Forlani rimane presidente de manca l' intesa sul successore di Luca Giurato
Forlani rimane presidente de manca l' intesa sul successore La «rivolta morale» nel partito si estende ai senatori Forlani rimane presidente de manca l' intesa sul successore Non c'è accordo neppure per le altre cariche interne - Ma., afferma (ìui, «certe dure polemiche sono state superate» - Nella prossima settimana si terrà una grande assemblea congiunta di deputati e senatori per discutere la «svolta» ROMA — Mentre la «rivolta morale» contro le correnti si estende tra i deputati de e «contagia» anche i senatori (in 40, ieri, hanno aderito con una lettera a Piccoli), gli sforzi unitari del segretario politico tra maggioranza e minoranza sono caduti ma non falliti. Anche se, nella de, sino all'ultimo sono possibili sorprese clamorose, è confermato che al Consiglio nazionale di sabato il nuovo presidente non verrà eletto e la carica resterà a Forlani. Era il problema più grosso e non è stato risolto, per la solita, intransigente opposizione di Panfani e di Donat-Cattin ad Andreotti e per pressioni dei «peones» in rivolta contro capicorrente e notabili del partito. «Se dipendesse da me, da Forlani e De Mita, l'accordo sarebbe stato fatto sulla parola*, ha detto Piccoli sorridendo amaro. Forlani era a due passi, nel «transatlantico» di Montecitorio. Cosi, gli ho chiesto, continuerà a fare il doppio presidente? -Come sarebbe!*. Del governo e del partito. -Del partito spero proprio di no*. Sembra inevitabile. «Sé, non so. Vedremo*. Un «vedremo» anche per il leader del pri Spadolini, che gli sollecita con garbo la convocazione del «vertice» a quattro per -l'emergenza morale*, il presidente dice d'aver parlato al telefono con Craxi e Longo. Il vertice dovrebbe svolgersi a metà della prossima settimana. Ma tutto, anche a giudizio di Spadolini, è legato alle vicende interne della de. Piccoli ha mancato il bersaglio più grosso ma ha ottenuto, al termine di un'altra giornata di incontri estenuanti un primo successo: al Consiglio nazionale non saranno votati documenti politici; la circostanza avrebbe impresso un crisma ufficiale a contrasti e divisioni che, ai vertici del partito, sono assai meno netti e aspri di due-tre settimane or sono. Tra i due fronti, il clima, i rapporti personali e interpersonali, sono meno tesi. Non c'è accordo anche per altre cariche interne, ma, come dice Gui, è «in atto un confronto e certe dure polemiche da una parte e dall'altra sono state, in parte, superate Voterete la relazione che Piccoli leggerà al Consiglio nazionale? «Non posso dire né sì né no. Occorrerà prima sentirla. Se, come credo, sarà aperta, avrà il nostro consenso ha risposto l'ex ministro, che è uno degli «ambasciatori» della minoranza più impe gnati nelle trattative. Non c'è dubbio che il voto unanime sulla relazione se gnerebbe una svolta positiva nelle vicende interne della de, i cui «riti», però, continuano a non piacere ai «peones» in rivolta. Le firme dei deputati sotto l'ormai famoso «documento dei quattro punti» contro le correnti e per la moralizzazione del partito sono ormai 150. Non solo. I firmatari, che appartengono a tutti i gruppi del partito, hanno chiesto ed ottenuto, per la prossima settimana, una grande assemblea congiunta dei deputati e dei senatori de per portare avanti, nel modo più efficace, i contenuti concreti della loro azione. Nella lettera a Piccoli, i 40 senatori che hanno aderito alla «rivolta» sottolineano, polemicamente, che «é assai precario il rapporto tra le assemblee dei gruppi parlamentari e i dibattiti del Consiglio nazionale.*. In altre parole: è ora di finirla con questo «distacco», voluto dai capicorrente, tra i vertici e la base parlamentare del partito. 'Non tanto ci appare drammatica la nostra progressiva solitudine rispetto agli altri partiti, ma ci sembra assai rischiosa la possibilità di isolamento del Paese. Sarebbe del tutto inutile — sottolineano i 40 senatori, tra i quali Martinazzoli — parlare della questione morale come di un accidente da contenere con qualche invenzione del momento*. Tensione al Senato e ancor più alla Camera, dove, tra l'altro, i radicali hanno aperto una raccolta di firme per processare l'ex ministro de Gioia, assolto grazie a voti socialisti che hanno provocato aspre reazioni della sinistra psi. Come ha detto Silvestri (gruppo Bodrato): i 150 firmatari aspettano qualche segnale positivo dal Consiglio nazionale, ma non sono disposti a barattare un'unità pasticciata con il discorso di più ampio respiro che vogliamo fare. «Per questo, puntiamo a valorizzare il ruolo dei gruppi parlamentari Non già per ipotizzare improponibili e nefasti contrasti con il partito*. Quale sia il vero stato d'animo dei deputati de lo si è capito molto bene, ieri mattina, lBrpq quando ha preso la parola il loro presidente, Gerardo Bianco, nel dibattito sul terremoto. I deputati hanno applaudito, senza entusiasmo e quasi per «dovere d'ufficio», gli oratori del governo. Bianco, invece, ha avuto una ovazione spontanea e interminabile. Nel suo discorso, che ha denunciato disfunzioni ed errori nei soccorsi, ma che è stato molto polemico con -la campagna condotta dai comunisti contro la de*, i deputati hanno ritrovato un «orgo glio di partito*, una -svolta morale* che ha avuto l'effetto di una scossa salutare. Contro la tesi del pei (la de è un -ammasso di clientele*). Bianco ha detto che -le zone del Meridione non sono aree immobili, ma centri vitali di sviluppo e di trasformazione. Sono state costruite autostrade e si è promossa l'industrializzazione, spesso con l'avversione delle sinistre*. Ma l'applauso più significativo dai banchi de a Bianco si è levato dopo queste parole: -La de non accetta intimidazioni: sarà però severa anche con i suoi uomini*. Luca Giurato
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