Hanno trovato 2 sorelle erano morte, abbracciate di Liliana Madeo

Hanno trovato 2 sorelle erano morte, abbracciate Hanno trovato 2 sorelle erano morte, abbracciate Fino a ieri i superstiti a Laviano erano solo 500 - La gente protesta: «Se i soccorsi fossero arrivati in tempo se ne sarebbero salvati molti di più» - Il lavoro dei volontari DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE LAVIANO—In questo paese abitavano 1500 persone. I superstiti di Laviano, nella provincia di Salerno, ieri sera, nei tre campi di raccolta, non arrivano a 500. «Per ognuno di noi vivo, almeno tre sono rimasti là sotto* dice un vecchio, girando tutt'intorno il braccio. Le macerie ostruiscono la strada d'accesso al centro abitato. Macerie sono le case, gli edifici pubblici, le auto contorte, i mobili e le suppellettili che cascano fuori dai muri spaccati. Di Laviano resta un cumulo di rottami, in cima a un colle. I colori degli interni esposti alla luce delle fotoelettriche, gli indumenti, le traversine di legno e di ferro che spuntano da sotto le rovine, aiutano a comporre l'immagine di una collettività che compiva i gesti quotidiani del vivere. Nessuno degli abitanti ha più un tetto. Il numero dei morti ha una dimensione che asciuga le lacrime, secca le parole in gola. Non ci sono centri ufficiali. Non c'è coordinamento di alcun tipo. Non si sa neppure quanti siano i superstiti che hanno trovato rifugio negli ospedali di Salerno, Eboli e Battipaglia. Un intero paese è stato cancellato. I parenti, gli amici, gli emigranti che rientrano con le facce cupe e stordite dalla stanchezza, corrono dov'era¬ no le case dei loro cari. Ma poche speranze si realizzano. Una terra che a intervalli continua a tremare, avverte della precarietà e del pericolo che su tutti incombe. Laviano, al crepuscolo. Si accendono le prime luci dei gruppi elettrogeni, puntati sulle rovine. In piazza, cinque salme allineate in terra. E' arrivato un furgoncino con le bare per l'ultimo trasporto della giornata. Le vecchie compongono i morti della loro famiglia. Affiancate, due sorelline, nella tuta da ginnastica. I volti nella penombra sembrano intatti. Le donne aggiustano manciate di stracci sul fondo, per formare una sorta di cuscino. Ai piedi delle due bambine sono stati messi in sacchetti di plastica i libri di scuola. Un bacio sulla fronte, con gli scialli neri che ricoprono il selciato e i coperchi sono calati sulle bare. Altre persone passano in silenzio. Alcune piangono i morti e il terribile silenzio che da ieri si è levato dalle macerie. •Se i soccorsi fossero arrivati in tempo, se ne sarebbero salvati a centinaia» dicono i ragazzi dei comuni montani, i volontari di Lagonegro, i vigili del fuoco dell'Aquila (partiti a mezzanotte di domenica, arrivati per primi nel pomeriggio di lunedi dopo aver viaggiato a passo d'uomo sui loro mezzi pesanti), i giovani di Vallo della Lucania giunti con vanghe e picconi nella serata di lunedi. Ieri, in pratica, sono cominciati 1 soccorsi. Quasi in concomitanza con la visita di Pertini. «Per fortuna molti non ne hanno saputo niente, di questa presema: avrebbero perso il controllo dei nervi, l'avrebbero preso per un inutile rituale, una provocazione per la mancanza di arrivi che dovevano giungere prima e che avrebbero salvato tante vite umane. E' questa indifferenza, interpretata come dispresso, che ci offende; dicono al campo, intorno ai fuochi dei falò e sotto i vapori delle cucine da campo, gli studenti di Laviano, rientrati precipitosamente a casa per scavare con le mani ore e ore, alla ricerca di corpi in vita. I toni sono polemici, ma il dolore prevale su tutto. I sopravvissuti hanno ascoltato impotenti i lamenti che provenivano da qua, da là, dalle macerie di case in cui abitavano amici e parenti. Fino a lunedi lavoravano 5, 6 persone valide. Ma senza mezzi meccanici. Lavoravano con le mani e il piccone. -Qui ci vogliono braccia, braccia capaci e strumenti tecnici', dice un sottufficiale della Guardia di Finanza. «I più preziosi sono i vigili del fuoco. Ma sono pochi. Stanno ancora arrivando. Ma dalla metà della giornata i lamenti sono quasi tutti finiti. Continueremo a scavare, ci aspettiamo cadaveri'. A sera scendono dalle parti più alte del paese i volontari e i militari che hanno scavato tutto il giorno. Non hanno tanta voglia di parlare. Sono sfiniti, amareggiati. Il compito è enorme, le possibilità assolutamente inadeguate. Alle loro spalle per tutte le ore di scavo, c'erano i parenti dei sepolti. Indicavano i luoghi dove scavare, gridavano nomi e invocazioni, per assicurarsi che la vita, nonostante tutto, sia pure flebilmente non fosse ancora spenta sotto le macerie. Un emigrato in Germania, rientrato ieri, ha diretto i lavori per il recupero delle salme della moglie e dei figli. Una donna ha visto tirar fuori il marito, 28 anni, morto e con la schiena spezzata: si era piegato su se stesso per difendere il piccolo figlio, che era ancora vivo. Due sorelle sono state trovate abbracciate, avevano implorato aiuto fino a ieri mattina, poi non avevano resistito. Un giovane, nella sera, corre, grida, manda indicazioni ai vigili del fuoco: sua madre parla ancora, è sotto i resti di quella che era la cucina. Altri due casi drammatici, quando ormai è sera tardi e le opere di soccorso sono ultimate in giro, per l'impossibilità materiale di andare oltre, tengono col fiato sospeso la collettività. Un medico da un telefono da campo parla con 11 suo ospedale, chiede consigli. C'è un bambino sotto le macerie, lo si può salvare, ma a patto che gli si amputi una gamba. E' il prezzo della sua vita. L'operazione si farà nella notte. Da un altro lato del paese un ragazzo di 18 anni, vivo, senza ferite, ma non si sa come estrarlo. Una traversina regge un cumulo di macerie che lo sovrasta, parla con i suoi soccorritori. 'Fate presto, ma non precipitatevi. Io sono calmo. Vi darò tutto l'aiuto possibile', dice. L'angoscia e l'ansietà attanagliano i ragazzi davanti a lui. Quando c'è stata una scossa di terremoto più violenta delle altre, alle 16, una cascata di calcinacci gli era piovuta addosso. 'Vedete, non mi è successo niente. Vedrete, ce la faremo», ha incoraggiato i suoi soccorritori. «i4 quel punto non ce l'ho fattapiù, mi sono allontanato e mi sono messo a vomitare», racconta un ragazzo, diciottenne anche lui. 'Faremo il possibile, ma non so se ce la faremo, si trova in un punto terribile. Se dovrà morire, sarà un peccato orribile», dice un vigile del fuoco. Al campo sportivo, alcuni contestano la decisione di farvi sostare i mezzi pesanti di soccorso: 'Siamo su gabbiotti, terra franosa, corriamo il rischio di precipitare tutti», dicono i giovani del paese. Ma non si trova una persona che abbia l'autorità per prendere una decisione diversa. Alle venti la terra trema ancora, si apre lo sportello e un giovane annuncia: «E'stata trovata una ragazza, è viva, è in infermeria». Liliana Madeo

Persone citate: Pertini