Alfa Romeo: i quadri intermedi alla ricerca della «magna charta» di Clemente Granata

Alfa Romeo: i quadri intermedi alla ricerca della «magna charta» A Arese un nuovo dialogo con i vertici aziendali? Alfa Romeo: i quadri intermedi alla ricerca della «magna charta» L'Acar vuole una differente collocazione nei rapporti in fabbrica - Esistono differenze con le battaglie dei loro colleghi in Fiat - I rapporti con l'Flm DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Ricordano con orgoglio i tempi in cui, un po' •carbonari», si riunivano di sera in un bar della periferia 0 nell'alloggio di qualche amico e discutendo sino a notte inoltrata, ponevano le basi dello «statuto» dei loro diritti, una sorta di «magna charta» per migliorare la condizione di «capo» in fabbrica. Tempi lontani. Si era a cavallo tra il '68 e il '69, l'autunno caldo batteva alle porte. Porse molti non se ne rendevano ancora conto, ma 1 «quadri» del' l'Alfa Romeo già si prefiguravano le conseguenze di quella vigorosa ventata che di 11 a poco, nel bene e nel male, avrebbe dato una scossa alle antiche strutture della fabbrica: certezze messe in dubbio, consolidate gerarchie sottoposte al fuoco di una critica serrata. Compresero i capi dell'Alfa, 1 quali nel 1972 sarebbero confluiti in una delle prime associazioni professionali della categoria, l'Acar, che bisognava studiare una nuova collocazione della «fascia intermedia» in azienda, creare un diverso paradigma delle sue funzioni: non più il gerarchetto con la greca sul cappello, provvisto di bastone e di carota da utilizzare a seconda delle opportunità, non più l'ispido custode della regolarità del ritmi di lavoro nella organizzazione tayloristica della produzione, ma l'uomo dotato di maggior professionalità, il tecnico altamente specializzato che guida e coordina il gruppo di lavoro e sa anche esprimerne le esigenze presso i vertici aziendali. Un capo di tal fatta avrebbe potuto continuare a svolgere una funzione insostituibile. Non la scomparsa, quindi, predicata da alcuni gruppi anarcoidi, ma una diversa e miglior definizione dei suoi compiti. L'Acar dunque, i cui rappresentati (ingegneri Carlo Angilella e Carlo Luisi) incontriamo negli stabilimenti di Arese, può vantare una buona tradizione in fatto di discussione intorno ai principi ispiratori della «carta costituzionale» dei quadri aziendali (ma non dobbiamo dimenti¬ care l'apporto costruttivo e fondamentale di altri gruppi come quello della Olivetti). Discussione feconda, i cui risultati troviamo ora trasferiti nel «progetto quadri» dell'associazione, là dove si legge che «il capo elabora gli obiettivi dell'azienda, li tramuta in disposizioni e quindi in atti operativi nel rispetto delle norme che regolano i contratti di lavoro* e che 'il capo raccoglie e interpreta le esigenze della base per contemplarle con quelle dell'azienda», laddove la funzione gerarchica trascolora e assume rilevanza quella del «coordinatore» del gruppo di lavoro. Ma il «progetto» per ora rimane confinato nel campo delle belle intenzioni. Angilella e Luisi hanno amare parole nei confronti della sordità dei vertici aziendali, che, a differenza di quanto è accaduto alla Fiat nell'ultimo anno e mezzo, sembrano dimostrarsi insensibili alle istanze dei quadri intermedi. «Tvot —precisa Angilella — ci riteniamo membri dell'impresa non controparte, eppure l'azienda ci sbatte la porta in faccia e appena può ci caccia le dita negli occhi. Nel migliore dei casi Massacesi ci fa sapere che "se l'azienda trattasse con noi salterebbe per aria il consiglio di fabbrica"*. Sarà a causa di un simile atteggiamento di chiusura del dirigenti dell'azienda pubblica, sarà che, sotto alcuni profili, il ruolo del capo elaborato dagli aderenti all'Acar richiama alla mente quello auspicato dai sindacati confederali (anch'essi per esempio insistono sulla figura del «coordinatore»), il fatto è che in questo periodo i «quadri» dell'Alfa Romeo guardano con una certa attenzione alla Firn come possibile interlocutrice e Interprete delle loro esigenze. E' un atteggiamento diverso da quello che riscontriamo a Torino e a Genova. Il «coordinamento quadri Fiat» vuole dialogare con l'azienda e mette sul tappeto, a riprova della validità della sua strategia, i buoni risultati raggiunti. Il Sinquadri all'Italslder parte lancia in resta contro azienda e «confederali», ma i suoi rappresentanti sono giudicati un po' alla stregua di tanti don Chisciotte o un po' 'personaggi alla Pannello, che strepitano senza costrutto*. L'Acar di Arese, costretto anche dalla necessità, prova a battere un'altra strada. C'è chi sostiene che ormai stia «flirtando» con l'Flm. Angilella e Luisi a sentir ciò si arrabbiano. La si- tuazione in effetti è molto più complessa. L'Flm, secondo l'Acar, è stata sempre prodiga di belle parole, ma quando si è trattato di metter nero su' bianco, ha mostrato improv-' vise ritrosie, quando addirittura non è apparsa risolutamente contraria per le prese di posizione della componente Fim-Cisl. «La Fim-Cisl — dice Luisi — ha due iscritti tra i capi e crede di poter parlare a norrte di tutti i seicento quadri dell'Alfa.. C'è da dire poi che, se appena l'azienda le offrisse un appiglio, l'Acar preferirebbe trattare con il vertice dell'Alfa come fa il «coordinamento Fiat». Ma, soprattutto, i rapporti tra le due organizzazioni diventano problematici quando si affronta l'argomento della configurazione giuridica del «quadro». Finché si tratta di stabilire quali sono di fatto le sue funzioni, Acar e Firn possono anche avere dei punti in comune, ma quando è necessario trarne le conseguenze sul piano del diritto i due punti di vista divergono. I capi dell'Alfa vogliono uno «status» diverso da quello degli impiegati, o addirittura essere considerati dirigenti, il che non piace né all'Flm né al Cida. il sindacato dirigenti. Le distanze dunque esistono. Eppure, proprio in questi giorni, Acar e Firn tentano di ridurle. Si scrivono, si scambiano messaggi. E il segretario regionale della Fiom-Cgil, Airoldi ci dice: 'Personalmente ritengo che una parte delle critiche, che i quadri dell'Alfa ci rivolgono, siano fondate. Il sindacato non ha mai tenuto nel giusto conto la condizione specifica di queste persone, che non è delle più semplici*. E' presto per parlare di svolta nei rapporti tra due categorie, che si sono sempre guardate con scarsa simpatia e talora con astio. Ma qualcosa di nuovo senza dubbio c'è. Che ciò sia anche la conseguenza della «marcia silenziosa» di Torino tutti a mezza voce lo ammettono. Ma nessuno lo dichiara ufficialmente. Clemente Granata

Persone citate: Airoldi, Angilella, Carlo Angilella, Carlo Luisi, Luisi, Massacesi

Luoghi citati: Arese, Genova, Milano, Torino