Se il ronzino ce la fa di Lietta Tornabuoni

Se il ronzino ce la fa Se il ronzino ce la fa (Segue dalla 1* pagina) gliori; e le zone interne, specialmente appenniniche, più depresse, brulle, poco produttive. I diversi Mezzogiorni sono poi cambiati negli anni. Anche quelli più poveri: la Basilicata era tutta depressa, gli americani ne debellarono la malaria nel dopoguerra, e la piana di Metaponto bonificata vede oggi un notevole sviluppo dell'agricoltura intensiva ricca. Dal punto di vista agricolo, il Nocerino è una zona ricca. Alcune iniziative industriali sono fallite, altre no: Napoli e Caserta ne presentano molte. Ma non appena una zona conosce un certo sviluppo, dalle altre zone vi affluiscono giovani, lavoratori: la parte più povera incombe su quella in via di miglioramento, la sovraffolla, frena le positive conseguenze sociali dello sviluppo, vi riproduce isole di miseria. Il Napoletano è una delle zone a più alto grado di industrializzazione: ma a Napoli c'è pure l'atroce povertà dei "bassi", aggravata nella periferia dalle immigrazioni dalla Campania e dall'Avellinese. Nel Mezzogiorno più sviluppato, un'agricoltura ricca e un'industrializzazione non piccola coesistono con la povertà più disperata. «Poi c'è il Sud del Sud, cui appartengono anche le terre più colpite dal terremoto, l'interno della Campania, quasi tutta la Basilicata: prevalentemente povere, salvo Salerno e, in parte, Potenza, che ha avuto un certo impulso di città burocratica. Queste zone hanno un'economia di sopravvivenza: la gente che vi è rimasta vive di poca agricoltura e scarso allevamento, di pensioni o sussidi statali, di rimesse degli emigranti. E' povera, ma non miserabile: non ha l'angoscia della miseria». Gli altri, i giovani, se ne sono andati. «Dal 1973 in poi, l'emigrazione è finita, come fenomeno socialmente rilevante. Dal 1961 al 1967, ogni anno 200.000 persone emigravano dal Sud al Centro-nord o all'estero. Nel 1975, in Campania furono 11.000 i lavoratori espatriati, e 13.000 i rimpatriati; in Bas;licata, 11.000 gli espatriati, 4.000 i rimpatriati. Nel 1978, in Campania il numero degli espatriati era pari a quello dei rimpatriati, 9.000; e in Basilicata lo stesso, 3.000. L'emigrazione all'estero si è azzerata per due ragioni: s'è indebolita la domanda di lavoratori in tutti i Paesi della Comunità economica europea, e sono migliorate le condizioni di vita in Italia». Se i meridionali non emigrano più, dove lavorano? «Cercano lavoro nell'ambito regionale, ma bisogna tener conto del fatto che l'incremento naturale della popolazione è in netta flessione: nel Mezzogiorno come altrove nascono sempre meno bambini, e gli indici di natalità e mortalità tendono ad avvicinarsi. Nel decennio 1850-1860, la natalità nel Sud era del 36 per mille. Un secolo dopo, nel decennio 1950-1960, era del 20 per mille. Oggi è del 15 per mille, e se ne cominciano a sentire gli effetti. Il quadro non è cosi nero». Nella ricostruzione dopo il terremoto lei ha fiducia? «La storia economica dà risposte creative, diceva più o meno il titolo d'un articolo del mio maestro, l'economista americano Schumpeter. L'Italia, specialmente quella meridionale, è imprevedibile: pensando al suo futuro, preferisco essere un ottimista senza illusioni anziché un pessimista senza speranze». Lietta Tornabuoni

Persone citate: Nocerino, Schumpeter