I Re Magi camminano ancora di Nico Orengo
I Re Magi camminano ancora Nuovo interesse per la vicenda e i simboli dei tre saggi «venuti dall'Oriente» I Re Magi camminano ancora DAVANTI a loro i fiumi si fermano, le onde del mare arrestano la loro forza e le montagne si aprono in larghe strade piane. Per loro non è mai notte. Una luce continua, abbagliante, illumina intricate foreste, distese di paludi, terre d'orzo e frumento, villaggi di fango e città di pietra. Cavalli e cavalieri, un esercito mobile e colorato di tende, cucine, tappeti, specchiere, letti, che non ha tempo né per bere, né per mangiare. Seduto nella paglia di una diroccata locanda di Betlemme, Gesù, da tredici giorni bambino, li sta aspettando. Per questo motivo i Magi hanno fretta, molta fretta. Ma chi erano gli eleganti signori alla testa dei loro eserciti, quanti erano, da dove venivano e chi li aveva avvertiti del rivoluzionario evento? La storia dei Magi, con le sue intricate fonti storiche e le sue molteplici leggende sembra oggi attivare nuovi in¬ teressi e interpretazioni: l'astronomo americano Hughes ha da poco pubblicato una serie di studi sulla datazione e la natura della stella di Betlemme; è imminente la prima traduzione italiana della Hhloria Trium Regum del monaco Giovanni Hildesheim, scritta fra il 1364 e il 1375, una avvincente sintesi delle leggende nate in Oriente e in Occidente durante i primi secoli cristiani («La storia dei Re Magi», a cura di Alfonso M. di Nola, Newton Compton, pagine 240, lire 5000); in Francia è da poco uscito l'ultimo romanzo di Michel Tournier «Gaspare, Melchiorre e Baldassarre», il racconto del loro viaggio; Ermanno Olmi, l'autore de «L'albero degli zoccoli» sta girando a Volterra un film che li vede protagonisti. Nei Vangeli Matteo dice che i Magi sono «alcuni», vengono da un imprecisato Oriente, ma non dice che sono re. E' il «Libro della Caverna dei Tesori» a dire che sono tre e re, di Persia, Saba e Seba. Ma nella «Cronaca di Zuquin» i Magi diventano dodici, fra re e sapienti, abitano la Syr, la stessa terra di Adamo e sanno dell'avvento del Messia dal «Libro dei misteri occulti». Che fossero tre o dodici, re o no, che venissero dall'Arabia, dalla Caldea o da Sabea, chi li aveva spinti verso Gerusalemme? Le profezie dell'Antico Testamento o quelle di Zoroastro? Nelle profezie di Zoroastro sono seminati, lungo i millenni e in prossimità a grandi rivolgimenti storici, una serie di salvatori che «in capo ad ogni millennio rimettono sulla retta via le cose del mondo», l'ultimo dei quali si chiama Saoshyans. A lui «spetta la gloria di concludere la storia della confusione temporale e di restituire l'ordine infranto nella Ragione». Attraverso le rivelazioni di Zoroastro, dunque, i Magi evangelici vengono a sapere dell'imminente venuta di Saoshyans o Gesù: «Verrà un tempo nel quale vedranno una stella nei cieli, portante l'immagine di una madre con il figlio in braccio». Giorno e notte, le sentinelle indiane e gli astronomi caldei e persiani rimasero sul Sabalan, la cima più alta dell'Adarbaigan, guardando con un occhio in basso per difendersi dai figli d'Israele e dai Romani e con l'altro il cielo per interpretare anche un'altra profezia, quella dell'indovino Balaom: «Sorgerà una stella da Giacobbe e uno scettro si leverà da Israele». Quando la stella apparve illuminò per un giorno intero la montagna con la stessa luce del sole ma con raggi a forma d'aquila. Fra quei raggi incastonato c'era un bambino e una croce. Allora, senza conoscersi, i tre magi partirono per quel viaggio che all'andata sarebbe durato tredici giorni e al ritorno due lunghi anni: Melchiorre, re di Nubia, portando un pomo d'oro che era appartenuto a Alessandro Ma¬ gno e trenta denari, che ritroveremo poi nelle mani di Giuda; Baldassarre, re di Godolia, con barattoli d'incenso, Gasparre, re di Tharsis con la mirra. Si sarebbero incontrati e conosciuti solo prima di Gerusalemme. Da li, insieme avrebbero fatto visita all'ignaro Erode per chiedere dove era nato il Messia. Più tardi raggiunsero la locanda diroccata, resero omaggi, ascoltarono le parole del Gesù e accettarono in dono una pietra. Poi ripresero la strada del ritorno, inseguiti dagli eserciti di Erode. Il re- gaio avuto dal Bambino non lo capirono. Come racconta Marco Polo nel «Milione» la gettarono in un pozzo e subito «un fuoco discese dal cielo ardendo e gittossi in quel pozzo. Quando gli re videro questa meraviglia, penteronse in loro. E presero di quello fuoco e porteronne in loro contrada e puoserlo in una loro chiesa e adorarono quello fuoco come Iddio». Nella tradizione cristiana i Magi diventarono vescovi e primi apostoli delle parole del Cristo. Tra fede e ragione, storia e leggenda, la fiaba dei Magi si presta a nuove e affascinanti letture. Scandita in forma circolare, con le sue tappe: la profezia, l'attesa, il viaggio, la parola rivelata e la sua diffusione, l'avventura religiosa e laica dei Magi torna oggi ad essere, in tempi di spaesamento e confusione, simbolo e metafora di quella ricerca umana tesa a scoprire e a dare significato a nuovi valori. Nico Orengo
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