«Eroico» avventizio dell'Ufficio Catasto

«Eroico» avventizio dell'Ufficio Catasto QUANDO L'INCHIOSTRO GELAVA «Eroico» avventizio dell'Ufficio Catasto L'ufficio era all'ultimo piano di una casa tra le più belle del paese, al piano di mezzo c'era la Pretura e al terreno l'Ufficio del Registro. In quegli anni l'inverno era sempre molto lungo e freddo anche perché non c'era tanto da mangiare e pochi erano i mezzi per il riscaldamento: le stufe che ogni mattina dovevamo ravvivare bruciavano legna di pino mugo che faceva più fumo che fiamma. Per questo, da novembre a marzo, tutti gli impiegati, Capo Ufficio compreso, ci stringevamo nello stanzone del catasto per stare più caldi e consumare meno combustibile. Nelle mattine di dicembre quando finalmente verso le dieci il ghiaccio alle finestre si scioglieva, attraverso i vetri potevamo vedere le cesene affamate che sui sorbi dietro la ca sa mangiavano avidamente le bacche rosse. I pennini, intinti nell'inchiostro ferro-gallico, correvano lasciando il loro segno sui registri quasi centenari per scrivere lunghe file di nomi, i numeri di voltura, di repertorio, di registrazione; e poi Sezione, Foglio, Numero di mappa, Qualità e classe (sempre mi dava emozione il «pascolo con bosco d'alto fusto» perché allora la fantasia spaziava); e i redditi dominicali e agrari con lire e centesimi, e le superfici: ettari are, centiare; tutto in bella cai ligrafia, nello scarico e nel cari co della partita, con precisa corrispondenza a bilancio. Così per tutte le mattine, per tutti i pomeriggi: dalle prime luci fino a notte fonda, e non si usciva a prendere un caffè e non ci si alzava dalla sedia per riscaldarsi le mani alla parete della stufa ma solamente per i registri dagli scaffali. il Capo Ufficio lavorava alle sue carte e noi alle nostre, per ore senza che nessuno fiatasse; qualche volta alzando gli occhi mi soffermavo ad osservare le cesene sui sorbi; oppure guardando la neve che cadeva al di là dei vetri ricordavo i compagni lasciati nella steppa russa sette anni prima. Ma ben presto mi sentivo addosso lo sguardo del Capo Ufficio che non notava più lo scorrere della mia penna e riprendevo a scrivere in bella calligrafia sui partitari del catasto. Si faceva economia di inchiostro, di carta, di legna per riscaldarsi, di matite. Somme, bilanci, statistiche e situazioni venivano fatte tutte a memoria manualmente, e al centesimo di lira per migliaia di cifre: al tempo dei ruoli per la riscos sione del prediale il lavoro non aveva orario; per i calcoli delle tariffazioni si usavano delle tabelline fitte fitte di cento nu meri con i decimali fino a nove cifre dopo la virgola. Per seri vere ai Superiori Uffici avevamo una vecchia Invida che faceva il rumore di una mitra gliatrice. Una volta, era l'autunno del 1953 e lo ricordo perché il Titolare aveva scritto al Superio re Ufficio «Oggetto: Avventi zio di y Cat. Signor Rigoni Mario - Assenza dal servizio. Si segnala che in data odierna il nominato in oggetto non si presentato in Ufficio perché si è recato a Viareggio per ricevere un premio letterario. Tanto si comunica per i provvediment, del caso. Con osservanza.» e mi levarono una giornata di paga e una di ferie, in quell'autunno, dopo giorni e giorni d somme e chiamate di numeri per il riscontro arrivammo alla fine di un bilancio di un ruolo con oltre mille ditte con la dif ferenza di un centesimo: in somma la matricola dei posses sori e il ruolo per la riscossione non bilanciavano! Per non rifa re tutto il lavoro, dopo esserci consultati, decidemmo di cari care di nostra iniziativa quel centesimo di differenza sull'ar ticolo del comune e quando venne l'Ispettore dicemmo che tutto era perfetto. Ma con tanto scrivere sulle grosse pagine di «carta a mano uso pecora» pure i pennini si consumavano. Personalmente usavo i Perry inglesi percb avevano le punte molto dure ma tutto il materiale l'aveva sotto chiave il Capo Ufficio nella sua scrivania. Un giorno, rispettosamente, gli chiesi un pennino per il ricambio: mi disse semplicemente: «Miporli quello usato; prima di buttarlo voglio vederlo». Lui lo ripulì bagnandolo con la saliva, lo provò sull'unghia del pollice «Potrebbe ancora andare, disse E poi perchè usa i Perry che co stano il doppio dei Presb