Nomenklatura: i padroni dell' Urss di Renata Pisu

Nomenklatura: i padroni dell' Urss COLLOQUIO CON MICHAEL VOSLENSKY, AUTORE DI UN LIBRO ESPLOSIVO Nomenklatura: i padroni dell' Urss «Uno di loro», transfuga in Occidente, descrìve vita e costumi di questa casta privilegiata - Sono 750 mila persone che esercitano il potere su 260 milioni di sovietici - Mangiano caviale, vogliono moquette rosa e pigiami di Parigi, ma appaiono grigi, noiosi, conformisti - «L'ipocrisia è la caratteristica fondamentale» - «Vivono di menzogna e demagogia» MILANO — Non se ne parla a alta voce, soprattutto con chi ne è al di fuori, al massimo lo si può sussurrare ma con un sorriso volutamente modesto «la rabotaio v nomenklature», lavoro nella nomenkìatura. I russi capiscono: lavorare nella nomenkìatura (ufficialmente «la lista dei nomi più importanti assegnati sull'esclusiva base della raccomandazione del comitato di partito interessato e che accoglie i funzionari che occupano i posti chiave-) significa appartenere alla classe dirigente, comandare il partito, la polizia, l'esercito, la burocrazia. Essere i •padroni dello Stato- non i suoi servitori. Che questa lista esistesse, già lo si sapeva in Occidente, ma erano piuttosto nebulose le informazioni concernenti la sua struttura, la sua fisiologia, il meccanismo politico su cui si basa e il modo in cui esercita il potere. Ci voleva un transfuga da questa classe privilegiata che conta circA 750 mila persone e esercita il suo imperio su 260 milioni di sovietici, per capirne qualcosa di più. Il transfuga c'è: è Michael Voslensky, autore di Nomen¬ kìatura - la classe dominarne in Unione Sovietica, (ed. Longanesi). Un libro in cui sono descritte e analizzate dall'interno storia, struttura e vita quotidiana dei nomenklaturisti. Voslensky fino al 1972 era «uno di loro-: è stato interprete al processo di Norimberga contro i criminali nazisti, membro della commissione sovietica per il disarmo, professore all'università Lumumba di Mosca. Dal 1950 al 1972 ha lavorato in stretto contatto con l'apparato del comitato centrale del pcus.Alla fine se ne è andato, è approdato in Occidente, ha scritto questo libro che mette in luce come oggi quel «potere- gestito da quella classe, non grondi di lacrime e sangue ma trasudi piuttosto noia e grigiore, paralizzante conformismo e bieca ipocrisia. E infatti, parlando con Voslensky, si capisce che difficilmente della nomenkìatura potrebbero far parte brillanti ingegni, visto che la premessa per diventare nomenklaturista è l'iscrizione al partito e die, dice Voslensky, «il primo requisito per vedere accettata la domanda di iscrizione è la docilità». Ma cosa dà il sistema in cambio di docilità e conformismo? «Privilegi, risponde Voslensky, dai minimi ai massimi, a seconda della carriera che uno riesce a percorrere. Chi arriva alla nomenkìatura li ha tutti. Basta che chieda e gli è dato». Denis Ivanovic, il nomenklaturista tipico preso in esame da Voslensky (lo ha fatto apposta a scambiare nome e patronimico di Ivan Denisovic la cui ben diversa giornata è stata descrìtta da Soljenitsin) è un beato: gode per il pigiama che ha comprato a Parigi ai magazzini Lafayette, per il caviale che gli servono a colazione, per la moquette rosa del suo ufficio. Minime soddisfazioni, pensiamo noi, piuttosto meschine e neanche tanto di buon gusto. Non potrebbero evolversi questi nomenklaturisti, domandiamo a Voslensky, diventare dei raffinati esteti? Voslensky ne dubita. Dice «E' già tanto quello che hanno ; il privilegio si misura rispetto alla penuria degli altri. Un pigiama comprato a Parigi, sia pure ai grandi magazzini, è uno status simbol-. Dunque la questione, posto che la situazione sia sempre e ovunque di relativa penuria, è questa: una patata in campo di concentramento vale quanto una Rolls-Royce a Londra, la ricerca del privilegio è una costante con tante variabili, dalla patata al jet personale, passando per la cravatta firmata, l'orologio di marca, la casa. Voslensky, davanti alle vetrine di via Montenapoleone, lo conferma: la. ricérca del privilegio è un meccanismo psicologico umano, non generato da un sistema specifico. Ma, secondo lui, il sistema politico che vige in Urss lo usa e lo sfrutta in modo particolare ribaltando l'equazione: non potere politico come derivato dalla ricchezza ma ricchezza come derivato del potere politico. «Se questo suo libro fosse pubblicato in Urss che effetto farebbe? Inciterebbe i cittadini a liberarsi da questi padroni?