Il giudice dei delitto Pecorelli sentito sulla lettera a Bisagila

Il giudice dei delitto Pecorelli sentito sulla lettera a Bisagila La speciale commissione cerca la verità nelle accuse di Pisano Il giudice dei delitto Pecorelli sentito sulla lettera a Bisagila La sorella del giornalista ucciso conferma di aver trovato il documento dopo la perquisizione effettuata dagli inquirenti - È possibile che sia sfuggito alla loro attenzione? DALLA REDAZIONE ROMANA ROMA — La commissione incaricata dell'indagine sul fondamento delle accuse rivolte al ministro Bisaglia dal senatore missino Pisano, si è riunita ieri in due riprese: al mattino è stata ascoltata Rosita Pecorelli, sorella del giornalista assassinato il 20 marzo dello scorso anno; nel pomeriggio è stato interrogato il sostituto procuratore Domenico Sica, il magistrato al quale sono affidate le indagini sull'omicidio del giornalista e sul dossier del Sid pubblicato tempo addietro sul settimanale di Pecorelli «Op». L'audizione di Rosita Pecorelli è durata poco più di due ore: dalle 11,30 alle 13,40. Numerose sono state le domande che 1 cinque «saggi» scelti da Panf ani le hanno rivolto. Rosita Pecorelli ha riconfermato punto per punto quanto aveva già detto al giudice Sica. Ha ripetuto dinanzi alla commissione la storia del ritrovamento della lettera del fratello a Bisaglia (che il ministro però dichiara di non aver mai ricevuto) e della sua decisione di renderla pubblica per salvaguardare la memoria del congiunto ('Non voglio che si dica che Mino era un ricattatore'). Secondo Rosita Pecorelli, dunque, la lettera sfuggi ai controlli della polizia e fu da lei trovata insieme a tante altre carte meno significative qualche giorno dopo la perquisizione nella redazione di «Op», in via Tacito. La conservò per un motivo affettivo ('Perché era scritta di pugno da Mino'); decise di tirarla fuori quando il caso Sid-Pecorelli era scoppiato da pochi giorni. Pregò allora un conoscente di Sessano, nel Molise, dove vi è ancora la casa dei Pecorelli, di riportare la lettera a Roma: insieme con tanti altri ricordi di Mino, infatti, aveva spedito anche la missiva nella vecchia residenza molisana. Giunto a Roma il conoscente lasciò la lettera presso le suore Angeline, dalle parti dell'Aurella. Fu 11 che Rosita Pecorelli si recò successivamente con il senatore Pisano al quale aveva promesso che gli avrebbe fatto conoscere il contenuto della missiva. Pisanò la fotocopiò e poi la rese pubblica durante il dibattito al Senato. Puntuale giunse, nella stessa seduta, la smentita di Bisaglia: di qui la decisione di ricorrere al giurì d'o¬ nore per stabilire gli esatti termini della vicenda. Prima di interrogare la signora Pecorelli la commissione aveva ascoltato alcuni esperti calligrafi per procedere alla nomina del collegio peritale che dovrà pronunciarsi sulla autenticità della lettera. Il dubbio più rilevante, più che sulla grafia di Pecorelli, è in relazione all'intestazione della missiva che compare in alto a destra sul secondo fo- glio, anziché sul primo. Il nome e l'Indirizzo di Bisaglia furono vergati contemporaneamente alla stesura del testo o in epoca successiva? L'altro dubbio è legato alle circostanze relative al ritrovamento della lettera. Rosita Pecorelli dice di averla presa nella redazione di «Op». Poche ore dopo l'assassinio di Pecorelli la polizia perquisì a lungo sia lo studio di via Tacito, sia l'abitazione del giornalista ucciso, sia le abitazioni dei suoi più Intimi collaboratori. Possibile che nessuno si sia accorto di «quel» documento? Per saperne di più la commissione inaspettatamente ha convocato e ascoltato ieri pomeriggio il magistrato incaricato delle indagini. Nessuno sa che cosa abbia dichiarato Sica. Certo è però che dalle sue risposte dipende in buona parte l'autenticità del racconto fornito da Rosita Pecorelli.

Luoghi citati: Molise, Pisano, Roma