Quando l'assistenza tecnica diventa un buon investimento

Quando l'assistenza tecnica diventa un buon investimento Parla Roberto Volpi, direttore del «Centro studi agricoli» Quando l'assistenza tecnica diventa un buon investimento «Non c'è bisogno di troppe sottigliezze dialettiche per dimostrare guanto sia difficile e complessa, nel contesto della vita d'oggi, la professione dell'agricoltore. Basti pensare alla somma di conoscenze a cui egli deve da un lato far ricorso per affrontare i suoi problemi di imprenditore e all'abilità manuale, meglio se corredata da un buon numero di nozioni sul mondo naturale, che gli è, dall'altro necessaria, per eseguire le materiali operazioni inerenti alle diverse culture». Ma questo, spiega il prof. Roberto Volpi, direttore del «Centro studi agricoli», era vero anche sessanta o settanta anni fa, con una sola differenza, che allora le tecniche, i mercati e l'economia si evolvevano con lentezza ed adattarsi ai vari progressi era relativamente facile: «Bastava che ogni generazione facesse tesoro delle cognizioni e dell'esperienza trasmessale da quella precedente». Ben diversamente stanno oggi le cose: «Oggi bisogna che l'operatore agricolo sia messo in grado di allargare e approfondire la sua prepara zione — e solo un efficiente servizio di addestramento professionale glielo permette rà — e di fruire nel tempo stesso di un flusso continuamente rinnovato ed aggiornato di informazioni che gli consenta¬ no, in qualunque circostanza e frangente, scelte aziendali consapevoli». Quindi occorrono, per l'operatore agricolo istituti di informazione, di aggiornamento. Occorre una capillare divulgazione di notizie, talvolta con metodi elementari. Occorre una propaganda agraria, una azione di «promotion» commerciale. E i messaggi devono essere semplici ma efficienti: questa è la chiave di volta del sistema. Quale metodo è il più efficace? Certamente quello del contatto diretto, individuale: il dialogo permanente tra agricoltore ed agronomo, che, sottolinea il prof. Volpi, deve essere «nel clima di amicizia e di reciproca stima». E avverte, il direttore del Csa: «Non dimentichiamo che l'assistenza tecnica agricola è, essa pure, un investimento, la cui maggiore o minore convenienza, com'è di tutti gli investimenti, va giudicata in funzione della reddatività, per misurare la quale non c'è che un mezzo: stabilire "che cos'è cambiato" e vedere poi che cosa questo cambiamento significhi in termini di reddito». Afferma ancora Roberto Volpi: «Il mondo rurale tradizionale, ormai tutti lo sappiamo, è destinato a scomparire, incalzato da vicino da un tipo di agricoltura fondato su quei medesimi principi che l'indu¬ stria ha, dal canto suo abbondantemente collaudato, cioè sulle inflessibili leggi della produttività». Quindi è necessaria verso l'operatore agricolo l'informazione abbinata all'assistenza tecnica, giusto quanto contenuto nelle direttive della Comunità europea ed approvato dal Parlamento italiano. Ma nella realtà, qual è la situazione del nostro Paese? «Sarebbe ingiusto dire che niente è siato fatto — sostiene il prof. Volpi — ma è un dato certo che fra i paesi della Cee l'Italia è quello più carente in fatto di investimenti educativi. Secondo stime dell'Istituto nazionale di economia agraria (Imea) per l'assistenza tecnica si spendono da noi, ogni anno poco più di 15 miliardi di lire, pari allo 0,3 per cento della produzione lorda vendibile del settore agricolo. Unitariamente riferita ai due milioni di aziende agrarie, la spesa è di lire 7500; ben poca cosa davvero di fronte ai valori che nell'Europa centrale, negli Usa, raggiungono 60-100.000 lire per azienda. Il ritardo è indubbiamente singolare in un paese come il nostro, che vanta antiche tradizioni agricole e che fu tra i primi già alla fine del secolo scorso, a istituire forme di intervento educativo che dettero risultati tutt'altro che trascurabili». m. o.

Persone citate: Roberto Volpi

Luoghi citati: Italia, Usa