- «Il cittadino sovietico sa che esistono i nomenklaturisti. Li chiama "oni" (loro). Quando li intravede passare sulle loro macchine lussuose pensa: come sono fortunati, quanto sarebbe bello se anch'io diventassi nomenklatu- rista... Ma che fare? Loro sono i capi •Ma "oni", loro, non assolvono nessuna reale funzione, non hanno nessun merito?« Certo, dice Voslensky, anche la nomenkìatura ha dei meriti, nell'organizzazione dell'indutrializzazione per esempio». «Ma si sarebbe potuta organizzare meglio, no?" «SI, però l'ha fatto. E' già qualcosa». «Allora non è vero che l'unico scopo dei nomenklaturisti è garantire la sopravvivenza del proprio privilegio?- «Io nel mio libro parlo anche delle loro caratteristiche positive. Hanno fatto abbastanza nel campo della pubblica istruzione, della sanità, della cultura, non grandi cose ma l'analfabetismo è sparito, la scuola è una buona scuola...». •Ai vari Denis Ivanovic non viene mai in mente che il loro potere alla lunga potrà essere scalzato grazie a questi processi che loro stessi hanno innescato? Non temono di generare i propri affossatori?- «La nomenkìatura. spiega Voslensky, è una classe egoista, di vedute limitate. Al massimo fa previsioni per un arco di cinquant'anni. Al massimo i nomenklaturisti pensano al futuro dei loro figli». •Ma mi dica, la borghesia pensa forse sulla scala dei secoli?- «Scusi ma il paragone non regge. La borghesia è una classe composita, solidale ma sempre condizionata dal confronto con le altre classi, si difende ma è costretta a negoziare. Ha i suoi critici, interni ed esterni». •La nomenkìatura, come lei la descrive, è invece una casta, una chiesa-. «No, io dico che è una classe, ma una classe molto pratica che si orienta soltanto su potere e privilegio, senza visioni di sviluppo. I suoi intellettuali sono i propagandisti che parlano di abolizione delle diseguaglianze ma senza crederci. L'ipocrisia è la caratteristica fondamentale di questa classe, oltre alla oculata assegnazione dei privilegi minori». «Non c'è gente in Unione Sovietica che rifiuta questo baratto?- «Idealisti? Certo che ce n'è, ma sappia che ce ne sono di più là dove non si pone il problema della patata». «Ma se l'economia si sviluppa? Se cominciano a abbondare le patate? O i fiori? So che i georgiani a Mosca hanno organizzato un mercato privato semiclandestino di fiori. Li importano dalla Georgia in aereo e guadagnano tanti quattrini. Si sono inseriti in una smagliatura del sistema che li tollera, vi è costretto-. «Oh adesso l'Unione Sovietica è diventata liberale rispetto al periodo stalinista...». •E se i georgiani, o altri, co- minciassero a commerciare anche in patate? Un fiore alla volta, una patata alla volta, a poco a poco ci sarebbero sempre meno persone disposte alla docilità. O è un'ipotesi fantapolitica? «No, bisogna dire che c'è un certo sviluppo, un'evoluzione, ma è lenta, lentissima. Ci sono processi nella società, sicuro, ma lenti». Tuttavia una società esiste, 260 milioni di persone vivono, hanno un loro spazio personale di azione. Perché nel suo libro non ne parla?«Non era il mio intendimento. Ho voluto descrivere la nomenkìatura come fenomeno sociale e psicologico, come classe dirigente diversa dalle classi dirìgenti prodotte da altri sistemi socio-economici». «Afa non è una classe, da come lei la descrive è una casta odiosa-. «St. non è simpatica, ma non perché è privilegiata, tutte le classi dirigenti lo sono, ma perché è ipocrita. Vive di menzogna e di demagogia. La mia personale opinione è d'altronde che tutte le classi dirigenti sono obsolete, non più necessarie». Perché non sono in contatto con il Paese reale?- «Appunto. Si potrebbe anche dire Renata Pisu Michael Voslensky