L'ultima chance di Lietta Tornabuoni

L'ultima chance L'ultima chance (Segue dalla l'pagina) zione, le occasioni di ladrocinio, la dipendenza dei cittadini, esiste. Ed esistono, su un terreno tanto esplosivo, tutti i rìschi di rivolte popolari. Se non si determina oggi una svolta, non è soltanto la «questione meridionale» che non si risolve, ma tutto, l'intera «questione italiana», la sopravvivenza democratica del Paese. Che cosa vuol dire per lei «una svolta»? — Non dichiarazioni, ma fatti. Primo: il modo di procedere alla ricostruzione. Dev'essere rapido. Deve eliminare le formalità inutili che non servono neppure a impedire le ladronerie, anzi, creano il terreno ad esse più favorevole. Deve liberarsi degli intralci burocratici: s'è scoperto ora che alla Regione Campania ci sono ancora 270 miliardi stanziati per risarcire i danni del terremoto del 1962, ancora non erogati diciotto anni dopo. Deve coinvolgere gente che alla ricostruzione lavori onestamente: questo dovrebbe essere normale, e invece eccoci a presentarla come una richiesta di rinnovamento. E' solo questo, la svolta? — Ricostruire quanto è stato distrutto dal terremoto non risolve certo la questione meridionale né il problema dei territori abbandonati dagli emigranti. Naturalmente non si può essere contro l'emigrazione in sé: ma contro l'emigrazione imposta dalla miseria, sì. Questa è l'occasione per rilanciare il progetto di dare al Sud una struttura economica adeguata ai bisogni della sua popolazione, di riequilibrare la condizione meridionale a quella del resto d'Italia. Come, secondo lei? — Sarebbe un errore pensare che la questione meridionale sia una questione agraria: nel nostro tempo la ricchezza non può essere affidata all'agricoltura. o credo che il reddito dell'agricoltura debba essere difeso: pagando al giusto prezzo i prodotti destinati al mercato e quelli destinati alla trasformazione industriale: riducendo lo sfruttamento parassitario dei vari mediatori: sostenendo lo sviluppo agricolo con interventi statali: incoraggiando la formazione di consorzi e cooperative di produttori. Ma poi rimane un problema generale di industrializzazione: che è una necessità. Il turismo è certo un'attività economica importante per il Sud, ma non è risolutivo, né può essere alternativo all'industrializzazione. Parlo di un'industrializzazione diversa da quella sinora in parte introdotta al Sud, parlo di industrie destinate alla trasformazione dei prodotti locali, attraverso concorsi e cooperative di lavoratori che darebbero impulso alla lavorazione della terra. Favorire questo tipo di impresa, di cui esistono già alcuni esempi nel Casertano, è molto più efficace che dare aiuti improduttivi, elemosine. L'industrializzazione è sempre stata l'idea fissa della sinistra per il Sud: le sembra che si sia rivelata giusta, oppure sbagliata? — Rimproveri da farsi ce ne sono sempre. Rispetto al Mezzogiorno, certo la sinistra ha troppo a lungo posto l'accento sui problemi agrari; non ha previsto il grande flusso migratorio degli Anni Cinquanta né lo sviluppo della concentrazione industriale nel Nord; ha dato attenzione prevalente agli interessi della classe operaia settentrionale. Ha visto gli scarsi risultati della programmazione dei governi di centro-sinistra: nella programmazione l'impegno per il Mezzogiorno era fondamentale, ma non riuscì a can'celiare la disuguaglianza tra le due Italie, quella del Nord e quella del Sud. Però sarebbe ingiusto far ricadere il persistere di questa disuguaglianza più sulla sinistra che sulla classe dirigente. Gli investimenti privati nel Mezzogiorno sono stati molto pochi. Gli investimenti pubblici, a cominciare dall'Alfasud, hanno presentato tutti gli inconvenienti che sappiamo. La borghesia meridionale s'è impegnata pochissimo: ha preferito comprare e dare in affìtto case o terreni piuttosto che investire nell'industria, s'è tenuta al reddito arcaico e sicuro invece di teniare iniziative che avrebbero modernizzato la nostra terra. Adesso? — Adesso, se sapremo trarre una lezione dalle cose, persino il terremoto può avere effetti positivi. Per lo Stato, è l'occasione: se non coglie questa, non ne avrà altre. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Casertano

Luoghi citati: Campania, Italia