La miglior città

La miglior città La miglior città SI finisce per amare Trieste, città che scopro sempre più sfortunata e lontano dalla quale nessuno di noi può vivere senza rimpianto. Batte stamane alla mia finestra il sole di un autunno che è soltanto triestino: secco, pungente e luminoso. Dalla città scostante e incantatrice sono pertanto stimolato a valutare gli aspetti accattivanti: quel tono civile che continua a sorprendere soprattutto i connazionali giuntivi a visitarla, l'aria pulita che ci si respira, il paesaggio stranamente fermo eppur sempre mutevole, il suo sapersi abbandonare all'elemento naturale e persino a quello atmosferico che incidono sull'umore della sua gente; infine un senso di asciutto cameratismo che non si oserebbe chiamare solidarietà umana eppure fa sorgere iniziative benefiche un po' dovunque. Il triestino sta diventanto un disincantato: ieri aveva rinunciato al suo potenziale europeo per darsi senza riserve ad un Paese, di facili slanci e di più ripidi oblìi comunque lontano dal capire la portata della sua dedizione; oggi cerca di collocare la propria diversità in un contesto absburgico che più non esiste. Il suo giudizio e il suo stile di vita finiscono per essere regolati dal buon senso: lo offende tutto ciò che è smaccato, lo deprime quanto sì configura come troppo angusto. Vivendo a Trieste, uno scrittore ha spesso l'impressione di trovarsi in un osservatorio ideale dal quale guardare al mondo e insieme alla vita. Fulvio Tomizza Trieste. Al «Caffè degli Specchi» (1900)

Persone citate: Fulvio Tomizza

Luoghi citati: Trieste