Cambisti presi in contropiede «Una rivoluzione imprevista»

Cambisti presi in contropiede «Una rivoluzione imprevista» Cambisti presi in contropiede «Una rivoluzione imprevista» MILANO — «Dove si fermerà il dollaro? Se continua cosi rischiamo di prendere tutti un bel bagno». I cambisti delle banche italiane e delle filiari italiane delle banche estere si stanno interrogando non sema angoscia sull'evoluzione dei mercati monetari che ha spiazzato più o meno tutti. Ad una cena organizzata l'altra sera dall'Anaimf, l'Associazione appena nata che riunisce nove società di intermediazione monetaria, a cui hanno partecipato circa 200 fra cambisti e tesorieri delle banche e delle società finanziarie attive sul mercato delle monete, le sorti del dollaro erano al centro della conversazione. «Sei mesi fa eravamo tutti venditori di dollari a lungo — spiega il cambista di una banca francese — convinti come eravamo che i tassi americani dal 16-17% avrebbero cominciato la discesa». «Se continua cosi — rincara malinconicamente un collega — in due mesi mi mangio gli utili che ho accumulato fino a settembre». Dagli uffici cambi quest'anno le banche non avranno grandi soddisfazioni, anche se molte operazioni impostate su un dollaro più debole potranno essere mandate a maturazione dopo la fine dell'anno. «E' stata la crisi polacca a dare il colpo di grazia al marco — interviene il cambista di una grossa banca americana — perché con i russi aggressivi la Germania non è più il paradiso dei capitali europei». Un cambio di due marchi per un dollaro non si vedeva da almeno due anni. «E' tutta colpa di Volcker (il presidente della Riserva Federale, n.d.r.); quello si è messo in testa di fare come in Inghilterra dove guardano alla massa monetaria e se ne infischiano se l'economia va a rotoli». «Vedrai però che in America non dura — interloquisce subito qualcuno — appena Reagan si insedia alla Casa Bianca farà il bel gesto di abbassare i tassi e tutto tornerà a posto». Molti sperano che vada a finire così, ma non sembrano del tutto convinti. Interviene un giovane cambista svizzero, di Losanna, e tutti lo stanno subito a sentire perché si sa che dalla Confederazione si sposta il grosso dei capitali che fa il mercato. «I tesorieri delle banche e delle grandi società — dice — hanno comprato dollari per non pagare tassi troppo alti ed ora bisogna vedere quanti sono ancora quelli che si devono mettere al coperto: se sono pochi la tendenza si invertirà presto, ma se sono ancora tanti continuerà per un pezzo». «Non mi meraviglierei — conclude — che il franco svizzero torni a 1,90 verso il dollaro». Un franco svizzero debole è proprio il segno che il mercato dei cambi si è trasformato. E'dal 1971 che la moneta elvetica è stata un sicuto punto di riferimento per i rialzisti, tanto che negli anni scorsi c'era chi paragonava la salita del franco a quella dell'oro per vedere quale dei due investimenti avrebbe reso di più in un certo periodo di tempo. Da qualche mese ormai non c'è più certezza che regga. m. bo.

Persone citate: Volcker

Luoghi citati: America, Germania, Inghilterra, Milano