Un incubo domina il Golfo di Mario Ciriello

Un incubo domina il Golfo LA VIA DEL PETROLIO ALLA FINE DI UN ANNO TORMENTOSO Un incubo domina il Golfo Da Nord a Sud, dal Kuwait all'Arabia Saudita, da Bahrein al Qatar è tutto un ribollire di sospetti e paure - L'esito incerto della guerra Iran-Iraq rende precarie le alleanze, acuisce le tensioni interne, getta l'intera sponda araba nell'angoscia di un'instabilità cronica - L'Occidente può contare solo sull'Oman DI RITORNO DAL GOLFO — Novembre e dicembre sono ì mesi più belli nel Golfo. E' ancora caldo e il sole fiammeggia in un cielo sempre terso, ma brezze benevole spezzano finalmente il cerchio di fuoco che assedia e soffoca queste acque e le terre che le circondano. Quest'anno però non sono mesi felici. Da Nord a Sud, dal Kuwait all'Arabia Saudita, dal Bahrein al Qatar, dagli Emirati Arabi Uniti all'Oman, è tutto un ribollire di paure, di sospetti, di dubbi, il futuro non appare più come un sereno viaggio verso una ricchezza crescente, ogni scelta è un tuffo nell'ignoto. Il petrolio non è più uno scudo contro tutto e tutti. All'estremo Nord, Iraq e Iran si azzannano in una guerra dall'esito incerto. Baghdad scopre col sangue la saggezza dell'antica massima: «Mai invadere una rivoluzione.. La Siria rafforza i legami con la Russia e schiera i suoi carri armati e le sue artiglierie lungo la frontiera giordana. A Est, l'Afghanistan è sotto lo scettro dell'armata rossa. Queste scosse investono e aggravano altri bradisismi locali, generando lungo tutto la sponda occidentale del Golfo, la sponda araba, l'incubo di una instabilità cronica. Si sa che un'epoca è finita, ma non si sa come affrontare laprossima. * * Con slancio maggiore o minore, tutte le sei nazioni — Kuwait, Arabia Saudita, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Oman — hanno approvato, lodato persino, l'azione del «fratello iracheno» contro i «fanatici» di Khomeini. Ora cominciano ad avere gli stessi tormentosi dubbi che calarono su Mussolini, quando svanirono le illusioni di un rapido trionfo tedesco. Certo l'Iraq pareva destinato a essere la futura superpotenza del Golfo. Ma la sua vittoria, e la sopravviven¬ za stessa di Saddam Hussein, sono adesso velate da incognite. Il Kuwait teme tanto una sconfitta quanto un supersuccesso del suo ambizioso vicino, l'Iraq: e dopo gli attacchi aerei iraniani teme altresì di essere investito dal conflitto. Bahrein non dimentica che dal 1700 Teheran considera questo piccolo arcipelago parte del territorio nazionale. Il minuscolo Qatar si sente vulnerabile, ignudo. In Arabia Saudita, la famiglia reale non è più oggetto di venerazione universale, la sanguinosa 'battaglia della grande moschea' ha rivelato che la società non è più immobile. Gli Emirati Arabi Uniti affogano nei soldi, ma la popolazione è in maggioranza non indigena e la difesa è affidata per il 60 per cento a omaniti. Si arriva così al sultanato dell'Oman, il ^custode» dello Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa il 60 per cento delle importazioni di petrolio del mondo libero. Anche qui si scruta con apprensione il cielo tempestoso e il 18 novembre, nel decimo anniversario della sua ascesa al trono, il sultano Qabus, sceso dal suo cavallo bianco, lanciava dall'ultramoderno stadio di Muscat questo avvertimento: «L'instabilità nel mondo e in questa regione è sempre più grave. La pace stessa è ora minacciata. Ciò è in parte dovuto alla mancata soluzione di vecchi problemi e alla condotta irresponsabile di taluni Paesi: ma le sfrenate ambizioni sovietiche ne sono la causa precipua». C'è però una differenza fondamentale tra l'Oman e i suoi vicini. Nell'ultimo anno, Qabus è entrato con risolutezza in quello che potremmo definire lo schieramento occidentale. Ha firmato accordi con gli Stati Uniti che permetteranno alle navi e agli aerei della Rapid Deployment Force (la forza di rapido impiego) di valersi, se necessario, dei suoi porti e aeroporti. (Intese simili Washington ha allacciate o sta per allacciare, anche con il Kenya, la Somalia, Gibuti e l'Egitto). Il quarantenne sultano ha altresì esortato gli europei ad affiancarsi agli americani nella difesa del Golfo di Oman e ha ripreso i tentativi di concertare un «Gulf Security Pact». ★ * Questo .patto di sicurezzatra gli Stati arabi che si affacciano sulla sponda occidentale del Golfo urta tuttavia contro quello che è stato chiamato /'«amletismo» delle cinque nazioni a Nord dell'Oman, e cioè degli Emirati Arabi Uniti, dell'Arabia Saudita, del Qatar, di