Centinaia di terremotati in coda chiedono i biglietti per l' estero

Centinaia di terremotati in coda chiedono i biglietti per l' estero Quasi tutti rifiutano la sistemazione negli alberghi della costa Centinaia di terremotati in coda chiedono i biglietti per l' estero Il viaggio, di sola andata, è gratuito - Molti emigrati sono tornati per prendere i parenti AVELLINO — L'esodo dalle zone terremotate dell'Avellinese ha per ora come meta più l'estero che gli alberghi requisiti. Per questi ultimi stamani sono partiti solo in otto, da Sturnp, un piccolo centro della provincia che non figura nemmeno nell'elenco dei paesi più colpiti. Nella caserma Berardi, invece, dove è allestito l'ufficio emigrazione, quello ossia che consegna a chi vuole partire biglietti ferroviari e aerei a vista, ieri si è formata una fila tanto lunga che i funzionari della prefettura addetti al servizio si sono precipitati a chiedere rinforzi ed hanno cominciato, per ovviare alla confusione, a distribuire foglietti numerati all'ingresso. Ieri, alle 10. dopo appena due ore dall'apertura, di biglietti ne erano stati distri- buiti oltre una sessantina. Ognuno di essi in genere è per un intero nucleo familiare. Chi vuole partire deve solo esibire una dichiarazione del sindaco del suo paese (o di chi lo sostituisce) in cui si attesta genericamente la sua provenienza da una zona terremotata. Pochi vanno in altre città d'Italia. I più sono diretti all'estero, ai Paesi della Cee ma anche oltre oceano: negli Stati Uniti, nei Paesi dell'America Latina e anche in Australia. In questo caso viene dato un biglietto aereo. Per il 60 per cento paga l'Alitalia. per il resto il governo. Se uno ha il passaporto meglio, se non lo ha non è un grosso problema. Se lo farà rilasciare, all'arrivo, in qualche consolato. Sono state chieste a chi fa la fila le ragioni che spingono a partire. Le risposte sono state le più disparate: «Non ho più casa», «Sono rimasto solo», «Ho perso tutto». «Ho paura». Natalia D'Ambrosio, di Mirabella Eclano, ha quattro figli. Con loro ha trascorso otto giorni, parte all'addiaccio, parte afferma in una tenda in cui entrava l'acqua. Non ce la fa più. Vuole raggiungere il marito in Svizzera. Antonietta Sandri. invece, va negli Stati Uniti. La sua casa a Bisacce è stata gravemente danneggiata. Solo dopo due giorni ha trovato uno dei suoi tre figli che aveva creduto morto. A fare la fila non sono solo donne, anzi, la maggior parte sono uomini. Alcuni come Luigi Raffaele, originario di Alta Villa, sono venuti dalla Germania o da altri Paesi a prendere mogli e figli. Molti altri invece fanno capire che ormai non hanno più nulla da perdere, che non credono nella ricostruzione, che ritengono sia giunto per loro il momento di tentare la strada dell'emigrazione. Il biglietto, fa rilevare uno di loro, è di sola andata e ben pochi di noi, soprattutto dopo il terremoto, può permettersi di pagare quello di ritorno. Diciassettemila emigrati sono tornati nei giorni scorsi sui luoghi colpiti dal terremoto. Molti — più di un migliaio — sono già rientrati nei paesi nei quali lavorano portandosi dietro mogli, figli, parenti. Le cifre sono state fornite dalla Farnesina in base al rilascio di certificazioni da parte dei consolati italiani ma la prima, quella relativa ai precipitosi viaggi nel Sud, è sicuramente inferiore per difetto alla realtà. Gli emigrati che si sono re| cati nelle zone d'origine dopo aver avuto notizia del sismo sono stati in realtà molti di più, forse più del doppio Molti di questi emigrati giunti tra i primi sui posti d'origine dalla Germania, dalla Francia e dalla Svizzera, non hanno potuto chiedere nulla ai consolati anche perché — lo hanno ammesso in una conferenza stampa il sen. Libero della Briotta, sottosegretario agli Esteri con delega per l'emigrazione — la chiara percezione della gravità e della vastità del terremoto si è avuta in Italia solo nella serata di lunedi.

Persone citate: Alta Villa, Antonietta Sandri, Berardi, Luigi Raffaele, Natalia D'ambrosio