Leggendo quelle pagine Casanova imparò a fuggire dai Piombi
Leggendo quelle pagine Casanova imparò a fuggire dai Piombi Autobiografia w Leggendo quelle pagine Casanova imparò a fuggire dai Piombi SUL finire del Seicento una stupefacente notizia fece la delizia d'Europa, suscitando l'apprezzamento dei veri sportivi: quella della fuga di Giuseppe Pignata dalle prigioni dell'Inquisizione in Roma. Era costui discendente di un Gaspero Pignata, gentiluomo ravennate e amico del Tasso; a Roma aveva funzioni di segretario di monsignor Gabrielli. Misteriosi i motivi che attirarono su di lui l'attenzione degli inquisitori e gli valsero una condanna che, lasciata alla discrezione dei pontefici, equivaleva ad un ergastolo. Reticente su questo punto, Pignata parla di eresia. Quel che è certo è che a seppellirlo in una cella bastarono le accuse di un falegname milanese poi finito sulla forca per assassinio. Il nostro non si scoraggia. Si guarda in giro e accumula materiali utili: un paio di forbici, colla, cartone, un po' di gesso, un cinto erniario in ferro che poteva essere usato come un erpice. Decide l'evasione e la attua con sopraffina perizia artigianale, da genio del bricolage perché, buon credente, non vuole cadere nel peccato di disperazione marcendo nelle segrete. Sempre forbito e gentile, lascia delle lettere per giustificare il proprio gesto e per scusarsi. Sfuggito a cinquecento sbirri che lo cercano nelle campagne romane sotto una pioggia diluviale, Pignata riesce a riparare a Pescara, e di lì, dopo com- plicate peripezie, a Venezia, in Stiria, in Baviera, sempre con l'ossessione della delazione e dell'arresto. Nel giugno 1694 lo troviamo in salvo ad Amsterdam, dove decide di raccontare le proprie avventure nella singolare forma dell'autointervista. Gran talento di faccendiere e di massaio, Pignata è un fratello di Robinson Crusoe, un empirista ostinato e bonario che sarebbe piaciuto a Defoe: c'è anzi da stupirsi che il suo caso sia sfuggito a quel poligrafo, che ne avrebbe tratto sicuramente uno dei suoi best-sellers. Pignata è infatti l'antenato del solido borghese che di lì a un secolo avrebbe dato inizio alla rivoluzione industriale: con in più un umorismo ra¬ rc\fnttn im'i loi refatto, una larga umanità e un gusto per Vunderstatement che ce Jo rendono simpaticamente contemporaneo. Chi invece fece tesoro dell'esperienza pignattesca fu Giacomo Casanova che, rinchiuso nei Piombi, si trovò ad affrontare analoghi porblemi ingegnereschi e sperimentò la bontà di certe soluzioni, come quella di impiegare l'aceto per ammorbidire i materiali da scavare. Malgrado la diversità dei temperamenti, maestro e allievo sono d'accordo su un punto: il valore energetico della preghiera. Quando si trovano in difficoltà, invocano l'Altissimo con una tale intensità da propiziare i miracoli che li salvano puntualmente. Commenterà Casanova: «Gli spiriti forti, i quali sostengono che la preghiera non serve a nulla, non sanno quello che dicono.. Coloro che hanno una religione, dispongono di risorse ignote agli incred ulti». Enzo Sellerio, uno dei pochi editori italiani che sappia ancora fare dei libri degni di alloggiare sul comodino, ci propone le memorie del Pignata in un'amabile traduzione d'epoca, quella fine ottocento di Olindo Guerrini, e la accompagna con un saggio coevo di Alessandro D'Ancona, di non minore pregio antiquario. Ernesto Ferrerò Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma, Sellerio, 186 pagine, 4000 lire. i Da «Campo S. Maria Formosa» del Canaletto
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