Bahrein e di Kuwait. Tutti questi Paesi vogliono essere protetti dall'America, ma allo stesso tempo temono di offrire un pericoloso strumento di propaganda ai gruppi radicali, agli ammiratori della rivoluzione iraniana e a tutti coloro che considerano perniciosa ogni influenza occidentale. Lunghe sono state le esitazioni saudite prima di accogliere gli aerei-radar Usa. Un esempio. L'aeroporto di Abu Dhabi è tutto uno sfrecciare di aviogetti militari, tanto che le partenze e i decolli degli aerei civili subiscono non pochi ritardi. L'aviazione degli Emirati Arabi Uniti è all'erta. Ma si apre /■Emirates News, il quotidiano semi-ufficiale, e lo sguardo cade su un grande, imperioso disegno. Una creatura spaventosa, da film dell'orrore, irrompe, fucile alla mano, bava alla bocca, in una stanza e minaccia un piccolo arabo, il fanciullo urla: «Un mostro... nella nostra casa». 77 mostro, come indicano varie scritte, è la Rapid Deployment Force americana: e l'ingresso che gli ha permesso di violare la dimora reca il nome Military Facilities. L'Oman ha maggiore libertà d'azione, può concedere military facilities (anche a costo di alienarsi l'amicizia di alcuni .fratelli, arabi), può parlare con maggior franchezza perché il suo sultano siede su un trono più robusto di quello degli altri monarchi arabici. La nazione, che non è nata dal dissolvimento di nessun impero, ma che ha una sua lunga, nobile storia e ha dominato i mari dal Madagascar all'India, questa nazione ha trovato in Qabus Bin Said un saggio e intelligente amministratore. Con l'aiuto di consiglieri britannici, ora sempre più rari, il sovrano ha dato al Paese coesione, entusiasmo e un benessere crescente. L'Oman ha evitato le costose follie dell'Iran e di altre nazioni del Golfo. Eppure, il suo gradualismo l'ha portato lontano. Nel 1970, quando Qabus depose il proprio padre — che più che un misantropo era un paranoico — l'Oman era un pianeta medievale. Delle sue glorie passate non erano rimasti che i monumenti, gli omaniti migliori erano fuggiti all'estero: in tutto il vasto territorio — 300 mila chilometri quadrati, poco meno dell 'Italia — vi erano soltan to 13 medici,.12-letti. Oggi, il milione e mezzo di omaniti dispone di 14 grandi ospedali più cliniche e dispensari: e gli allievi, nei vari istituti, sono oltre 100 mila. Fra qualche anno, l'antica città di Nizwa, con la sua maestosa fortezza del XVII secolo (quando gli omaniti, compatti, sì liberarono dei portoghesi e conquistarono la supremazia navale dell'Oceano Indiano occidentale) accoglierà il primo a teneo. Oggi come oggi è impensabile che l'Unione Sovietica attacchi l'Oman o le altre nazioni arabe del Golfo: Carter ha avvertito Mosca che l'America è pronta a difendere la regione «con tutti i mezzi necessari, inclusa la forza militare». La vera minaccia è costituita da sconvolgimenti interni tipo Iran, da guerre come quella tra Teheran e Baghdad o dall'ascesa al potere di radicali, di destra o di sinistra, dagli umori imprevedibili. Se ciò accadesse in Oman, sarebbe un disastro. L'intero traffico marittimo tra il Golfo e il mondo solca le sue acque: ma, per ora, non vi sono nubi all'orizzonte. Il movimento delle petroliere è diminuito dall'inizio del conflitto Iran-Iraq, non di molto però. Circa 77 navi traversano ogni giorno lo Stretto di Hormuz, o verso Nord o verso Sud: è la circolazione sanguigna che tiene in vita le economie dell'Occidente e del Terzo Mondo. All'imboccatura dello Stretto, i tankers lasciano le acque internazionali e doppiano la selvaggia penisola di Musandam navigando per circa quattro chilometri entro i limiti territoriali omaniti. Quaranta-cinquanta chilometri separano qui la costa amanita dall'iraniana. Basterebbero poche mine a bloccare per vari giorni lo Stretto, basterebbe anzi la sola minaccia. Questo dunque il Golfo, alla fine di un anno tormentoso. L'Occidente sa che può contare sull'Oman: la Rapid Deployment Force comincia a prender forma, anche se tra mille difficoltà tecniche: unità navali americane, inglesi, australiane, francesi incrociano all'imboccatura del Golfo di Oman, dove l'Oceano Indiano abbraccia il Mare Arabico. Purtroppo, le fragilità politiche e quindi le incognite militari sono a Nord della Penisola di Musandam, a Nord dell'Oman, nel Golfo vero e proprio. E' un crogiolo rovente in cui ribollono nobili aneliti e gretti interessi, evoluzioni e involuzioni, le pene e le paure della ricchezza petrolifera. Mario Ciriello

Persone citate: Khomeini, Mussolini, Saddam Hussein, Said