Oggi il cinese sogna così di Renata Pisu

Oggi il cinese sogna così DIETRO IL «PROCESSO-SVOLTA» ALLA BANDA DEI QUATTRO Oggi il cinese sogna così Un racconto di fantascienza sembra simbolizzare i desideri deH'inteìligentsia urbana: descrìve una Pechino del 1994 che sta fra Tokyo e Los Angeles, con grattacieli, tutto automatizzato, il governo in mano a saggi amministratori - Un conflitto in fabbrica tra «esperto» e «rosso» - Il futuro e il problema demografico C'è nel processo di Pechino contro i quattro, un chiaro tentativo di demonizzare gli imputati facendo appello ai rigori della legge, non più come all'epoca in cui i «quattro» spadroneggiavano, al giudizio sommario delle •masse», entità astratta ma suscettibile di diventare poderoso strumento di repressione e di legittimazione dell'arbitrio. Tuttavia, le masse, questa entità indefinita e indefinibile in termini a noi familiari (sono la base? il proletariato? l'opinione pubblica? la maggioranza silenziosa?) ancora oggi vengono chiamate in causa dal «Quotidiano del popolo»: il processo contro i quattro della banda e contro i sei alti militari accusati di aver complottato contro la vita di Mao deve servire a «educarle». Un processo quindi esemplare, come esemplare dovrà essere il verdetto. Clemenza e estremo rigore possono, in teoria e in pratica, produrre lo stesso risultato, quello che conta è che tutti sappiano che c'è stata una svolta definitiva e che non accadranno mai più episodi come la messa in stato d'accusa della figlia minore di Liu Shao-chi, il nemico numero 1 all'epoca della rivoluzione culturale. La bambina nel 1967 aveva sei anni: non le torsero un capello ma per ore dovette starsene su un palco a testa bassa mentre migliaia di persone vomitavano ingiurie contro i suoi genitori. E'questo il clima di eccessi, simbolizzato in questo abominevole episodio, che i cinesi oggi condannano e vogliono dimenticare: prima però deve svolgersi il processo contro i «quattro» per stabilire un punto fermo che dia una data precisa alla «svolta» che è intesa come cambiamento di linea politica generale ma anche come inizio di una diversa impostazione dei rapporti sociali e civili. I cinesi desiderano, in definitiva, una diversa qualità di vita. Che mondo si immaginano? Un racconto di fantascienza pubblicato poco tempo fa sul quotidiano «Chiarezza» et illumina sui sogni della intelligentsia urbana cinese, sulla sua fiduciosa disposizione a immaginare un futuro migliore. Il protagonista del racconto intitolato «1 tre tribunali» si costruisce una macchina per viaggiare nel tempo e parte a esplorare il passato: assiste al processo di Galileo (il Tribunale della fede) e poi si trova davanti al Tribunale della ragione che vede riuniti in veste di giudicanti Voltaire, Rousseau, Diderot e Montesquieu. Si noti che poco prima che venisse pubblicato questo racconto a Pechino era stato messo in scena il «Galileo» di Brecht che aveva avuto un enorme successo in quanto molti avevano voluto interpretarlo come una denuncia dell'intolleranza della «fede maoista». Ma dopo queste escursioni nel passato il protagonista del racconto dirige la sua macchina del tempo verso il futuro e si trova nella Cina dell'anno 1994. Qui si legge una descrizione della Pechino sognata dai cinesi del 1980: una città che sta fra Tokyo e Los Angeles, dove tutto o quasi tutto è automatizzato, dove si ergono grattacieli, dove il governo è in mano a dei saggi amministratori e dove è sparito ogni conflitto. La sola organizzazione politica che appare attiva in questa città ideale del futuro è la Federazione della gioventù comunista che vediamo impegnata a indire gare sportive. Il terzo tribunale, quello che in questi giorni è riunito per giudicare il più recente passato, in questo racconto fantascientifico non viene nominato ma è chiaro dal contesto che è stato il suo verdetto a permettere che si realizzassero in pieno le «quattro modernizzazioni» che hanno fatto in modo che la Cina sia diventata questo Paese di cuccagna dove regnano la calma, la ragione, la