Lo scorbutico signor Waugh di Masolino D'amico

Lo scorbutico signor Waugh UN «BEST-SELLER» LE LETTERE DELLO SCRITTORE SNOB Lo scorbutico signor Waugh Così si rivolse a Graham Greene: «li tuo nuovo iibro sembra scrìtto trent'anni. fa» - Un complimento, in confronto alla ferocia con la quale flagellò i discendenti decaduti degli eletti d'Inghilterra - Perché l'autore di «Una manciata di polvere» è il più moderno prosatore che la Gran Bretagna possa vantare «Secondo me il finale è cosi stravagante che sbilancia tutto il resto. Non starai me¬ scolando due cose? La prima parte è convincente, un vero ritratto di persone che si sono incontrate e che si potrebbero incontrare ancora... Ma poi mettere Tony in balia di un folle introduce una nota del tutto nuova, e ci troviamo nella stravaganza...». Cosi Henry Yorfce, alias Greene, a Evelyn Waugh subito dopo l'uscita di Una manciata di polvere (1934): ed è un appunto che in seguito avrebbero ìriosso molti altri lettori. Come noto il protagonista del romamo di Waugh, Tony Last, è un aristocratico né ricco né particolarmente brillante, molto attaccato a certe tradizioni, soprattutto alla conservazione della cadente, indifendibile casa dei suoi avi (Waugh della copertina del libro: «Ho incaricato l'architetto di disegnare il peggior 1860 possibile»/ Sopraffatta dalla noia della vita di campagna, la sua bella moglie lo tradisce con un piccolo arrampicatore privo di personalità, in questo potendo contare sulla solidarietà di tutto l'ambiente mondano. Per Tony l'infedeltà di Brenda è il crollo di tutto (poco tempo prima in un incidente equestre gli è morto anche l'unico figlio). Parte per l'Amazzonia; e qui sparisce per sempre, catturato da mi selvaggio, un pazzoide che lo costringe a leggergli ad alta voce i romanzi di Dickens. Questo finale preesisteva al libro, era nato infatti come racconto autonomo; solo in un secondo tempo Waugh concepì l'azione principale come suo antefatto. Che la giustapposizione delle due storie non fosse totalmente persuasiva lo confermò lo Harper's Bazaar, acquistando il romanzo per pubblicarlo a puntate, ma a condizione che Waugh ne riscrivesse il finale. Eppure a quasi mezzo secolo dì distanza non si saprebbe indicare un'altra opera in cui l'amarissima visione di Waugh circa il destino dell'Inghilterra sia espressa con altrettanta chiarezza. Solo esponente di una upper class ormai totalmente frivola e corrotta, Tony Last non sa, e forse non ha mai saputo, per cosa battersi; oscuramente sente di dover almeno impedire a qualcosa del passato dì andare totalmente in rovina — anche se è un passato ingombrante, ridicolo, di nessuna tangibile utilità. La sua casa vittoriana non ha nemmeno il pregio di possedere una qualche distinzione artistica. In questa battaglia Tony è completamente isolato: nessuno, nemmeno nel suo ambiente, ne vede la necessità; nessuno lo aiuta. Viene, prevedibilmente, sconfitto. E finisce a esibire grottescamente ai selvaggi le vestigia di quella che fu una civiltà. Qualcuno ha detto che quando una civiltà finisce. diventa un'attrazione turistica. Aveva previsto Waugh le torme dei visitatori giapponesi alla Torre di Londra, le indicazioni stradali in arabo a Mayfaìr, gli studenti del terzo mondo a Eton? Scorrendo la lista dei destinatari delle lettere raccolte nella magnifica edizione rapidamente diventata un best-seller nei Paesi anglosassoni (a cura di Mark Amory, Weidenfeld and Nicolson, pagg. 664, sterline 14.95) qualcuno ha avanzato il sospetto che Waugh fosse uno snob. «Chiedere se Evelyn Waugh era uno snob è come chiedere se Gengis Khan era un despota», ha osservato Clive James sulla New York Review of Books, in una recensione interessante per il disagio del suo au tare. Affascinato da Waugh ma ansioso di non essere frainteso dai propri lettori, il James dedica tutta la prima colonna a preparare costoro allo choc di scoprire in Waugh un antisemita. Poi però spiega che Waugh era altrettanto indisponente «a proposito di qualunque altro gruppo sociale, razziale o etnico». esclusa solo l'aristocrazia cattolica anglosassone; ma diciamo pure l'aristocrazia. Biografi e recensori hanno calcato molto su questo «snobismo», ricordando i rimpianti di Waugh per non essere stato a una scuola più in di Lancing, la sua rapidità, a Oxford, nel fare amicizia coi rampolli delle