«Made in Italy» su misura per piacere ai Paesi Opec

«Made in Italy» su misura per piacere ai Paesi Opec «Made in Italy» su misura per piacere ai Paesi Opec TORINO — Cooperasene, adattabilità, analisi delle necessità reali dei Paesi verso i quali si vuole indirizzare la propria attività sono i punti chiave di una strategia che può portare ad un riequilibrio della bilancia commerciale con gli Stati produttori di petrolio. Le indicazioni vengono da una giornata di studio organizzata dalla Scuola di Amministrazione aziendale dell'Università di Torino in collaborazione con l'Istituto di Economia delle fonti di energia dell'Università Bocconi di Milano. I Paesi Opec costituiscono, soprattutto per ciò che concerne la voce «tecnologie», un mercato di forte assorbimento e l'export italiano è riuscito a raggiungere, a confronto con i Paesi concorrenti, risultati soddisfacenti. «Nel 1980 si è però invertita la tendenza emersa nei due anni precedenti: il sistema industriale italiano perde competitività poiché i saldi attivi dei settori tradizionalmente eccedentari della bilancia commerciale, a seguito del negativo andamento della congiuntura internazionale e della crescita dell'inflazione interna, non riescono più a colmare le falle del nostro commercio di importazione e in particolar modo quello energetico», spiega il dottor Carlo Cafaggi della Sessione Autonoma Credito esportazione (Sace). Ecco quindi emergere la necessità di impostare strategie di specializzazione e vendita basate non solo sul prezzo, ma anche sulla creazione di un'immagine per cui il «made in Italy» si qualifichi per le sue caratteristiche di qualità, puntualità, attendibilità, assistenza. Lo sforzo promozionale delle nostre imprese dovrà essere quello di individuare le opportunità di inserirsi su nuovi mercati che abbiano bisogno di «know-how» e quello di consolidare, appunto grazie ad un miglioramento della propria immagine, la presenza su mercati già conosciuti «K indispensabile comprendere — sottolinea il professor Genco direttore di ricerca Iefe — che, con il passaggio del controllo sulla produzione di greggio trasferita quasi interamente dalle grandi multinazionali ai governi dei Paesi Opec, è cambiata la natura degli obiettivi che si perseguono. I redditi petroliferi vengono oggi visti come un mezzo per avviare e stabilizzare nel tempo processi di sviluppo nazionale, da qui il varo di una politica orientata a manovrare i livelli di produzione e di prezzo in senso conservativo per mantenere una capacità contrattuale e rimuovere i vincoli riguardanti il trasferimento delle tecnologie, la formazione di quadri tecnici e manageriali, la possibilità di accesso ai mercati dei Paesi'industrializzati». Per mantenere le commesse e averne delle nuove è quindi imperativo essere attrezzati per un «commercio di Stato»; l'Italia in questo campo ha ottenuto recentemente alcuni successi a cui si accompagnano però occasioni perdute. ..Sarebbe un grave errore considerare questi mercati come zone dove attuare una "politica di consegna" — avverte il professor Onida, ordinario di Economia all'Università di Modena — occorre invece proporsi ai vari governi come partners e studiare insieme piani di sviluppo economico "su misura", vendere, con le merci, servizi e assistenza. E' su questo terreno che si svolge una sfida che bisogna accettare se non si vuol rimaner" esclusi, l'arma migliore per vincerla è l'abbandonare strategie miopi legate a utili immediati per altre che portino più lontano». V. cor.

Persone citate: Carlo Cafaggi, Genco, Onida

Luoghi citati: Italia, Milano, Torino