giustizia, l'abbondanza. Un altro racconto pubblicato recentemente dal «Quotidiano dei lavoratori» scritto da un ingegnere di Tianjin e intitolato «Il direttore Qlao entra in servizio» ci illumina invece su problemi di scottante attualità, su questioni che interessano da vicino tecnici e operai. Il protagonista è un tecnico, un ingegnere, che decide di abbandonare l'alto incarico ministeriale che gli è stato affidato per assumere la direzione di una piccola fabbrica produttrice di motori elettrici allo scopo di capire per quale motivo quell'unità non sia riuscita a raggiungere gli obiettivi fissati due anni prima dal piano di sviluppo. Si rivolge direttamente agli operai e con il loro entusiastico sostegno riorganizza la produzione secondo criteri efficientistici. Ma ecco che entra in conflitto con il segretario del Comitato di partito della fabbrica il quale ha sempre diretto e continua a dirigere il lavoro riempiendosi la bocca di citazioni politiche e ideologiche senza possedere nessuna specifica conoscenza tecnica. Inutile dire che il direttore Qiao esce vincitore da questo confronto: è l'esperto che si contrappone al «rosso». E qui bisogna ricordare che essere «rosso e esperto» era stato la parola d'ordine dell'epoca precedente la rivoluzione culturale, poi soppiantata da un'altra parola d'ordine « la politica al primo posto» che privilegiava il «rosso» a tutto scapito dello «esperto». Ma su tutti questi temi che oggi in Cina vengono agitati e appassionano la gente, soprattutto la generazione di mezzo, quella che ha più sofferto e che si è vista stroncare ogni possibilità di avanzamento individuale dal grande turbine della rivoluzione culturale, gravita come una spada di Damocle il problema demografico. Quanti saremo nel 2000? si chiedono ansiosi i cinesi che oggi hanno raggiunto l'età della procreazione. Il 7 marzo del 1980 il «Quotidiano del popolo» ha tracciato le previsioni demografiche per l'anno 2000. Se a partire dal 1980 viene mantenuto il tasso di natalità del 1975 (tre figli per coppia), nel 2000 la Cina avrà un miliardo e 414 milioni di abitanti, nel 2050 ne avrà 2 miliardi e 923 milioni, e nel 2100 ben 4 miliardi e 260 milioni. Il «Quotidiano del popolo» fa un'altra ipotesi, quella che venga mantenuto il tasso di natalità del 1978 e cioè 2,3 figli per coppia. In questo caso si avrebbero 1 miliardo e 282 milioni di persone nel 2000 e 2 miliardi 539 milioni nel 2080. La terza ipotesi avanzata è quella di due figli per coppia. In questo caso la popolazione cinese crescerebbe ancora per 72 anni arrivando nel 2000 a 1 miliardo e 217 milioni, nel 2052 a 1 miliardo e 539 milioni, punta massima che nel 2080 «ricadrebbe» a 1 miliardo e 472 milioni. Ma se, ultima speranzosa ipotesi, la Cina diventasse il Paese del «figlio unico», cosa succederebbe? L'obiettivo non potrebbe essere raggiunto che a partire dal 1985 e, in questo caso, la popolazione salirebbe nel 2000 a 1 miliardo e 53 milioni ma nel 2050 cadrebbe a 771 milioni, nel 2080 a 370 milioni. Sono cifre da capogiro, in un senso e nell'altro, sulle quali i cinesi riflettono e che spiegano le misure draconiane decise dal governo per la limitazione delle nascite. E' evidente che sono misure che determinano la condotta privata della gente, che la condizionano, o dovrebbero condizionarla, almeno cosi sperano gli attuali dirigenti cinesi. Hanno queste cifre sull'incremento demografico un rapporto con il processo contro la «banda dei quattro»? Sì. se si ricorda che ancora nel 1974 si sosteneva in Cina che «più siamo meglio è»: un'asserzione che mirava probabilmente a guadagnarsi un facile consenso dì massa su basi nazionalistiche anche indulgendo al desiderio cinese (e umano) ài riprodursi ma che, come si sostiene oggi, ha gravemente danneggiato, almeno per il prossimo ventennio, il decollo economico e il progresso del Paese. Renata Pisu Bambini a Pechino. Con il tasso di natalità di 2-3 figli per coppia, nel 2000 la popolazione sarà di un miliardo e 282 milioni

Persone citate: Brecht, Diderot, Mao, Qiao, Rousseau