grandi famiglie, la sua coltivazione durante tutta la vita delle Diana Cooper e Nancy Mitford e dei Randolph Churchill e Arthur Baldwin; ricordando come Waugh si atteggiasse a signorotto di campagna, insistendo per il rispetto di certe polverose tradizioni, come quella di cenare in abito da sera; come la sua seconda moglie fosse una Herbert, figlia del secondogenito di Lord Carnarvon. E lo stesso cattolicesimo di Waugh non aveva forse un carattere conservatore, codino? Scrupoloso consumatore di pesce il venerdì, nelle ultime lettere (1966) Waugh non fa mistero della sua costernazione per quanto sta venendo fuori dal Concilio, con l'abolizione della messa in latino e altre riforme. Ma ricordiamo Una manciata di polvere. Waugh apparteneva per elezione al secolo precedente, e si sentiva quindi condannato ad assistere all'inarrestabile sgretolamento del «suo» mondo. Questo atteggiamento, fra parentesi, non è poi cosi raro fra gli scrittori inglesi; basta pensare a Ricorda con rabbia (1956) dì John Osborne. A differenza del Jimmy Porter di Osborne, che infuria perché deluso da quello che si è trovato intorno una volta adulto. Waugh aveva fatto in tempo ad assaggiare un po' della dolcezza del passato; nella Oxford degli Anni Venti permaneva almeno il ricordo, o il mito, di quanto erano urbani, colti, spiritosi, una volta, gli eletti. Nello scegliere i discendenti dei quali come unica compagnia tuttavia Waugh non si sognò di idealizzarli. Quella classe sociale era l'unica possibile; ma appunto perché così decaduta, lo riempiva quotidianamente di indignazione. La flagellò nei suoi libri con una ferocia che può apparire addirittura spropositata. E come dimostrano le lettere, non la risparmiò nemmeno nel contatto privato. La sua fama di scorbutico non fu mai messa in discussione da nessuno. A chi gli chiese una volta come conciliasse il suo dispetto del inondo con la sua religione dichiarò che se non fosse stato cattolico, sarebbe stato molto più cattivo. Waugh era insomma un uomo deluso in quel desiderio di trovarsi a proprio agio nel cosmo che dopotutto è innato in qualunque essere umano. L'esistenza gli era spesso intollerabile; amava affermare di essere praticamente morto dopo la fine della guerra (nella quale aveva militato, volontario, per quattro anni, sperando di contribuire a fermare la Storia). Ma Michael Howard esagera sul Times Literary Supplement a parlare dell'accidia di Waugh. autoesiliatosi in campagna durante tanti anni, a condurre una vita ritirata. Durante quel ventennio lo scrittore produsse libri di primissimo ordine, fra cui la trilogia Sword of Honour, che ancora di recente lo storico A. J. P. Taylor Ila definito come il miglior ritratto dell'Inghilterra durante il periodo bellico. Il ricordo dei sei figli e ora le lettere lo descrivono padre tutt'altro che distaccato. E le lettere, non furono forse un lavoro? Adesso sappiamo con quanta generosità Waugh continuò a deliziare alcuni corrispondenti privilegiati (non i selvaggi, come Tony Last), puntigliosamente dimostrando come ancora nel nostro secolo sia possibile ignorare la violenta volgarità del telefono, e coltivare la civilissima arte epistolare. Tre anni fa la pubblicazione dei taccuini rivelò un Waugh introverso, intento a catalogare con scrupoloso masochismo i propri eccessi, le proprie infelicità. Il Waugh delle lettere è quello estroverso e vincente: lo scrittore impegnato nella quotidiana fatica di trasformare i propri succhi in qualcosa di fruibile dagli altri. Come scrive! Il suo occhio per tutto quanto è incongruo è di una prontezza e di una penetrazione diaboliche; ma a rendere micidiali le sue osservazioni c'è sempre una inarrivabile economia e precisione di stile. Intolleranze, pregiudizi, malumori, non importa. Con la sua strepitosa padronanza del mezzo espressivo, Waugh trasforma in oro tutto quello che tocca. Solo lui poteva dire a un collega (Graham Greene): «Il tuo nuovo libro sembra scritto trent'anni fa» intendendo un complimento Ma non diamogli retta in questo. Per antiquate che siano le sue idee, come stilista Waugh è tuttora lo scrittore più moderno che l'Inghilterra possa vantare; il vero maestro della prosa post-Bloomsbury è lui. Masolino d'Amico Lo scrittore Evelyn Vaugh nel suo studio

Luoghi citati: Gran Bretagna, Inghilterra, Londra, New York, Oxford