L'opera di Verdi tutta in grigio, diretta da Maag, ha aperto la stagione del Regio di Massimo Mila

L'opera di Verdi tutta in grigio, diretta da Maag, ha aperto la stagione del Regio L'opera di Verdi tutta in grigio, diretta da Maag, ha aperto la stagione del Regio Nel Trovatore senza fiamme primeggiano le donne La Ricciarelli è una Leonora tenera e disperata - Lunga ovazione alla Azucena-Cossotto - Un grande Milnes TORINO — Col più folgorante e il più sconcertante del capolavori verdiani si è inaugurata felicemente la stagione Urica del Regio, preceduta da una breve allocuzione del Sindaco, col Consiglio d'amministrazione del teatro e gli artisti schierati in scena, per invitare 11 pubblico a un minuto di raccoglimento dedicato alle regioni devastate dal terremoto. Poi il sipario si è aperto sopra le scene di questo nuovo allestimento che è dovuto ad Eugenio Guglielminetti ed è stato allestito con amorosa cura sotto la direzione di Aulo Bresaola. Più esattamente il sipario si è aperto sopra un secondo sipario, una specie di steccato d'aspetto metallico che si presenta all'inizio di ogni atto, per scomporsi subito e tirarsi da parte, lasciando vedere le vere scene. Questo steccato d'aspetto metallico è la sola parte poco convincente di queste nuove scene, di cui girava la voce che fossero tanto funebri, in bianco e nero come le maglie della Juventus e il duomo di Siena. No, sono in un grigio capace di assumere riflessi significativi con l'impiego delle luci: Utilizzano leggerissimi materiali moderni capaci di dare l'illusione realistica di rocce rugose, di bassorilievi, di solide e vecchie travi. Sopra e dietro questi elementi le scene dipinte recano sufficiente individuazione dei luoghi dell'azione, ammirandosi in particolare una larga veduta di montagne per la scena dell'accampamento di zingari, un'armoniosa chiesa per la scena del chiostro, un tetro carcere per l'ultimo atto. La distinzione tra esterni e interni, cui poco badano molti scenografi e registi, c'è; gli spazi scenici ambientano l'azione in modo credibile. Certo, è tutto un po' uniforme, l'occhio non ha molto da divertirsi, ma d'altra parte /{ Trovatore è un'opera per niente allegra. E' solo un po' scarsa, in queste scene, la connotazione emblematica delle fiamme, che manca, salvo errore, del tutto nel campo degli zingari, ed è ridotta a un'allusiva fumatola in un angolo della scena durante la cabaletta della pira. La distribuzione delle quattro parti vocali che costituiscono la classica ossatura dell'opera è tale da soddisfare le esigenze dei tifosi del melodramma tradizionale. Poiché l'elenco dei personaggi reca al primo posto, per ragioni di rango, 11 Conte di Luna, cominciamo pure da lui, che si comincia bene. Il baritono Sherril Milnes è parso senz'altro all'altezza della fama internazionale che da alcuni anni circonda 11 suo nome. Bella voce chiara e pastosa, e soprattutto, cantando parla, recita, sebbene le sue qualità di attore non vadano oltre la naturale distinzione del portamento. Come Milnes è riuscito a ripulire l'antipatico Conte di Luna da ogni esagerazione grottesca di truculenza, cosi Katia Ricciarelli ha riscattato Leonora dal limbo di indecisione drammatica in cui spesso è relegata, ed estraendone tutte le possibilità di tenerezza e di disperazione riesce quasi a farci convinti della rivendicazione che un giorno Oavazzeni aveva scritto di questo personaggio, generalmente messo in ombra dalla strapotenza di Azucena. Strapotenza che questa volta si compendiava nella maiuscola prestazione di Fiorenza Cossotto, sempre all'apice della forma vocale, e dotata d'un temperamento congeniale all'arte di Verdi, ch'essa interpreta con una spontaneità di adesione popolana tale da renderne inconsapevolmente evidenti le radici nazionali. Tutti quattro i protagonisti hanno ricevuto larga messe di applausi, e specialmente le due donne, ma la lunga ovazione che ha salutato la Cossotto dopo la Cannone e il Racconto del second'atto ha dato luogo a una scena quasi commovente, con Fiorenza in ginocchio che non finiva più di ringraziare e tergersi il volto, e il compassato pubblico torinese finalmente imbufalito a gridare: brava! brava! Ultimo dei quattro in locandina viene ii protagonista, che in fondo è tale solo di nome, e se ha una splendida parte vocale, non ha invece gran rilievo drammatico. Il tegempesomtovanesal'aCbephMnerebuneuncotecadepotuè lotecaRchalkelononipruninpr tenore Giacomini ha intelligenza e sensibilità che gli permetterebbero d'interpretare personaggi di ben altro spessore psicologico, invece di cimentarsi con l'atletismo stentoreo dei Radames e dei Trovatori. Ma tant'è, Io fa con generosità ed impegno, come un saltatore di stile, che sflora l'asta ad ogni salto, qualche volta la fa cadere, qualche volta ce la fa. Nella celebre cabaletta non ha voluto correre rischi e l'ha cantata come sta nello spartito, senza quel «do» sovrumano (specialmente col diapason attuale), che ci fu introdotto da un tenore, forse Boucardé, forse quel Tamberlick, che Rossini, quando veniva a far¬ gli visita, pregava di appendere il suo do di petto in anticamera e riprenderselo all'uscita. Verdi accettò l'innovazione, e infatti, pur essendo un gesto di spavalderia tenorile, ci sta bene. Senza il «do» acuto (o «si», se si abbassa prudentemente tutta l'aria di un semitono), Di quella pira passa via liscia, come una cosa di scarso contenuto musicale, quale realmente è. Il basso Ivo Vinco ha completato onestamente il registro delle voci nella parte di Ferrando. Lidia Gastaldi, Aronne Ceroni, Bruno Grella e Alessandro Galluzzi sono i personaggi minori. La direzione di Peter Maag e la regia di Carlo Maestrini hanno tenuto insieme lo spettacolo senza imprimere un marchio sensazionale. L'accordo tra palcoscenico e orchestra non era perfetto nel primo atto (che in realtà riuniva primo e secondo, facendosi l'opera con due soli intervalli). In compenso, Maag si è divertito a tirar fuori certi coloriti preziosi dei legni, cui generalmente poco si bada in questo spartito dominato dallo strapotere delle voci. La recitazione era affidata soprattutto al temperamento individuale dei cantanti, e le due donne sono decisamente più brave. Le masse si muovono in modo tradizionale, ma le truppe del Conte di Luna non meritano affatto di vincere la battaglia intorno a Castellor: non sanno nemmeno camminare al passo in fila per tre, e avrebbero bisogno di un buon sergente che glielo insegni. Massimo Mila !■'■■■ Protagonisti di lusso per «Trovatore»: Giacomini, Fiorenza Cossotto, Katia Ricciarelli e Sherril Milnes (F. A. Bosio)

Luoghi citati: Torino