Il terrorismo usa la Francia di Paolo Patrono

Il terrorismo usa la Francia OSSERVATORIO Il terrorismo usa la Francia Due uccisi a Parigi, in un attentato filo-palestinese, martedì sera; altri due uccisi domenica a Hendaye, in un attentato di ultras spagnoli contro i fuoriusciti baschi. Il terrorismo politico ha mietuto quattro vittime negli ultimi giorni in Francia, e le autorità, pur cercando di evitare una psicosi pericolosa come quella seguita all'attentato alla sinagoga, sono francamente preoccupate da questa escalation di violenza a sfondo politico. I due morti di Parigi, marito e moglie, Edwin e Michèle Dowek, erano responsabili di una agenzia di viaggi denominati «dell'amicizia e della speranza» fra Egitto e Israele. L'uomo, un ebreo di origine egiziana, era un acceso sostenitore del riavvicinamento politico tra II Cairo e Gerusalemme e degli accordi di Camp David. Il killer ha lasciato dietro di sé un indizio ritenuto importante dalla polizia: un'arma simile a quella usata nel fallito attentato della scorsa estate contro l'ex premier iraniano BaIchtiar e nell'uccisione dell'ex primo ministro siriano Bitar, sempre a Parigi. L'inchiesta della polizia si è indirizzata subito verso gli ambienti estremisti palestinesi, ovviamente ostili agli accordi di Camp David, mentre il gruppo «Rinascita ebraica» ha immediatamente denunciato questo «nuovo crimine a carattere antisionista e antisemita». Di tutt'altra matrice, ma altrettanto chiaramente di marca politica, è stato l'attentato di Hendaye. Un «commando» ha sparato raffiche di mitra dentro un locale dove si radunavano gli autonomisti baschi. Al termine della sparatoria si sono contati due morti e una decina di feriti, mentre gli aggressori (godendo evidentemente di complicità) ripassavano tranquillamente il confine rientrando in Spagna. Mentre il primo attentato ripropone in modo drammatico il problema dei rapporti tra la Francia, i Paesi arabi del «fronte del rifiuto», l'Egitto e Israele, il secondo sottolinea il difficilissimo momento che attraversano le relazioni tra Parigi e Madrid, proprio a causa del terrorismo basco. Più volte, infati, il governo spagnolo ha accusato la Francia di eccessiva indulgenza nei confronti dei fuoriusciti baschi che, a suo dire, valicano il confine per compiere azioni sanguinose nella provincia di Bilbao o di San Sebastian. Ma Parigi ha sempre ribattuto di essere «terra d'asilo» e di non poter perseguire i rifugiati politici se mancano le prove della loro colpevolezza. La Francia deve ora affrontare una duplice forma di terrorismo interno ed esterno: il primo a sfondo estremista di sinistra o razziale, di cui forse l'attentato alla sinagoga è stato l'esempio più evidente; il secondo è il prodotto di «regolamenti di conti» sul territorio francese di emissari e terroristi di varia provenienza: spagnoli, sudamericani, arabi, israeliani o altri. Il ministro degli Interni, Bonnet, ha più volte espresso la ferma volontà del governo di eliminare la piaga del terrorismo, da qualunque parte provenga. Ma la realtà è un'altra: dall'inizio dell'anno dodici morti e decine di feriti rappresentano un drammatico bilancio. La Francia non è più «un'isola pacifica» tra Paesi colpiti dalla violenza politica. Paolo Patrono Il ministro Bonnet: impotenza di fronte a una dura realtà?

Persone citate: Bitar, Bonnet, Michèle Dowek