Questa strada vale una mostra di Guido Guerrasio
Questa strada vale una mostra RICOSTRUITO A PARIGI PEZZO PER PEZZO II, «BOULEVARD DU CRIME» Questa strada vale una mostra Le grandi mostre infuriano. Lunghe carovane di visitatori si spostano da un punto all'altro della Penisola per accostarsi, con aria di penitenti, alla fin qui trascurata Mecca dell'Arte. Rallegriamoci. Dopo avere ammirato i Medici, che han tenuto banco nell'intera Toscana quasi fossero ancora al potere, i nuovi nomadi della cultura rivisitano il Settecento napoletano, le ville palladiane, il Giorgione, il Correggio, mentre altri si preparano addirittura a varcare l'Atlantico per gustare un .tutto Picasso» che promette davvero di essere la summa irripetibile del mostro di Malaga. Che questi febbrili ritardatari capiscano molto, poco, o niente del tutto, secondo gli esperti non ha poi troppa importanza. Quel che conta è che adesso la gente si mette in fila come allo stadio ma per godere di uno spettacolo riposante, di classe, tutto il contrario insonuna del calcio di oggi. E qualcosa alla fine dovrà pur restare impresso, negli occhi e nell'animo del visitatore anche più refrattario, che si è sobbarcato il viaggio, l'ingresso e il catalogo in patinata solo per non esser da meno degli amici che hanno «gi?\ visto». Ci sono mille modi per far cultura, e forse di più per recepirla. Ma i francesi appaiono ancora maestri nell'arte di offrire al grande pubblico un tipo di documentazione da noi quasi ignorata: la messa in scena, è il caso di dirlo, di quegli «spaccati» di vita culturale e artistica che contrassegnano un'epoca anche senza l'ausilio dei capolavori. L'ultimo esempio, qui a Parigi, lo ha fornito il .Louvre des An- tiquaires» deve tm centro d'azione culturale, il Carré Silvia Monfort, ha allestito una singolare esposizione dedicata ai teatri del Boulevard du Crime. Cos'era questo «boulevard del delitto»? Non soltanto quella porzione del Boulevard du Tempie che, continuando la parte rimasta in piedi dopo il terremoto urbanistico di Haussmann. si allacciava al Boulevard Saint Martin al posto della attuale Place de la République: ma anche e soprattutto uno degli angoli più caratteristici di Parigi, e dove in pratica è stata scritta, fra il 1752 e il 1862, l'intera storia del suo teatro popolare. Melodrammi Il nome gli derivò appunto da tutti quei melodrammi che vi si rappresentavano, ma che in realtà erano solo una parte del vastissimo repertorio sfornato da una serie di sale disposte lungo il boulevard, sempre cosi fre¬ quentato da indurre Beniamino Franklin a battezzarlo anche «boulevard delle Nazioni». C'era in effetti di che sbizzarrirsi. Al Teatro Nicolet, sorto nel 1759 e subito invaso da attori, giocolieri, acrobati e burattinai in cerca di gloria e di pubblico, si erano via via affiancati il Théàtre de la Gaité, il Circo Olimpico con le sue celebri pantomime militari in gloria di Napoleone, il Teatro Storico di Alexandre Dumas, l'Ambigu Comique specializzata in potpourri di vari generi, il' Teatro degli Acrobati di Madame Saqui, quello degli Svaghi Comici, il Gabinetto delle Cere del dottor Curtius, precursore del Museo Grévin, e il famoso Teatro dei Funamboli in cui trionfò a lungo Deburau. A queste sale, che erano le più importanti, altre se ne aggiunsero col tempo sino a formare con gli innumerevoli piccoli caffè e con i più vistosi caffè-concerto una unica e interminabile facciata multi¬ colore, piena di idee e di allegria. Poi, nel 1862. tutto venne sepolto sotto il piccone «risanatore» del barone Haussmann, timoroso di quel che sarebbe potuto accadere, in caso di sommosse, in quelVendroit dall'imbottigliamento facile. Chissà, forse qualche mago gli aveva predetto con un secolo di anticipo il maggio '68. TI fatto è che con la scusa dell'urbanistica la politica, non nuova a questi colpi di intelligenza, sacrificò quel giorno sull'altare della tranquillità un intero patrimonio culturale. Del resto, avran pensato, quale miglior fine per il «boulevard del delitto» di un autentico crimine? Ebbene, la mostra parigina ha ricostituito pezzo su pezzo, in un plastico di grandi proporzioni, lo straordinario allineamento delle facciate dei teatri. E il boulevard, la cui storia viene raccontata ai profani da un audiovisivo, è tornato a risplendere delle sue antiche luci. Piatti decorati, statue, souvenirs di artisti celebri, ritratti e costumi (c'è anche quello di pierrot che indossava il mimo Deburau) completano, insieme con le stampe e gli oggetti dell'epoca, il suggestivo quadro del famoso quartiere, questa piccola Atlantide dello spettacolo sommersa dalla stupidità dell'uomo. Una farsa Più in là, come per magia, si offre al visitatore la possibilità di assistere a una farsa mimata in carne e ossa — ricostruita sull'originale dall'Atelier-Mime Gerard le Breton — quale si rappresentava gratuitamente davanti alla porta dei teatri per attirare i clienti; e che nel gergo dei saltimbanchi andava sotto il nome di parade. D'accordo, c'è pur sempre qualcosa di «fieristico» e di «swissminiatur» in questo tipo di rievocazioni. Ma mentre, che ne so, una Gioconda parla da sola e non occorre costruirci intorno lo studio di Leonardo per saperne di più, la fusione documento-ambiente appare invece indispensabile là dove si voglia testimoniare una cultura popolaresca, spazi e atmosfere perdute. Ed è anche il modo pili diretto ed efficace per attirare il grande pubblico, già sulla via del disgelo, nell'orbita del piacere artistico. Pensiamoci. L'Italia è una miniera ancora tutta da sfruttare per questo genere di operazioni, anche se da noi i «boulevard del delitto» continuano a sopravvivere e traggono la loro fama da pantomime non propriamente artistiche. Guido Guerrasio
Persone citate: Alexandre Dumas, Beniamino Franklin, Crime, Curtius, Giorgione, Haussmann, Picasso
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