fitzgerald e la moglie Zelda. rosa dalla follia nel bel mondo hollywoodiano. Dagli attacchi di Miller e Williams. Broadway e i suoi critici si difendono in una duplice maniera: indicando nella freddezza del pubblico dopo le anteprime il motivo del fiasco, e ricordando che dagli Anni Quaranta agli Anni Sessanta inclusi essi hanno premiato i due autori, come a dire che oggi sono superati. Ha sostenuto Walter Kerr del «New York Times»: «Non è vero die siamo prevenuti: semmai è il contrario. Ma qualche volta, anche Omero si addormenta. Miller e Williams dovrebbero chiedersi perché non hanno più espresso nell'ultimo decennio lavori che commuovano l'America». e. c.
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