Ventimiglia: chiuso il ristorante che ospitò Churchill e l'Aga Khan

Ventimiglia: chiuso il ristorante che ospitò Churchill e l'Aga Khan Ancora un allarme per questo meraviglioso angolo di Riviera Ventimiglia: chiuso il ristorante che ospitò Churchill e l'Aga Khan La sospensione dell'attività della «Mortola» segna la fine di un'epoca - Sono anche chiusi (provvisoriamente) i famosi giardini Hanbury, un lembo di paradiso DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VENTIMIGLIA — Chiuso il celebre ristorante della «Mortola» e chiusi i cancelli dei Giardini Hanbury (ma la chiusura è provvisoria, dovuta a lavori in corso), scatta ancora una volta l'allarme per la sorte di questo angolo della Riviera che custodisce valori naturali paragonabili, per importanza, ai valori artistici di un grande museo. La punta della Mortola, con il giardino botanico creato a partire dal 1867 dai fratelli Thomas e Daniel Hanbury, intristisce da vent'anni, e cioè dal 5 agosto 1960, data del passaggio di proprietà da lady Dorothy Hanbury allo Stato italiano. Vent'anni di promesse, di conflitti di competenze, di ricerche frenetiche per la soluzione di un problema elementare: come gestire questo straordinario patrimonio. Sui cancelli dei giardini Hanbury dovrebbe essere alzato uno striscione con la scritta -Vergogna pubblica-. Lo scrivevamo nell'aprile 1979. dobbiamo ripeterlo oggi. Qui si consuma la sconfitta del «pubblico» di fronte al «privato» che aveva saputo mettere insieme, custodire, arricchire, uno dei più importanti giardini botanici di tutto il mondo. Si conferma l'incapacità o perlomeno la lentezza esasperante dello Stato nel sostituirsi a una famiglia illuminata e nel rispondere alle ragionevoli speranze del mondo della cultura. Va chiarito subito che il tramonto del ristorante «La Mortola» (destinato alla chiusura definitiva o alla trasformazione) non ha nulla in comune con il problema dei giardini Hanbury. Per il ristorante si possono spendere le consuete parole: è la fine di un'epoca, segnata dai personaggi eccezionali che frequentavano «La Mortola» quando la celebrità e il divismo avevano altre dimensioni. Uno dei più assidui clienti fu Winston Churchill, che passava l'inverno a Cap d'Ail. poi a Roquebrune. Erano di casa Charlie Chaplin e la moglie, le dive e i divi che frequentavano la Costa Azzurra, i sovrani spodestati come Faruk, i personaggi da favola come il vecchio Aga Khan e il figlio Ali al tempo di Rita Hayworth. Il ristorante segue inevitabilmente il declino di un turismo che fu di pochissimi e ricchissimi. Lascia altrettanto inevitabilmente nostalgie e rimpianti. Nel caso dei giardini i sentimenti sono ben più amari. Arrivano all'indignazione. Appare incredibile che lo Stato, proprietario unico di questi 18 ettari che possono dirsi un lembo di paradiso terrestre inventato in Liguria da una famiglia inglese, non sia ancora riuscito a insediare e far funzionare una definitiva amministrazione. Lo scorso mese di febbraio era stata annunciata l'approvazione di una «leggina» che affidava all'Università di Genova, Istituto di Botanica, la gestione dei giardini Hanbury. I dipendenti, rimasti al loro posto anche negli anni più difficili, furono assunti dall'Università, da cui vengono pagati e da cui dipendono. Che cosa manca perché riprenda la vita nei giardini della Mortola? -Stia7no tuttora lavorando a preparare il passaggio del bene demaniale dalla Soprintendenza, che l'ebbe in consegna nel 1978 dall'Istituto di studi liguri, all'Università. I giardini sono proprietà dello Stato ma dipendono dal ministero dei Beni Culturali e attraverso questo dalla Soprintendenza per la Liguria. Per poterli gestire, l'Università deve aspettare che siano affidati al ministero della Pubblica Istruzione- mi dice il prof. Gentile, direttore dell'Istituto di Botanica. Dal 1960 al 1978 i giardini erano stati nelle mani dell'Istituto di studi liguri, senza indirizzi precisi e con finanziamenti discontinui, soffrendo notevolmente. Chiusa quella parentesi, deciso il passaggio all'Università, era lecito sperare che si aprisse un nuovo periodo fecondo. Ma i nostri ministri e i nostri burocrati quanto si preoccupano del tempo che passa? Il ritardo è ancor più vergognoso in quanto il personale (giardinieri, un botanico, operai, impiegati) già dipende dall'Università. Non ci sono problemi finanziari, perché i fondi destinati alle spese di gestione esistono nel bilancio del ministero dei Beni Culturali. Si tratta soltanto di una formalità, si tratta di far passare a pieno titolo un bene demaniale dalle mani di un ministero a quelle di un altro. Il ritardo causa danni gravi al giardino botanico. Il prof. Gentile mi dice: -Ogni attività scientifica è sospesa. Io non ho veste ufficiale per dirigere i giardinieri che pur sono pagati dall'Università; devo limitarmi a fornire indicazioni, senza un programma-. La manutenzione dipende dalla Soprintendenza che ha appunto fatto chiudere i cancelli per compiere alcuni lavori. I giardini Hanbury non sono un museo di piante né un piccolo parco pubblico. 118 ettari costituiscono un patrimonio naturale unico, in parte adibito a giardino botanico, che richiede idee precise per il suo futuro. Richiede cure assidue e costose, speciali cautele nell'ammissione dei visitatori. La decadenza continua ormai da vent'anni, ben visibile. Per arrestarla e imboccare la strada della rinascita, che può contribuire alle fortune del turismo col richiamo di un bene culturale straordinario, qualcuno deve scuotersi in due ministeri. Purché non esistano manovre occulte- ™ f in. I.

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