tero?». Nel 1954 un sottosegretario senatore democristiano grande cultura umanistica che quando veniva in visita nel collegio elettorale faceva colazione o pranzo nei bar paesani iningendo un pane nel caffelatvenne nel nostro ufficio perché desiderava conoscermi. Bussò e si presentò al Capo borbottando in dialetto il suo nome. «Ah, disse questo, lei è l'esattore di LusianaPCosa desidera?». «Veramente, rispose il sottosegretario, sono il senatore Giustino Valmarana e vorrei parlare con un suo impiegato». Grande fu l'emozione del Capo Ufficio; arrossì violentemente, balbettò delle scuse, inciampò nella sedia per venirmi a chiamare. Il senatore volle sapere come era nato il mio libro, di Elio Vittorini e del gruppo degli scrittori einaudiani dei «Gettoni». Parlava sempre in dialetto poi mi invitò a bere «...uno spriz, anca se penso che lu no votarà mai par mi... ». Mi scusai dicendo che avevo un lavoro da terminare e restò un po' male, ma aggiunse se giù a Roma c'era qualcosa che potesse fare per me... Lo ringraziai ancora e dissi che non avevo bisogno di niente, che stavo bene così: avventizio di terza categoria addetto al servizio catastale. Mi salutò con affetto e il capo ufficio lo accompagnò fin sulla strada. Quando ritornò mi richiamò nel suo ufficio, con il campanello questa volta, rimproverandomi perché non avevo chiesto all'Eccellenza una macchina per scrivere nuova, un armadio per l'archivio e due sedie di faggio curvato tipo Vienna. E poi non sapevo che lui aveva ancora da avere il rimborso di duemilasettecento lire che aveva anticipato per le spese d'ufficio? Le cose incominciarono a cambiare quando un giorno arrivarono trenta quintali di stampati che avrebbero dovuto dare avvio a una riforma tributaria fondata sull'anagrafe dei contribuenti. Il Capo volle sul suo tavolo una copia di ogni modello e con la circolare illustrativa del Ministero di cui avevo accusato ricevuta assicurando preciso adempimento, incominciò a studiare il problema per illustrarci poi il nuovo lavoro che avrebbe do vuto cambiare il sistema tributario. Ogni quindici giorni bisognava dare una relazione, ogni mese un Ispettore chiariva dubbi, incitava o indirizzava il nuovo lavoro. In sei mesi la cosa morì di sua morte naturale; forse era cambiato il Ministro; forse le tipografie avevano esaudito le richieste degli onorevoli e i quintali e quintali di modelli di ogni colore e formato presero con fatica la strada del sottotetto dove tra coppi e travi scopersi un piccolo deposito di munizioni calibro nove lungo dimenticato da un partigiano che lassù si era rifugiato nel 1944. Capii che le cose andavano ancora peggio quando ci arrivò un mobile porta mappe il cui buono di carico segnava una cifra più alta del suo valore che con rabbia trascrissi sul registro-inventario dei beni immobili; quando in catasto venne un falegname paesano gli chiesi per quanto me ne avrebbe fatto uno uguale: Io misurò, lo guardò ben bene, fece alla mia presenza i suoi calcoli con carta e matita e mi propose una cifra della metà esatta di quella registrata. E questi mobili erano stati forniti per tutti gli uffici d'Italia facenti parte della nostra Amministrazione. Passavano gli anni. le denunce Vanoni si accumulavano in ogni angolo, arrivarono macchine per il calcolo, ma una mattina con la posta mi vidi restituire una «situazione modello C e D Tributi Speciali» perché non avevo indicato nella cifra finale la terza parte di una lira; sì, me la restituirono per quei trentatré centesimi che avevo azzerato di mia iniziativa. Un paio d'anni dopo me ne andai in pensione. Il pennino Perry che un capo ufficio voleva controllare prima che venisse buttato, i freddi inverni tra i registri del catasto e il senatore Valmarana che mangiava caffelatte nelle osterie del paese, i contadini delle contrade lontane che venivano da me a reclamare perché non ricevevano più le cartelle esattoriali del prediale per le cifre inferiori a cinquanta lire di reddito iscritto al catasto, a tutto questo pensavo in questi giorni di enormi truffe fiscali e di ben più gravi scandali. Mario Rigoni Sterri

Persone citate: Elio Vittorini, Foglio, Giustino Valmarana, Mario Rigoni, Rigoni Mario - Assenza, Valmarana, Vanoni

Luoghi citati: Italia, Roma, Viareggio, Vienna